Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-02-2012, n. 2154 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il giudice di pace di Napoli, con sentenza del 16 maggio 2007, respingeva l’opposizione proposta dal sig. G.E. avverso un verbale di accertamento elevato nei suoi confronti il (OMISSIS) dal Nucleo radiomobile del Comando Carabinieri della Campania.

Avverso tale sentenza (non notificata) interponeva appello dinanzi al Tribunale di Napoli il G. mediante ricorso depositato il 18 giugno 2008 e notificato il 17 ottobre successivo. Nella costituzione dell’appellata Pubblica Amministrazione, il suddetto Tribunale, con sentenza n. 8997 del 2009, dichiarava l’inammissibilità del gravame per mancata osservanza del termine previsto dall’art. 327 c.p.c., dovendosi aver riguardo, a tale effetto, al momento della notificazione del ricorso avvenuta oltre il termine annuale (con l’aggiunta del periodo di sospensione feriale) e non avendo rilevanza, a questo scopo, il pregresso momento dell’intervenuto deposito del ricorso nella cancelleria del giudice di appello.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il G.E., articolato in tre motivi, al quale hanno resistito con un unico controricorso gli intimati Ministero della Difesa e Ministero dell’Interno.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23 e falsa applicazione dell’art. 339 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3).

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato – sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione dell’art. 159 c.p.c., comma 3, nonchè la violazione dell’art. 111 Cost. in uno all’omessa valutazione della ricorrenza di errore scusabile.

4. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Napoli ha ritenuto che, a seguito della sopravvenuta abrogazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c. (per effetto dell’art. 26, lett. b), del D.Lgs. n. 40 del 2006), le sentenze di primo grado, emesse in materia di opposizione a provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative, non erano più direttamente ricorribili in cassazione bensì impugnabili nei modi ordinari e, quindi, mediante appello. Inoltre, nella stessa sentenza, si evidenzia che, in difetto della previsione di un’apposita disciplina processuale, la parte interessata avrebbe dovuto proporre l’appello con atto di citazione. Pertanto, siccome nel caso di specie, l’appello era stato formulato con ricorso, che era stato notificato oltre il termine (ratione temporis applicabile) previsto dall’art. 327 c.p.c. (con l’aggiunta del periodo di sospensione feriale), il gravame si doveva qualificare inammissibile.

Pronunciandosi in tal senso il Tribunale partenopeo si è posto in sintonia con l’indirizzo giurisprudenziale delineato dalle Sezioni unite di questa Corte (v. ordinanze nn. 23285 e 23594 del 2010), secondo cui, essendosi il citato D.Lgs. n. 40 del 2006 limitato ad assoggettare ad appello le suddette sentenze, senza null’altro disporre, ne consegue che nel giudizio di gravame vanno osservate, in quanto applicabili e nei limiti della compatibilità, le norme ordinarie che disciplinano lo svolgimento di quello di primo grado davanti al tribunale, come dispone l’art. 359 c.p.c., precisandosi che l’introduzione di una deroga a questo generale principio – mediante l’estensione al procedimento di appello di tutte o alcune delle speciali regole dettate per il primo (e allora unico) grado di merito delle cause di opposizione in materia di sanzioni amministrative – avrebbe potuto essere ravvisata soltanto in presenza di un’esplicita disposizione in tal senso (invece, nella specie, difettante, con la necessità della proposizione dell’appello nella forma della citazione da notificarsi nel termine prescritto dagli artt. 325 e 327 c.p.c., a seconda, rispettivamente, dell’intervenuta o meno preventiva notificazione della sentenza di primo grado). Sulla scorta di tale presupposto, perciò, questa Corte ha ulteriormente statuito (v., da ultimo, Cass. n. 5826 del 2011, ord.) che il procedimento di secondo grado relativo all’impugnazione di una sentenza riguardante un’opposizione ad ordinanza ingiunzione si deve svolgere, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 secondo le regole generali del processo ordinario, sicchè il procedimento stesso deve essere introdotto mediante atto di citazione tempestivamente notificato alla parte appellata e non con ricorso, puntualizzandosi che ove, tuttavia, la parte abbia proposto l’impugnazione nella forma irrituale del ricorso, essa, per ottenere l’effetto dell’utile radicamento del contraddittorio (risultando irrilevante allo scopo il momento del suo mero deposito), è tenuta a notificare alla controparte, nel termine utile per la proposizione dell’appello, l’improprio atto introduttivo e il decreto di fissazione d’udienza, del quale ultimo provvedimento è suo esclusivo onere acquisire conoscenza, informandosi presso la Cancelleria, la quale non è tenuta ad alcuna comunicazione relativa, alla stregua di quanto invece è previsto dalla disciplina di altri riti.

Essendosi conformata la sentenza in questa impugnata ai richiamati principi enunciati da questa Corte (dai quali non sussistono motivi per discostarsi), il ricorso deve essere respinto, non potendo trovare, peraltro, alcun seguito il terzo motivo relativo all’assunta violazione dell’art. 159 c.p.c., comma 3, e dell’art. 111 Cost., ricondotto alla possibile sussistenza delle condizioni per far luogo all’invocata rimessione in termini (per la quale, oltretutto, il ricorrente avrebbe dovuto porre riferimento all’art. 184 bis c.p.c. "ratione temporis" applicabile), perchè la questione si profila nuova, non essendo stata prospettata – come sarebbe stato necessario – nel giudizio di appello e non avendo, quindi, costituito oggetto della pronuncia in questa sede impugnata (non ravvisandosi, in ogni caso, l’emergenza dei presupposti di cui alla richiamata ordinanza n. 14627 del 2010 di questa Sezione, non versandosi in una ipotesi di sopravvenuto ed imprevedibile mutamento di orientamento interpretativo della giurisprudenza tale da comportare la configurazione di un errore scusabile, per come, oltretutto, confermato anche dalla successiva sentenza delle Sezioni unite n. 15144 del 2011).

5. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso del G. deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi (come ritenuto anche dal giudice di appello), in virtù della particolarità e novità della questione processuale indotta dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 e del recente assestamento della giurisprudenza di questa Corte sulla stessa (sopravvenuto successivamente alla proposizione del ricorso esaminato), per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *