Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-10-2011, n. 5650 Appello al Consiglio di Stato avverso le sentenze del T.A.R Decisione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame il Comune di Otranto ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. epigrafe indicata con la quale sono stati accolti: il ricorso n. 1802/1987 proposto dal dott. M. C. contro il diniego di concessione edilizia n. 2992 del 1987, il ricorso n. 589/1999 proposto per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi su una sua istanza di concessione edilizia, cui è conseguita la condanna del Comune al risarcimento del danno, e il ricorso n. 1801/1999 proposto per l’annullamento delle delibere della G.M. n. 251/1999 e del C.C. n. 25 del 1999, di approvazione del progetto di un parcheggio da realizzare su una area di proprietà del suddetto.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Nel giudizio n. 589/1999 non si era formato alcun silenzio rifiuto atteso che con l’istanza presentata il 21.12.1998 il dott. C. non aveva iniziato un nuovo procedimento concessorio, ma aveva solo presentato la richiesta di riesame di un pregresso procedimento, a fronte della quale esso silenzio non è configurabile, anche perché non preceduto, come invece dovuto, da alcuna diffida.

E" stata comunque erroneamente ritenuta la sussistenza di colpa grave della P.A..

2.- E" stato accolto il ricorso n. 1801/1999, con il quale erano state impugnate le deliberazioni di localizzazione di un parcheggio sull’area di proprietà del sig. C., essendo stato ritenuto fondato il terzo motivo di gravame (per assenza in detti provvedimenti della motivazione in ordine alla scelta modificativa della precedente tipizzazione urbanistica, derivante dal piano di lottizzazione) erroneamente, perché la motivazione ben poteva essere ridotta in proporzione al grado di sacrificio imposto al privato e considerato che la scelta localizzativa era non solo logica e razionale, ma anche ineluttabile.

Con atto depositato il 21.6.2010 si è costituito in giudizio il dott. M. C., che ha eccepito la irricevibilità e la inammissibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza.

Con memoria depositata il 25.2.2011 parte appellante ha ribadito tesi e richieste ed ha evidenziato che con deliberazione n. 127 del 20.4.2010 il Comune appellante ha dichiarato che non sussiste alcun interesse proseguire il giudizio nella parte in cui concerne il capo della sentenza appellata che definisce, accogliendolo, il ricorso n. 1801/1999.

Con memoria depositata 26.2.2011 la parte resistente ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione, e con successiva memoria depositata l’8/9.23.2011 (precisato che con l’appello è stata chiesta la riforma della sentenza de qua, ma che i capi della stessa derivanti dalle censure avanzate con il ricorso n. 1802/1987 contro il diniego di concessione edilizia non hanno costituito oggetto di impugnazione, sicché la sentenza sul punto deve essere comunque confermata) ha dedotto che con riguardo al ricorso n. 1801 del 1999 non sussiste più interesse, come da memoria del Comune del 24.2.2011; ha infine replicato alle avverse argomentazioni.

Alla pubblica udienza del 29.3.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame è stato chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe specificata, di accoglimento dei ricorsi proposti dal dott. M. C. per l’annullamento di un diniego di concessione edilizia, del silenzio rifiuto su una sua istanza di concessione edilizia (con condanna al risarcimento del danno) e dei provvedimenti di localizzazione su un terreno di proprietà del suddetto di una parcheggio.

2.- Innanzitutto, il Collegio precisa e dà atto che il capo di sentenza relativo alle censure avanzate con il ricorso n. 1802/1987 contro il diniego di concessione edilizia non ha costituito oggetto di impugnazione, sicché su di esso si è formato il giudicato.

Il principio desumibile dall’art. 329 comma 2, c.p.c., secondo cui l’effetto devolutivo non si verifica per il capo della sentenza di primo grado che non sia stato investito dai motivi d’impugnazione, con relativa formazione del giudicato in base al principio "tantum devolutum quantum appellatum", assume, invero, positivo rilievo allorché, come nel caso che occupa, esso capo fa riferimento alle parti della sentenza concernenti questioni che siano indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame e che potrebbero, in astratto, formare oggetto di separati giudizi.

3.- Con il primo motivo di appello è stato asserito che nel giudizio n. 589/1999, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., non si era formato alcun silenzio rifiuto atteso che con l’istanza presentata il 21.12.1998 il dott. C. non aveva iniziato un nuovo procedimento concessorio, ma aveva solo presentato una richiesta di riesame di un pregresso procedimento, iniziato con istanza del 20.7.1997 e definito con provvedimento di diniego prot. n. 11162/1998, a fronte della quale esso silenzio non è configurabile, anche perché non preceduto, come invece dovuto, da alcuna diffida.

La impugnata sentenza sarebbe quindi da riformare sia sul punto suddetto, sia laddove condanna il Comune al conseguente risarcimento danni, essendo stata comunque erroneamente ritenuta la sussistenza di colpa grave della P.A..

3.1.- Considera la Sezione che con la istanza del 21.12.1998 il dott. M. C., pur avendo formalmente chiesto il riesame della domanda di concessione presentata in data 20.7.1997 (per la realizzazione di un albergo su un suolo di proprietà in Otranto), ha premesso che detta domanda non era stata accolta a causa dei rilievi effettuati dalla Commissione edilizia, sicché (preso atto di detti rilievi, riesaminata l’intera domanda ed allegati, nell’intento di collaborare con l’Amministrazione comunale) ha evidenziato che erano state redatte ulteriori tavole aggiuntive che avevano dimostrato il rispetto sia del cono ottico del Piazzale Belvedere, che degli indici parametri concernenti i parcheggi, nonché che era stata predisposta relazione tecnica che aveva eliso ogni equivoco dimostrando le ragioni per le quali dovevano essere superate tutte le osservazioni avanzate dalla Commissione edilizia.

La domanda, a prescindere dalla qualificazione attribuitale dal richiedente, non può essere considerata come richiesta di riesame della domanda precedente perché essa non assume la sostanza di una richiesta volta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela (rispetto al quale non è ontologicamente configurabile la procedura del silenzio rifiuto), essendo state redatte nuove tavole e predisposta nuova relazione tecnica, sicché l’Amministrazione avrebbe dovuto comunque porre in essere un’attività valutativa del tutto nuova ed autonoma, in vista del rilascio del titolo, e quindi essa richiesta non può che essere considerata una nuova domanda di concessione edilizia, riguardo alla quale il Comune, a prescindere dalla esistenza o meno di un pregresso atto di diniego non impugnato, era tenuto a pronunciarsi.

Ai sensi dell’art. 4, comma 5, del d.l. n. 398/1993, convertito in l. n. 493/1993, all’epoca vigente, la decorrenza del termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda di concessione edilizia in assenza del provvedimento che definiva la domanda comportava la formazione "ope legis" del silenzio rifiuto, impugnabile senza necessità di notificare previamente una specifica diffida.

Le considerazioni che precedono comportano tuttavia che la colpa del Comune, riconosciuta come grave in sentenza per le modalità della vicenda caratterizzata da numerosi solleciti dell’interessato e successive iniziative giudiziarie, in ordine alla mancata adozione dei dovuti provvedimenti sia da riconoscere come lieve e non come grave.

Il comportamento omissivo dell’Amministrazione, riconosciuto che quella presentata il 21.12.1998 doveva considerarsi la nuova richiesta su cui si è formato il silenzio rifiuto, deve quindi ritenersi ascrivibile a colpa non grave, ma lieve, atteso che, comunque, al rilascio della richiesta concessione ostavano, sino al loro annullamento con la sentenza appellata, le deliberazioni di localizzazione del parcheggio previsto sul terreno oggetto della domanda e che il sollecito al rilascio del parere della C.E. e del conseguente provvedimento è stato proposto in data 9.1.1999, dopo solo pochi giorni dalla dal del 21.12.1998.

L’art. 2043 c.c., che costituisce il fondamento della responsabilità civile della p.a. per lesione di interessi legittimi, non conosce tuttavia quale rete di contenimento l’intensità della colpa, sicché la responsabilità della P.A. va ammessa anche quando la colpa è di grado lieve e ciò risulti positivamente

Aggiungasi che ai sensi dell’art. 2bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009 (che conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento) la colpa è da ritenere tuttavia non scusabile e che l’art. 30, comma II, del c.p.a. non contiene riferimenti alla sussistenza dell’elemento psicologico.

Detta colpa ascrivibile al Comune di Otranto è quindi da considerare comunque non scusabile (non essendo correlata all’esistenza di particolari circostanze, quali l’equivocità e la contraddittorietà della normativa applicabile, la novità delle questioni, le oscillazioni giurisprudenziali nella materia, che possano avere influito sull’illegittimità della comportamento dell’Amministrazione), sicché va confermata, oltre alla declaratoria dell’obbligo di provvedere, la condanna al risarcimento del danno contenuti in sentenza.

4.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che erroneamente è stato accolto il ricorso n. 1801/1999 con il quale erano state impugnate le deliberazioni di localizzazione di un parcheggio sull’area di proprietà del sig. C., essendo stato ritenuto fondato il terzo motivo di gravame per assenza in detti provvedimenti della motivazione in ordine alla scelta modificativa della precedente tipizzazione urbanistica, derivante dal piano di lottizzazione.

La motivazione poteva infatti essere ridotta in proporzione al grado di sacrificio imposto al privato (nel caso minima perché negli anni erano state sfruttate tutte le possibilità edificatorie attribuite dal piano di lottizzazione, ad eccezione del terreno per cui è causa) e comunque la scelta localizzativa era non solo logica e razionale, ma anche ineluttabile.

4.1.- Osserva la Sezione che con memoria depositata il 25.2.2011 la parte appellante ha dedotto che con deliberazione della Giunta comunale n. 127 del 20.4.2010 il Comune appellante ha dichiarato che non sussiste alcun interesse proseguire il giudizio nella parte in cui concerne il capo della sentenza appellata che definisce, accogliendolo, il ricorso n. 1801/1999.

Dall’esame di detta deliberazione risulta che con la stessa la Giunta Comunale ha deliberato di rettificare l’atto n. 89 dell’11.3.2010, con il quale era stata manifestata la volontà alla prosecuzione del presente giudizio innanzi al Consiglio di Stato, dichiarando l’interesse alla prosecuzione solo limitatamente all’impugnazione dei capi della sentenza che definiscono il ricorso n. 589/1999 e che non sussiste alcun interesse proseguire il giudizio nella parte in cui concerne il capo della sentenza ridetta che definisce il ricorso n. 1801/1999.

In virtù del principio fondamentale della domanda, il sindacato giurisdizionale può essere attivato soltanto ad iniziativa del soggetto che si ritiene leso ed il processo amministrativo resta nella disponibilità della parte che lo ha attivato, senza che il Giudice adito abbia alcuna possibilità di deciderlo nel merito, ove la parte attrice, prima dell’introito del ricorso per la delibazione nel merito, abbia dichiarato di rinunciarvi o di non avere più alcun interesse alla pronuncia di annullamento degli atti gravati (Consiglio Stato, sez. IV, 5 maggio 1997, n. 477).

Pertanto, considerato che, sino al momento in cui la causa è introitata per la decisione, sussiste la piena disponibilità dell’azione e che parte appellante ha, con riferimento al capo della sentenza appellata che occupa, dedotto il venir meno dell’interesse alla decisione, il motivo in appello in esame va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, tenuto conto che il Giudice non ha il potere di procedere d’ufficio, né quello di sostituirsi alla parte ricorrente nella sua personale valutazione dell’interesse ad agire.

5.- Conclusivamente l’appello, dato atto che sul capo di sentenza relativo alle censure avanzate con il ricorso n. 1802/1987 si è formato il giudicato e previa declaratoria di improcedibilità in relazione al secondo motivo di gravame, deve essere respinto e deve essere confermata la prima decisione con diversa motivazione.

6.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame nei termini di cui in motivazione.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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