Cons. Stato Sez. III, Sent., 21-10-2011, n. 5675 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato

che A. C., rivolgendosi all’USL Roma/E, ha chiesto di accedere all’elenco dei nominativi ed al luogo di residenza dei pazienti ricoverati nel periodo dal 1.7.2009 al 30.9.2009 presso il reparto di ginecologia ed ostetricia dell’Aurelia Hospital;

che, respinta la relativa istanza, ha proposto ricorso al Tar Lazio, impugnando l’atto di diniego del 24.2.2011 e chiedendo accertarsi il proprio diritto all’accesso a tali elenchi, qualificando il proprio interesse in ragione della necessità di difendersi, anche mediante prove testimoniali, nel giudizio civile avviato nei suoi confronti, per risarcimento danno per diffamazione, dall’Aurelia Hospital, all’indomani di un’inchiesta giornalistica pubblicata sul quotidiano "La Repubblica" sul quale l’odierno appellato scrive;

che, all’esito del giudizio, il Tar accogliendo il ricorso ha ordinato all’USL di comunicare al C. generalità ed indirizzo delle sole pazienti che, previamente informate (anche dell’uso che il C. intenderebbe fare delle loro eventuali testimonianze), abbiano dichiarato la loro disponibilità ad essere da lui contattate;

che avverso tale sentenza ha proposto appello l’Azienda sanitaria deducendo la violazione del regolamento interno in materia di accesso, nonché la circostanza che i documenti richiesti non sarebbero in suo possesso ma dell’Aurelia Hospital, che sarebbe la sola legittimata passiva a norma dell’art. 23 l. 241/1990;

che si è costituito in appello l’originario ricorrente, replicando con articolata memoria;

Considerato, in linea generale, che l’art. 22, co. 1, lett. d) della l. 241/1990 offre, ai fini dell’accesso, una nozione ampia di documento amministrativo, non occorrendo che l’atto sia relativo ad uno specifico procedimento né che sia stato formato dall’amministrazione a cui è stata inoltrata la richiesta e che, inoltre, sebbene oggetto dell’accesso debbano essere documenti e non generiche informazioni sull’attività della p.a., non occorre indicare in modo puntuale i documenti ai quali si vuole accedere, spettando all’amministrazione detentrice (del documento) la relativa individuazione, purché ricorrano tutti gli altri presupposti di legge (v. Cons. St., V, n. 3190/2011);

che, nella concreta fattispecie in esame, nella quale l’USL Roma E esercita per legge un potere continuo di vigilanza e di controllo sulla struttura privata accreditata Aurelia Hospital, non è seriamente controvertibile la circostanza che la prima debba ricevere dalla seconda tutte le informazioni necessarie ai fini della verifica del rispetto degli accordi contrattuali di cui all’art. 8 – quinques d.lgs. 502/1992 e della remunerazione delle (sole) prestazioni (effettivamente) erogate, a cominciare dall’elenco nominativo dei pazienti (eventualmente corredato anche di altri dati personali, come ad esempio il luogo di residenza);

che tale flusso continuo di informazioni deve, di necessità, essere racchiuso in documenti amministrativi in senso proprio detenuti dall’USL, oltre che dall’Aurelia Hospital;

che, sulla base di tale premessa, per un verso l’originaria scelta della difesa di C. di notificare il ricorso unicamente all’Azienda sanitaria territorialmente competente, e non anche all’Aurelia Hospital, appare immune da conseguenze processuali, non essendo la struttura accreditata, ai fini dell’accesso, controinteressata in senso tecnico (come dimostra anche il fatto che non sia stata riconosciuta tale neppure in sede procedimentale); e, per altro verso, il richiamo all’art. 4 del Regolamento interno dell’ente non è pertinente, avendo la richiesta ad oggetto pur sempre documenti detenuti dall’Azienda sanitaria, sebbene non agevolmente individuabili;

che, nella parte in cui l’art. 4, co. 4, del Regolamento citato parrebbe circoscrivere l’accesso ai soli documenti "individuati o facilmente individuabili", detta disposizione deve essere interpretata per quanto possibile in conformità con la l. 241/1990 oppure, altrimenti, disapplicata, dando preminenza alla normativa di rango primario che è a sua volta il portato di precetti costituzionali e del diritto europeo (v., per tutti, Cons. St., IV, n. 4051/2003);

Ritenuto che, per tali ragioni, l’appello non sia fondato e che, di conseguenza, la sentenza debba essere confermata, anche nella parte in cui, sul piano applicativo, ha individuato un ragionevole punto di equilibrio tra il diritto di difesa del C. ed il diritto delle pazienti – di cui, allo stato, non si conoscono i nominativi – a non rendere di pubblico dominio il loro ricovero, subordinando la comunicazione delle loro generalità ad una dichiarazione espressa di disponibilità in tal senso, nel termine assegnato loro dall’Azienda sanitaria;

che, infine, le spese debbano essere poste a carico dell’appellante secondo il principio della soccombenza, nell’importo liquidato con il dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante a rifondere all’appellato le spese del presente grado, liquidate nell’importo complessivo di euro 2.000,00, oltre ad IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Luigi Lodi, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore

Dante D’Alessio, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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