Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-10-2011, n. 5657

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2011, il Consigliere A. M. ed udito, per la Regione appellata, l’avv. Lo Fe.;
Il T.a.r. della Calabria ha dichiarato, con sentenza semplificata, l’inammissibilità del ricorso proposto dalla "T. s.r.l." – I. di vigilanza privata ed altri, avverso l’esclusione dalla gara d’appalto per la vigilanza armata dei locali della Presidenza del Consiglio regionale, perché il gravame risultava depositato oltre il prescritto termine di 15 giorni dalla notificazione, ex art. 23bis, legge n. 1034/1971.
Con l’appello, l’impresa interessata sostiene di non aver potuto effettuare il deposito, nei termini prescritti, per la mancata tempestiva riconsegna del ricorso da parte dell’ufficio U.n.e.p. presso la Corte d’appello di Catanzaro, a causa delle festività natalizie.
Inoltre, sostiene che, avendo proposto anche domanda di risarcimento dei danni ed essendo venuta meno la pregiudiziale amministrativa per la richiesta risarcitoria, non avrebbero dovuto applicarsi in suo sfavore i termini dimidiati.
Nel merito, sostiene che il ricorso avrebbe dovuto essere accolto perché, erroneamente, sarebbe stato previsto, fra le clausole di gara, il richiamo alle tariffe prefettizie, quale strumento rilevatore dell’affidabilità del servizio da appaltare.
La Regione Calabria, costituitasi in giudizio, sostiene l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello.
Al riguardo, in via preliminare, va confermata l’inammissibilità del gravame per l’inosservanza dei termini prescritti dall’art. 23bis, legge n. 1034/1971, in quanto, in relazione alla perentorietà dei termini disposta dalla normativa, non possono aver rilievo le generiche doglianze di " mal funzionamento degli uffici" nel periodo natalizio, oltretutto, non provate e non eccepite in primo grado.
Inoltre, va respinto il motivo con cui l’appellante, sul presupposto della fondatezza, nel merito, del gravame e del venir meno della pregiudiziale amministrativa, sostiene che l’azione risarcitoria proposta nel ricorso non soffrirebbe del limite dei termini dimidiati previsto per la sua proposizione e che, pertanto, tale domanda subordinata avrebbe dovuto essere positivamente esaminata dal primo giudice, attesa la fondatezza, nel merito, delle censure proposte.
Il motivo dev’essere respinto.
Infatti, pur avendo la recente dec. C.S., Ad. pl., n. 3/2011 esteso la non applicabilità della pregiudiziale amministrativa anche al periodo antecedente all’entrata in vigore del nuovo codice, con conseguente possibilità di esperire, in via autonoma, l’azione di risarcimento dei danni, deve rilevarsi che tale interpretazione non appare applicabile alla fattispecie in esame, in cui il ricorso è stato dichiarato inammissibile, atteso che tale declaratoria preclude l’esame di qualsivoglia ulteriore domanda contenuta nel ricorso.
Infatti, ove si volesse addivenire a sostenere la pretesa vantata dall’appellante, si determinerebbe una sostanziale inefficacia della dichiarazione d’inammissibilità del gravame, perché il giudice dovrebbe esaminare ugualmente nel merito i motivi del ricorso, al fine di valutare la domanda di risarcimento, con la conseguenza che il ricorrente potrebbe conseguire ugualmente, se non la reintegrazione in forma specifica, quantomeno l’altra finalità per cui il gravame era stato proposto e cioè il risarcimento del danno; ciò comporterebbe una sostanziale violazione dei termini processuali, che non rileverebbero in riferimento ad uno degli oggetti della domanda.
Pertanto, la proposizione dell’azione risarcitoria, se da un lato può trovare contestuale spazio nell’ipotesi di accoglimento del gravame nel merito, non ugualmente può trovarlo nel caso di sua inammissibilità.
Tale istanza risarcitoria, pertanto, ove ne sussistano i presupposti, potrà trovare autonoma tutela ai sensi dell’art. 30, c.p.a..
In relazione a quanto esposto, l’appello va respinto (con decisione breve) perché infondato, con conseguente salvezza della sentenza di primo grado.
Le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso r.g.n. 5399/2010, lo respinge, con salvezza dell’impugnata sentenza.
Pone le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado, per complessivi Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre ai dovuti accessori di legge, a carico dell’impresa appellante e soccombente ed a favore della Regione appellata e vittoriosa.
Ordina che la presente decisione breve sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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