Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2110 Procedimento davanti al pretore e al giudice di pace

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.P.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza in data 11.1.2010, con la quale il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Marcianise, riformando la decisione adottata in primo grado dal giudice di pace di Maddaloni, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni dallo stesso proposta nei confronti dell’Enel Distribuzione s.p.a., a seguito della sospensione della fornitura di energia elettrica verificatasi nella notte tra il (OMISSIS).

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione spa, che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

Motivi della decisione

Preliminarmente va affermata l’applicabilità delle norme di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere il provvedimento impugnato depositato successivamente all’entrata in vigore della indicata normativa (4 luglio 2009).

Ricorso principale.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione artt. 161, 162 e 112 c.p.c. – Nullità della sentenza emessa dal giudice di Pace per violazione dell’art. 113 c.c., comma 2, e art. 1342 c.c. – Error in procedendo; il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione artt. 324 e 342 c.p.c. e violazione art. 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Formazione del giudicato interno. Omessa rilevazione.

Esaurimento della funzione giurisdizionale da parte del giudice di appello con conseguente preclusione di ulteriori indagini. Error in procedendo (in relazione art. 360 c.p.c., punto 4). I due motivi, per l’intima connessione delle censure con gli stessi svolte, possono essere esaminati congiuntamente. Con tali motivi il ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza del primo giudice, perchè a torto questi avrebbe deciso secondo equità, e l’inammissibilità dell’appello sarebbe derivato dall’intervenuto giudicato, asseritamente formatosi per la mancata specifica impugnativa in ordine alla nullità della sentenza di primo grado, preclusivo, dunque, di ogni valutazione di merito.

I motivi non sono fondati per le ragioni che seguono.

Vero è che quando il giudice di pace, risolvendo espressamente una questione insorta sulla regola di decisione (sotto il profilo della individuazione del valore della controversia o della qualificazione del contratto alla stregua dell’art. 1342 cod. civ.), afferma che la causa deve essere decisa secondo equità e la decide, la regola di decisione della causa deve intendersi necessariamente corrispondente a tale affermazione.

Ne deriva che la sentenza è nulla se tale regola sia stata erroneamente individuata.

E ciò perchè il giudice dell’impugnazione, quale esso sia, non può valutare se la decisione sia stata in concreto assunta secondo diritto, ma la conseguenza è che quest’ultimo deve disporre, in base alla disciplina propria del giudizio di impugnazione alla quale è tenuto a conformarsi, la rinnovazione della decisione sulla base di una motivazione in diritto se trattasi del giudice di appello o – se si tratta della Corte di Cassazione pervenendo alla cassazione con rinvio, affinchè il giudice di rinvio provveda alla rinnovazione della decisione secondo diritto, a meno che non ricorrano le condizioni per la decisione direttamente nel merito; nel qual caso sarà la stessa S.C. che procederà a tale rinnovazione (v. Cass. 28.2.2008 n. 5276).

Nel caso in esame, essendo evidente che si tratti di un contratto concluso secondo le modalità dell’art. 1342 c.c. (contratto di massa), la regola che avrebbe dovuto seguire il giudice di pace sarebbe stata quella della decisione secondo diritto, ex art. 113 c.p.c., comma 2, come sostituito dal D.L. 6 febbraio 2003, n. 18, art. 1, convertito con modificazioni dalla L. 7 aprile 2003, n. 63, con la conseguente impugnabilità con il mezzo dell’appello.

A tal fine, va in primo luogo rilevato che dalla sentenza impugnata non si ricava che il giudice di pace abbia deciso la controversia secondo equità (l’esigenza di decidere secondo diritto, fra l’altro, era stata puntualmente rappresentata), ma il profilo non è comunque rilevante, posto che – come già detto (Cass. n. 5276/2008) – all’errata individuazione della regola di decisione consegue sì la nullità della sentenza di primo grado, ma comunque, per effetto della disciplina propria dell’impugnazione alla quale il giudice è tenuto a conformarsi, la rinnovazione della decisione da parte del giudice di appello sulla base di una motivazione in diritto.

La conseguenza della nullità della sentenza di primo grado determinata dalla errata individuazione del parametro normativo applicabile (decisione secondo equità anzichè secondo diritto) – va ribadito – è solo quella della rinnovazione della decisione sulla base della regola di giudizio ritenuta applicabile.

Nè a diversa soluzione si perverrebbe anche se il giudice di pace, per ipotesi, abbia pronunciato secondo equità.

Posto che, nell’ipotesi in esame, l’impugnazione davanti alla Corte di cassazione riguarda la sentenza emessa dal tribunale e non quella del giudice di pace, – ragion per cui le censure nei confronti della stessa avanzate non sono in questa sede rilevanti – in ogni caso, deve rilevarsi che in nessun caso potrebbe farsi riferimento al principio di diritto affermato dalle S.U. di questa Corte nella sentenza n. 13917 del 2006, – secondo cui l’ individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del giudice di pace avviene in funzione della domanda, con riguardo al suo valore (ai sensi dell’art. 10 c.p.c., e segg.) ed all’eventuale rapporto contrattuale dedotto (contratto di massa o meno), e non del contenuto concreto della decisione e del criterio decisionale adottato (equitativo o di diritto), operando, invece, il principio dell’apparenza nelle sole residuali ipotesi in cui il giudice di pace si sia espressamente pronunziato su tale valore della domanda o sull’essere la stessa fondata su un contratto concluso con le modalità di cui all’art. 1342 c.c. – posto che, nella specie, lo stesso non è applicabile.

Trattandosi, invero, di sentenza emessa dal giudice di pace successivamente al 2 marzo 2006 (sentenza del giudice di pace del 31.8.2007) il mezzo di impugnazione sarebbe stato, comunque, l’appello (v. a contrario anche Cass. 27.9.2011 n. 19724).

Infatti, dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge con certezza assoluta che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339 cod. proc. civ., comma 3, è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso (se si esclude la revocazione per motivi ordinari) (Cass. ord. 4.6.2007 n. 13109; Cass. Ord. 24.4.2008 n. 10775). Quanto al rilievo secondo cui si sarebbe formato il giudicato sulla sentenza di primo grado – con conseguente inammissibilità dell’appello – per l’omessa denuncia della sua nullità in sede di impugnazione – la censura appare inconsistente, poichè, da un lato la questione relativa alla corretta regola di giudizio da applicare è stata puntualmente prospettata fin dal giudizio di primo grado, come emerge dalla sentenza in questa sede impugnata (pag. 1), e nell’atto di appello l’Enel Distribuzione spa ha espressamente richiamato le disposizioni del codice di rito che prevedono il mezzo dell’appello con riferimento alle decisioni del giudice di pace rese in relazione a contratti di massa; dall’altro, comunque, si tratterebbe di questione che, attenendo anche al corretto mezzo di impugnazione, sarebbe stata rilevabile d’ufficio.

Ricorso incidentale condizionato.

Con unico motivo l’Enel Distribuzione spa denuncia la violazione del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 19, ed in particolare degli artt. 1, 2, 3, 9, 13 dello stesso (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 1218 cod. civ. (nonchè e correlativamente del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 19, art. 1, 2, 3, 9, 13) (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dalle conclusioni raggiunte in ordine al principale Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente principale.

P.Q.M.

La Corte pronunciando sui ricorsi, rigetta il ricorso principale.

Dichiara assorbito l’incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2012

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