Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 28-09-2011, n. 35183

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Victori Overseas Ltd propone ricorso ex art. 325 c.p.p., contro l’ordinanza del tribunale di Milano in data 17.09.2010, che ha annullato il decreto di sequestro conservativo emesso il 28 giugno 2010 dal GUP di Milano.

La ricorrente propone due motivi di censura:

1. Con il primo motivo lamenta violazione delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilità e decadenza, in relazione al rigetto dell’eccezione di inammissibilità della richiesta di riesame depositata da Telecom Italia;

2. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B, per inosservanza e erronea applicazione della legge penale in relazione alla asserita mancata dimostrazione del quantum debeatur a titolo di risarcimento del danno, patrimoniale e non, domandato nel processo penale. Il 16 maggio la Telecom ha depositato memoria difensiva, in cui ha preso posizione sulle doglianze avversarie, ritenendole infondate. Il 20 maggio la parte civile ricorrente ha depositato memoria di replica.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e deve essere pertanto rigettato.

Con il primo motivo di ricorso si censura il fatto che il tribunale del riesame avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile la richiesta di esame presentata dalla Telecom Italia prima dell’esecuzione del sequestro conservativo concesso dal giudice per l’udienza preliminare. Sostiene la ricorrente che ai sensi dell’art. 324 del codice di rito, richiamato dall’art. 318, la richiesta di riesame possa essere presentata solo dopo la data di esecuzione del provvedimento con cui è disposto il sequestro ovvero dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro. Cita giurisprudenza di questa corte, sezioni unite, numero 27.777 del 2006 a sostegno della propria tesi difensiva.

Giova evidenziare che la pronuncia delle sezioni unite richiamata dal ricorrente era relativa al diverso caso in cui la notifica al soggetto impugnante era successiva all’esecuzione del sequestro e pertanto si discuteva se la richiesta di riesame, intempestiva con riferimento alla data di esecuzione, ma tempestiva se riferita alla successiva data di notifica del provvedimento, fosse ammissibile. Le sezioni unite hanno ritenuto che il dato sostanziale dell’esecuzione fosse prevalente su quello formale della notifica, ma non hanno affatto esaminato la problematica relativa alla possibilità di esperire ricorso prima dell’esecuzione del sequestro. Trattasi dunque di questione che deve essere esaminata in questa sede, senza che il precedente citato abbia alcuna rilevanza. Ritiene questa corte che la tesi del ricorrente non sia condivisibile per un duplice ordine di motivi: innanzitutto si rileva che il momento di decorrenza iniziale di un termine non serve tanto alla individuazione del primo momento utile per il compimento di un atto, quanto generalmente per il calcolo del termine finale entro il quale l’atto stesso può essere compiuto; in secondo luogo si deve rilevare che l’art. 318, comma 2 in materia di sequestro conservativo, afferma che la richiesta di esame non sospende l’esecuzione del provvedimento; ma il sequestro conservativo è atto ad esecuzione istantanea, nel senso che si compie mediante intervento dell’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile, senza che siano necessari o possibili successivi atti di esecuzione. Poichè l’art. 318, comma 2, dice che la richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento, ciò significa che la richiesta può intervenire prima dell’esecuzione, unico momento in cui quest’ultima può essere ipoteticamente sospesa; dopo l’esecuzione, invece, non vi è più spazio per alcun ipotetica sospensione, dato che il procedimento di sequestro è completo e si convertirà automaticamente in pignoramento con l’irrevocabilità della sentenza di condanna.

Un’eventuale sospensione dell’esecuzione, giunta dopo l’intervento dell’ufficiale giudiziario, non importa il venir meno del vincolo sui beni e dunque non spiega alcun effetto pratico. L’art. 318 ha dunque una sua logica solamente se si interpreta nel senso che il riesame può essere proposto anche prima dell’esecuzione del provvedimento, ma comunque non sospende la sua esecuzione. Inoltre, non sussiste una ragione per considerare inammissibile un ricorso proposto prima della scadenza del termine finale, anche se anteriore alla stessa decorrenza di detto termine; in particolar modo, come si è già detto in precedenza, la decorrenza dei termini di decadenza serve per l’individuazione del momento finale in cui la parte perde il diritto a compiere un atto mentre, in mancanza di esplicita indicazione o di una ragione logica (che nella specie non si ravvisa), il termine non può considerarsi dilatorio.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che il tribunale di Milano abbia escluso la sussistenza del periculum sia sotto il profilo dell’entità del danno, sia in relazione al possibile depauperamento del soggetto i cui beni vengono sottoposti a sequestro.

Sotto il primo profilo deve ritenersi condivisibile, almeno in parte, l’affermazione secondo cui la specifica determinazione della somma non costituisce elemento essenziale della richiesta e del provvedimento di sequestro; sul punto esiste un precedente specifico delle sezioni unite (n. 34.623 del 2002, nonchè la sentenza 5601 del 1994 della prima sezione penale, secondo cui la mancata determinazione dell’importo dei crediti a garanzia dei quali viene richiesto il sequestro conservativo non è di ostacolo all’adozione di tale misura, essendo sufficiente una sua indicazione approssimativa). Tali arresti, peraltro, non tengono conto del fatto che in determinati casi per la valutazione del pericolo correlato alla mancanza della garanzia patrimoniale è necessario conoscere almeno in via approssimativa l’entità del danno; tale esigenza è maggiore nella controversia in esame, dove i procedimenti penali contro i dipendenti della Telecom vedono la costituzione di numerosissime parti civili, ragion per cui la valutazione sulla capienza patrimoniale della società, certamente molto consistente, non può che essere condotta tenendo conto delle numerose richieste di risarcimento.

La mancata specificazione del danno lamentato (a cui equivale sostanzialmente una quantificazione priva di ogni motivazione o supporto probatorio) se non impedisce in ipotesi al giudice di emettere il sequestro, laddove ritenga che il pericolo derivi dalla possibile dispersione della garanzia patrimoniale, costituisce invece un elemento necessario ove, come nel caso di specie, il giudice debba effettuare una prognosi non sul rischio di sottrazione della garanzia, bensì sulla capienza di un grosso patrimonio sociale. E sotto tale profilo, indipendentemente dalla considerazione del tribunale sulla ritenuta necessità di allegare e specificare il risarcimento richiesto, deve rilevarsi che il tribunale, correttamente motivando, ha ritenuto che la quantificazione del danno fosse valutabile sotto il profilo del pericolo in mora, nel senso che solo con riferimento all’entità del risarcimento presumibile era possibile compiere un giudizio prognostico sulla idoneità del patrimonio societario della Telecom Italia S.p.A. a far fronte ai risarcimenti conseguenti all’attività delittuosa degli imputati. (V. Sez. 5, Sentenza n. 11291 del 16/02/2010 Cc. (dep. 24/03/2010 ) Rv.

246367: Ricorre il "periculum in mora", presupposto del sequestro conservativo, se il rischio di perdita delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo).

La corte milanese ha poi esposto in modo sufficientemente approfondito e logico i motivi per cui ha ritenuto che, indipendentemente dalla quantificazione del danno ipotizzato dalle parti civili, non sussistesse il rischio di insufficienza della garanzia patrimoniale per la Telecom, fondando le proprie considerazioni su dati oggettivi di bilancio e sulla condivisibile considerazione che la consistenza patrimoniale di una società non deve essere conteggiata solo sulle somme che la società ha deciso di accantonare in bilancio, ma va misurata anche considerando il complesso dello stato patrimoniale della società medesima.

Compito di questa corte non è ripetere un giudizio di merito sulla sussistenza degli elementi idonei alla concessione e al mantenimento del sequestro conservativo, ma solo verificare che il procedimento logico che ha portato il giudice di merito alle sue conclusioni sia correttamente espresso, coerente, logico e sufficientemente motivato.

Sotto questo profilo l’ordinanza del tribunale di Milano deve essere ritenuta immune da censure.

Anche considerando sussistente una violazione dell’interpretazione della legge, per aver considerato necessaria la quantificazione e la prova del danno ai fini della concessione del sequestro conservativo (Sul punto v. Cassazione penale, sez. un., 26 giugno 2002, n. 34623:

Ai fini della validità del provvedimento che dispone il sequestro conservativo non è richiesta la specificazione della somma il cui pagamento la misura cautelare è destinata a garantire, ben potendo la determinazione del suo ammontare, sia ai fini dell’eventuale prestazione di idonea cauzione, sia per evitare il perdurare ingiustificato del vincolo, essere effettuata successivamente dal giudice. Non è, pertanto, configurabile alcuna nullità per la mancata indicazione, nell’ordinanza dispositiva del sequestro conservativo, della somma a garanzia della quale la misura risulta disposta), l’accoglimento di questo motivo di ricorso non sarebbe comunque sufficiente per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, la quale, come evidenziato in precedenza, ha ritenuto comunque insussistente il pericolo anche con riferimento alla capienza del patrimonio sociale della Telecom, con motivazione corretta e soprattutto con determinazione non oggetto di censura nel ricorso per cassazione.

Quanto al rischio di depauperamento del patrimonio del debitore ed alla valutazione di capienza del patrimonio sociale della Telecom, la ricorrente svolge censure di merito che mirano ad introdurre un ulteriore ed inammissibile giudizio da parte di questa Corte, il cui compito è limitato, invece, al solo controllo di legittimità.

Per i motivi esposti il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *