Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-10-2011, n. 5656

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso di primo grado la "M. s.p.a." ha impugnato il rilascio di due autorizzazioni commerciali in favore della "E. s.p.a.".

Il T.a.r. ha accolto il ricorso in riferimento al secondo motivo di gravame, con cui si sosteneva che l’amministrazione avrebbe illegittimamente prorogato i termini di validità delle autorizzazioni originariamente concesse ad altre società, fino ad oltre quattro anni dal rilascio della prima e ad oltre tre anni dal rilascio della seconda.

Avverso tale decisione ha proposto appello il Comune di Bologna, che ha sostenuto:

la carenza di legittimazione della "P. s.r.l." (poi "M. spa") a proporre il ricorso in primo grado, in quanto la stessa avrebbe difettato di legittimazione, in considerazione della non oggettiva vicinanza tra i due esercizi;

l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui non avrebbe ritenuto adeguatamente motivati i vari provvedimenti di proroga delle originarie autorizzazioni commerciali.

La Confesercenti provinciale di Bologna e M. G., costituitisi in appello, ne hanno sostenuto l’infondatezza

Motivi della decisione

L’appello deve ritenersi infondato.

Con il primo motivo il Comune di Bologna ripropone l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della società ricorrente, sostenendo che la sua posizione giuridica soggettiva non sarebbe assistita da una qualificazione tale da giustificare l’interesse al ricorso in rapporto allo sviamento della clientela, atteso che l’esercizio della controinteressata risulta ubicato a una distanza di circa km. 1,3.

La censura è infondata.

Infatti, se da un lato è vero che la giurisprudenza, al fine di verificare la legittimazione ad agire, considera rilevante la distanza tra esercizi, va rilevato che, con il progressivo sviluppo delle strutture di vendita, si è ampliata l’interpretazione giurisprudenziale della vicinitas, nel senso di dare rilievo al collegamento territoriale in relazione al c.d "bacino di utenza"; pertanto, non può ritenersi dirimente, ai fini della legittimazione, l’effettiva distanza lineare tra due attività concorrenti, venendo in rilievo, piuttosto, l’effettiva concorrenzialità del settore merceologico e del bacino di utenza, per cui il criterio topografico della distanza tra due sedi commerciali ha acquisito un contenuto elastico, che va misurato in rapporto ai citati parametri.

Al riguardo, il primo giudice ha correttamente valutato come l’esercizio commerciale gestito dalla ricorrente fosse collocato in un’area di gravitazione dell’utenza del nuovo punto di vendita, come risulta anche confermato dalla cartografia depositata dalla "M. s.p.a.", in cui viene evidenziata la sovrapposizione dei bacini di utenza dei due supermercati.

Correttamente, pertanto, è stata ritenuta, in capo all’originaria ricorrente, la legittimazione ad agire.

È poi infondato anche il secondo motivo di appello.

Il giudice di primo grado, in riferimento all’articolo 31, lett. a), legge n. 426/1971, che richiama, ai fini della proroga dell’apertura dell’esercizio autorizzato, la "comprovata necessità", ha correttamente riconosciuto l’inadeguatezza delle motivazioni delle ripetute proroghe ed ha considerato illegittimo l’avvio dell’esercizio a distanza di tre e di quattro anni dal rilascio delle originarie autorizzazioni n. 155309 e n. 155391.

Né può concordarsi con quanto sostenuto dal Comune, sulla circostanza che i fatti addotti a giustificazione sarebbero comunque rilevanti, atteso che le motivazioni dei provvedimenti di proroga risultano, invece, generiche nella loro articolazione, che riporta la medesima formula indicata dal richiedente nelle relative istanze; né risulta effettuata alcuna verifica o accertamento sul loro contenuto.

Pertanto, appare logica e coerente l’analisi del primo giudice, che richiama la "mancanza di corrispondenza e congruenza tra eventi pretesamente giustificativi e successione logica e cronologica degli stessi e degli atti di proroga", con conseguente violazione sostanziale dell’art. 31 della citata legge, preordinato a contemperare la tempestiva attivazione dell’esercizio commerciale, in attuazione delle previsioni pianificatorie, con la finalità di concedere il tempo strettamente necessario per la sua collocazione sul territorio.

Non rileva, infine, ai fini del presente giudizio, che sull’area condotta dalla "E. s.p.a." sia, oggi, prevista dallo strumento urbanistico, una grande struttura di vendita.

In relazione a quanto esposto, l’appello dev’essere respinto, dovendo ritenersene infondati i motivi.

Le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, r.g.n. 10392/1999, lo respinge, con salvezza dell’impugnata sentenza.

Pone le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio, per complessivi Euro 4000,00 (euro quattromila/00), oltre ai dovuti accessori di legge, a carico del Comune di Bologna appellante e soccombente ed a favore della Confesercenti provinciale di Bologna e di M. G. appellati e vittoriosi.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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