Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-04-2011) 28-09-2011, n. 35128

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 22 settembre 2010 il Tribunale di Palermo, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., decidendo sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di M.G. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 2 agosto 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala riguardo ai reati di omicidio e di occultamento di cadavere in danno di C.G., ha confermato l’ordinanza impugnata.

2. Il Tribunale riteneva infondate le osservazioni difensive volte a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari, per essere, in virtù delle circostanze emerse, gravi e concordanti gli elementi indiziari a carico dell’indagato e ricorrenti le esigenze cautelari.

2.1. La vicenda cui si riferiva l’ordinanza di custodia cautelare atteneva all’omicidio di C.G., ripetutamente colpito con alcuni dardi sparati con un fucile da sub, commesso in (OMISSIS), e all’occultamento del cadavere del medesimo.

Il Tribunale, che richiamava, in forza del collegamento giuridico di interdipendenza e reciproca integrazione intercorrente tra provvedimento genetico e provvedimento del riesame, l’esaustiva ricostruzione dello sviluppo delle indagini fatta dal G.i.p., riteneva che il compendio indiziario era rappresentato:

– dalle dichiarazioni confessorie ed etero – accusatone del coindagato Ma.Vi., che si era autoaccusato dell’occultamento del cadavere e aveva svelato i "retroscena" della scomparsa del C., rivelando di avere egli stesso chiamato quest’ultimo, in tal senso richiesto dal M., e di essersi recato in località (OMISSIS) con il medesimo e il M., che, nei pressi di una casa diroccata, aveva sparato, con un fucile da sub, degli arpioni contro il C., il cui cadavere era stato poi messo in sacchi della spazzatura e buttato In mare, mentre il M. si era disfatto del proprio cellulare;

– dai riscontri esterni a detta chiamata in correità derivati:

– dal contenuto delle conversazioni telefoniche, intercettate nella prima fase delle indagini prima delle dichiarazioni del Ma., dimostrativo del frequente ritorno del M. sull’argomento della scomparsa del C., e, in particolare, della conversazione del 2 febbraio 2010, nel corso della quale il M., interessato e preoccupato per te convocazioni del Ma. da parte della Polizia Giudiziaria, era stato dal medesimo rassicurato del fatto che nè aveva cambiato la versione dei fatti già resa, nè aveva fatto il suo nome, e della conversazione del 24 marzo 2010, nel corso della quale il M. aveva anche minacciato il Ma. ("non sia mai che mi tradisci tu, ti ammazzo … ti vengo a strozzare fino a casa");

– dal cambio dell’utenza cellulare da parte del M. subito dopo la scomparsa del C., con utilizzo dell’utenza intestata a tale Ca.An.;

– dalla localizzazione delle celle relative alle chiamate telefoniche in luoghi vicinissimi alla località (OMISSIS), dove l’omicidio era stato commesso;

– dalle risultanze dei tabulati telefonici evidenzianti l’elevato numero dei contatti tra i coindagati prima della scomparsa del C. (pari a novantasette nei primi tredici giorni del mese di gennaio), interrotti improvvisamente alla data della detta scomparsa;

– dalle corrispondenze dei luoghi e delle modalità dell’uccisione e dell’occultamento del cadavere.

2.2. Le deduzioni svolte dalla difesa con i motivi di riesame, volte a rilevare imprecisioni, contraddizioni e discrepanze nel racconto del dichiarante, quanto, tra l’altro, all’assenza del movente, alle incertezze espresse nell’indicare il luogo dell’omicidio e al numero dei fucili da sub utilizzati, non erano idonee, ad avviso del Tribunale, a incidere sul nucleo centrale del racconto, ritenuto ancorato in modo solido a dati di fatto oggettivamente riscontrati, sia pure in chiave di probatio minor e nel quadro del necessario ulteriore approfondimento investigativo, avuto anche riguardo alla mancanza di chiarimenti difensivi in ordine al mutamento dell’utenza cellulare e alle minacce di morte formulate dal C. contro il Ma., ove dallo stesso tradito.

2.3. La sussistenza delle esigenze cautelari era confermata dalla estrema gravità del fatto, dalle modalità efferate della sua commissione, dall’intensità del dolo espressa nell’ante e post factum, senza che, in ogni caso, fossero stati forniti dalla difesa elementi per superare la presunzione iuris tantum di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Il quadro cautelare negativo era completato dai plurimi precedenti che giustificavano la misura cautelare estrema adottata, nella previsione della inapplicabilità, in caso di condanna, del benefici di legge.

3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M.G., che ne chiede l’annullamento sulla base di unico articolato motivo, con il quale deduce violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, premettendo alla esposizione del motivo l’erroneità delie modalità dell’omicidio, indicate dal Tribunale, poichè l’affermazione che la vittima è stata colpita a mezzo dardi sparati con fucile da sub è tratta solo dalle dichiarazioni del Ma., senza essere fondata sulle risultanze processuali.

Secondo il ricorrente, il Tribunale non solo ha omesso di verificare la credibilità del dichiarante e la consistenza intrinseca delle sue dichiarazioni, ma è incorso in omissioni e contraddizioni quanto ai riscontri individualizzanti, in ordine alle conversazioni intercettate, non avendo considerato il tono scherzoso dell’assunta minaccia, le omissioni delle trascrizioni delle conversazioni, la comune attività nel traffico degli stupefacenti e nel settore estorsivo e usuraio; in ordine al cambio dell’utenza cellulare, non rispondente al vero; in ordine all’analisi delle celle di localizzazione, i cui risultati sono diversi da quelli ritenuti nell’ordinanza; In ordine ai contatti telefonici tra gli indagati, non avendo tenuto conto del fatto che il chiamante è sempre stato il C., la cui scomparsa non poteva non determinare la cessazione del flusso dei contatti; in ordine alla corrispondenza dei luoghi e delle modalità dell’uccisione e di occultamento del cadavere, non avendo valutato le imprecisioni e le contraddizioni delle dichiarazioni con riferimento alla individuazione del posto dell’omicidio, alle modalità e all’arma dell’omicidio, allo spostamento del cadavere dopo l’omicidio e al suo occultamento, all’esistenza della zavorra, all’utilizzo dei fucili da sub e al loro occultamento.

La contraddittorietà e l’intrinseca illogicità che hanno caratterizzato le dichiarazioni del Ma. sono, secondo il ricorrente, tali da far venire meno la loro attendibilità e, unitamente alla insussistenza dei riscontri esterni, da escludere la sussistenza del grave quadro indiziario di colpevolezza, mentre sussistono piste investigative la cui praticabilità è stata bloccata dall’arresto dell’indagato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Deve premettersi che le valutazioni da compiersi dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio prognostico di "elevata probabilità di colpevolezza", tanto lontano da una sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure presuntivo, poichè dì tipo "statico" e condotto, allo stato degli atti, sui soli elementi già acquisiti dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent. n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).

2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari personali, non è richiesto il requisito della precisione e della concordanza, ma quello della gravità degli indizi di colpevolezza, per tali intendendosi tutti quegli elementi a carico ancorati a fatti certi, di natura logica o rappresentativa, che non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’Indagato e tuttavia sono tali da lasciar desumere con elevata valenza probabilistica l’attribuzione del reato al medesimo (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantlno e altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118;

Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Caprlati e altro, Rv.

212998; Sez, 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000, Dascola, Rv.

217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511), e la loro valutazione, a norma dell’art. 273 bis cod. proc. pen., comma 1 deve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che delineano, pertanto, i confini del libero convincimento del giudice cautelare (Sez. F, n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n. 36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).

2.2. Con specifico riferimento alla chiamata di correo, si è osservato che tale elemento conoscitivo per valere quale grave indizio di colpevolezza deve essere apprezzato nella sua attendibilità intrinseca (avuto riguardo alla personalità di coloro che rendono le dichiarazioni, alle loro condizioni socio-economiche e familiari, al loro passato, ai loro rapporti con gli accusati, alla genesi remota e prossima della scelta processuale compiuta, alle caratteristiche di precisione, coerenza, costanza, spontaneità), e nella sua capacità dimostrativa e persuasività probatoria per mezzo dei riscontri esterni individualizzanti, inerenti alle modalità oggettive del fatto descritto dal chiamante e soggettivamente indirizzati, coerentemente agli "effetti rigorosamente ad personam" del provvedimento cautelare al quale la valutazione è strumentale, fermo restando che detta valutazione, avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de liberiate e, quindi, come già detto, allo stato degli atti, sulla base di materiale conoscitivo ancora in itinere, deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma l’elevata probabilità di colpevolezza del chiamato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598).

2.3. Sì è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

In ogni caso, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide e riafferma, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685; Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903).

3. Svolte le indicate premesse, e procedendo alla concreta verifica di legittimità della pronuncia impugnata, si rileva che il convincimento manifestato dal Tribunale di Palermo, circa la sussistenza a carico dell’indagato di gravi indizi di colpevolezza, appare immune da vizi giuridici e logici perchè espressione di un percorso argomentativo, conforme ai principi di diritto sanciti dall’art. 192 cod. proc. pen. in tema di apprezzamento e valutazione degli elementi indiziari di natura dichiarativa, fissati da questa Corte, coerente con gli elementi risultanti dagli atti e congruo rispetto ai canoni della logica e della non contraddizione.

3.1. Il Tribunale, infatti, ha ancorato le ragioni della propria decisione a elementi specifici risultanti dagli atti dalla cui valutazione globale, condotta anche alla luce delle deduzioni difensive, ha tratto un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuibilità dei reati contestati al ricorrente.

Sono state, in particolare, valorizzate, quali risultanze processuali integranti una grave piattaforma indiziaria, le dichiarazioni auto ed etero – accusatone di Ma.Vi., la cui attendibilità intrinseca ha formato oggetto della condivisa valutazione da parte del G.I.P., e le emergenze degli accertamenti investigativi, diffusamente analizzate con l’ordinanza genetica e richiamate dal Tribunale e nella premessa in fatto di questa sentenza.

Tali emergenze, costituenti anche specifico riscontro oggettivo alle dichiarazioni del Ma., sono articolate nel contenuto delle conversazioni intercorse tra il M. e il Ma., intercettate nella prima fase delle indagini, antecedente alle stesse dette dichiarazioni; nella dismissione dell’utilizzo della propria utenza cellulare da parte del M.; nella localizzazione delle celle relative alle chiamate telefoniche, e nella rilevata corrispondenza dei luoghi e delle modalità sia dell’omicidio che dell’occultamento del cadavere, e sono tali, ad avviso del Tribunale, da conferire solidità al nucleo centrale del racconto del Ma. nella prospettiva ermeneutica del sistema cautelare e da superare le obiezioni difensive relative a "discrepanze, imprecisioni e contraddizioni" nel racconto.

3.2. A fronte di detta ricostruzione degli elementi emersi nei confronti dell’indagato, il ricorrente ha opposto infondate doglianze, prospettate come deduzioni dimostrative della illegittimità e inadeguatezza della motivazione.

Sono destituite di fondamento innanzitutto le censure che si appuntano sulla dedotta non valutata attendibilità di Ma.

V., del tutto trascurando l’analisi che della credibilità soggettiva del medesimo e dell’attendibilità delle sue dichiarazioni ha svolto il G.i.p., con la stessa concordando il Tribunale che ha richiamato tale analisi, legittimamente rilevando l’interdipendenza e la reciproca integrazione tra la propria decisione e quella genetica, e ha disatteso le deduzioni difensive volte a minare la credibilità del dichiarante.

Infondati sono anche gli argomenti, le deduzioni e le doglianze che attengono alla valutazione del materiale indiziario con riferimento agli individuati elementi di riscontro, in quanto tendono a proporre una diversa interpretazione delle risultanze delle indagini e della specifica consistenza dei fatti indizianti e una diversa scelta di quelli determinanti, con riguardo a ciascuno degli elementi individuati e valorizzati dal Tribunale (contenuto delle conversazioni intercettate, utilizzazione da parte del M., dopo la scomparsa del C., di diversa utenza telefonica, analisi delle celle di localizzazione dei telefoni cellulari attivati, risultanze dei tabulati telefonici, Individuazione del luogo dell’omicidio, modalità della sua commissione, modalità dell’occultamento del cadavere).

Il ricorrente, che ha anche richiamato a fondamento delle sue deduzioni atti del processo, non allegati nè integralmente ritrascritti in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso, già elaborato dalle Sezioni civili (da ultimo, Sez. 3, n. 18375 del 07/07/2010, dep. 06/08/2010, Rv. 614390, in motivazione sub 5, non massimata sul punto) e recepito e applicato anche in sede penale con giurisprudenza costante (tra le altre Sez. 1, sent. 6112 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, Rv. 243225), è incorso in tal modo nell’equivoco di fondo di ritenere che un ampio e particolareggiato dissenso di merito possa consentire, in sede di legittimità, un’alternativa lettura e una rinnovata analisi delle risultanze processuali, già svolte dal Tribunale dando adeguato e logico conto delle ragioni della propria decisione, del tutto compatibile con le valutazioni de liberiate.

4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5. La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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