Cass. civ., sez. II 03-05-2006, n. 10212 CIRCOLAZIONE STRADALE – CONDUCENTE DEI VEICOLI – PATENTE DI ABILITAZIONE ALLA GUIDA- Motoveicolo di cilindrata superiore a 125 centimetri cubici – Guida con patente di categoria B anziché con patente di categoria A

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto

Con ricorso al Giudice di Pace di Genova del 21.12.01 G. K. propose opposizione ex art. 22 L. 689/1981 avverso l’ordinanza-ingiunzione in data 31.10.01 del Prefetto di quella provincia, irrogante la sanzione amministrativa di £ 4.000.000 per la violazione di cui all’art. 116 co. 13 e 18 C.d.S., accertata il 30.6. dello stesso anno, perché, munito di patente B conseguita nel 2000, aveva circolato alla guida di un motociclo, di potenza pari a Kw 19,50, necessitante della patente di categoria A. L’opponente deduceva la non applicabilità alla fattispecie della menzionata disposizione ed, in via subordinata l’illegittimità costituzionale della stessa in relazione, gradatamente, agli artt. 76 e 3 Cost., rispettivamente per "eccesso di delega" e violazione dei principi di ragionevolezza ed di eguaglianza. Costituitasi la Prefettura, contestava il fondamento dell’opposizione, chiedendone il rigetto. Con sentenza del 3.31-5.02 l’adito giudice, ritenuta la manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità e sussistenti gli estremi della contestata violazione, respingeva l’opposizione, con compensazione delle spese. Contro tale sentenza il K. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La Prefettura di Genova non si è costituita.

Diritto

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art 116 co. 13 e 18 C.d.S, mentre con il secondo e subordinato motivo si ribadisce l’eccezione di illegittimità costituzionale, in rel. all’art. 76 Cost., gia proposta in sede di merito, qualora si renda applicabile alla fattispecie la suddetta disposizione. I motivi di ricorso sono accomunati dalla premessa, secondo la quale nel riformulato testo dell’articolo 116 del "Nuovo Codice della Strada " (Decreto Legislativo 30 aprile 1992 e successive modifiche), derivante dall’art. 19 del D.Lgs. 30.12.99 n. 507, emesso in virtù della delega disposta dalla legge 25.6.1999 n. 205 ("Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario), non avrebbe potuto comprendersi anche l’ipotesi di guida di motoveicolo di categoria A, vale a dire di motocicli di cilindrata superiore a 125 centimetri cubici e di potenza superiore ad 11 cavalli, nella quale rientrerebbe, secondo l’ordinanza-ingiunzione opposta e la sentenza di merito, la fattispecie di illecito contestata al K.

Il ricorrente prende le mosse dalla sentenza della Corte della Corte Costituzionale 10.1.1997 n. 3, con la quale venne dichiarata l’illegittimità dell’art. 116, co.13^ D.Lgs. 285/92, nel testo all’epoca vigente, nella parte in cui assoggettava a sanzione penale colui che, munito di patente di categoria B, C o D, guidasse un veicolo per il quale era richiesta patente di categoria A, soggiungendo che a seguito di tale pronunzia, come riconosciuto dalla giurisprudenza penale di questa S.C. (v. sez. 4^ n.9729/97), la guida di motocicli, richiedenti la patente A, non costituiva più reato. Da tale premessa deduce che, tenuto conto dei limiti della delega, contenuta nella citata legge del 1999, conferente al Governo l’incarico di depenalizzare, tra gli altri e salve alcune eccezioni, i reati previsti dal suddetto Codice della Strada, non avrebbe potuto essere compreso, nell’ambito della prevista trasformazione delle contravvenzioni stradali in violazioni amministrative, un comportamento, come quello nella specie ascritto al ricorrente, non più costituente reato a seguito della citata pronuncia del giudice delle leggi. Conseguentemente la disposizione contenuta nell’art. 19 n. 1 del D.Lgs. 30.12.99 n. 507, attuativo della depenalizzazione, che nel riformulare l’art. 116 n. 13 e 18 del Dlgs. 285/92, introdusse un’ampia e generica fattispecie di illecito amministrativo per i vari casi di guida di autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la prescritta patente, o dovrebbe considerarsi non applicabile all’ipotesi, già esaminata dalla Corte Costituzionale cd espunta dal sistema penale, oppure, ove la prevedesse, dovrebbe tenersi incostituzionale, per violazione dell’art. 76 cit., per eccesso rispetto alla delega suddetta. Il legislatore delegato, in altri termini, avrebbe potuto soltanto trasformare in illeciti amministrativi i soli fatti costituenti reato all’epoca della delega ma non aveva poteri per configurare ex novo ipotesi di illecito amministrativo, quale sarebbe la guida con patente B di motocicli di cat. A, ancorché corrispondenti a fatti originariamente configurati quali reato nel "nuovo codice della strada? del 1992. Il Giudice di Pace non avrebbe recepito tali argomentazioni, perché fuorviato da un errore di fondo, secondo il quale la citata sentenza della Corte Costituzionale avrebbe eliminato la sola pena dell’arresto dalla fattispecie di contravvenzione in questione, e non anche l’ammenda, con conseguente persistenza della rilevanza penale della stessa ed inclusione, a pieno titolo, tra le violazioni depenalizzate nel 1999. Fatta tale premessa, va anzitutto osservato che l’interpretazione "costituzionalmente orientata?, proposta con il primo motivo di ricorso, non appare nella specie praticabile, non essendosi in presenza di una norma di incerta formulazione, che dia adito ad una o a diverse ipotesi interpretative tra le quali dovrebbe privilegiarsi quella più aderente ai dettami costituzionali. Nel particolare contesto normativo del Codice della Strada, vigente all’epoca del fatto ascritto al K., questo non poteva che essere assunto sotto la previsione dell’art. 116 co. 13 D.Lgs. 285/92, così come sostituito dall’art. 19 co. 1 lett.a) D.Lgs. 507/99, contemplante quale illecito amministrativo, sanzionato con il pagamento della somma da quattro a sedici milioni di lire (oltre al fermo amministrativo del veicolo, ai sensi del comma 18), il fatto di chi conducesse "autoveicoli o motoveicoli senza avere conseguito la patente di guida", considerato che tutte le altre analoghe ipotesi di irregolarità in relazione al titolo abilitativo di guida, erano contemplate dall’art. 125 del codice medesimo, prevedente, fin dalla sua originaria formulazione ed anche all’esito delle successive modifiche (segnatamente di quelle derivate, in attuazione della direttiva comunitaria del Consiglio n. 91/439/CEE 29.7.91, dal D.M. 8.8.94, emanato ai sensi degli artt. 229 del Codice della Strada e 406 del relativo regolamento di attuazione) quale illecito amministrativo, sanzionato con il pagamento di somme notevolmente inferiori a quelle previste per la guida senza patente, tutte le altre, specificamente indicate ipotesi di guida di veicoli con patente diversa da quella prescritta per la corrispondente categoria; e tra queste ultime non figurava quella relativa alla guida di motoveicolo di categoria A con patente di tipo B ("chiunque, munito di patente di categoria B, C o D guida un autoveicolo per il quale richiesta una patente di categoria diversa da quella di cui è in possesso?"). Conseguentemente, tenuto conto che la disposizione di cui all’art. 125 si pone in rapporto di specialità con quella di cui all’art. 116, derogandovi solo per i casi tassativi in essa previsti, la fattispecie di guida di veicoli di categoria A da parte di soggetti muniti di patente B, non poteva che ritenersi compresa, peraltro coerentemente all’originaria differenziazione voluta dal legislatore del 1992, nell’ambito della previsione generale di cui all’art. 116, relativa alla guida di veicoli senza aver conseguito la patente prescritta. Le suesposte considerazioni, se da una parte inducono a disattendere il primo motivo di ricorso, dall’altra comportano l’accoglimento del secondo, con il quale viene rinnovata la richiesta di dichiarare non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, l’eccezione di illegittimità dell’art. 116 co. 13 e 18 C.d.S., nella parte riferentesi anche al comportamento di chi, in possesso di patente B (o anche C e D), guidi motoveicoli per i quali è richiesta la patente di categoria A. La rilevanza della questione risulta evidente, tenuto conto dell’infondatezza del primo motivo di ricorso e dell’incontroversa circostanza che, nel caso di specie, il ricorrente, titolare di una patente di categoria B, rilasciata nel 2000 (e, pertanto, successivamente all’entrata in vigore della L. 111/88, introduttiva della c.d. "patente europea", che aveva fatto salvi i diritti quesiti dei titolari delle vecchie patenti), conduceva un motociclo di potenza pari a Kw 19,50, superiore dunque al limite massimo di Kw 11, e pertanto necessitante, a termini dell’art. 116 co. 3, così come risultante dalle modificazioni in precedenza menzionate, della patente di categoria A. La questione, d’altra parte, tenuto conto delle particolari vicende che hanno segnato il tormentato percorso della norma in esame, non può ritenersi manifestamente infondata. La citata sentenza n. 3197 della Corte Costituzionale (facente seguito ad un precedente invito al legislatore, contenuto nella sentenza n. 246/95 e rimasto inascoltato), dichiarando "l’illegittimità costituzionale dell’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile l992 n. 285 (Nuovo Codice della Strada), nella parte in cui punisce con la sanzione penale, colui che, munito di patente di categoria B, C o D, guida un veicolo per il quale è richiesta patente di categoria A", produsse, ai sensi dell’art. 136 Cost., l’abrogazione in parte qua, a partire dalla data della pubblicazione della decisione, della norma sopra citata, con la conseguenza che la condotta in questione non poteva più considerarsi reato, come successivamente dato atto dalla giurisprudenza, anche di legittimità (v. la già citata sentenza di questa S.C., sez.4" pen, n. 9729/97). A tal riguardo, tenuto conto del riportato, inequivoco, tenore del giudicato costituzionale, va rilevata la palese erroneità della tesi sostenuta nella sentenza di merito, oggetto del presente ricorso, secondo la quale la pronunzia della Corte Costituzionale avrebbe eliminato solo la pena dell’arresto, lasciando integra la comminatoria dell’ammenda e, pertanto, la rilevanza penale dell’illecito, poi a pieno titolo depenalizzato dal Decreto Legislativo 30/12/99 n. 507. In realtà, avendo la suddetta condotta perso rilevanza penale, a seguito della sentenza n. 3197 del giudice delle leggi, né avendola più riacquistata, per effetto di successivi interventi normativi eventualmente ripristinanti la stessa, deve ritenersi che alla data del conferimento della delega al Governo, contenuta nell’art. 5 n1 sub a) della L. 205/99 in precedenza citata e prevedente di "trasformare in violazioni amministrative? i reati di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, ad eccezione degli artt. 14, 186, 187 e 189", la guida, con patente di categoria B, di motoveicoli richiedenti la patente di categoria A, non rientrava tra i fatti costituenti reato, a termini della vigente disciplina della circolazione stradale e, pertanto, non avrebbe potuto essere "depenalizzata", vale a dire trasformata in illecito amministrativo dal previsto intervento legislativo delegato. Conseguentemente non implausibili vano ritenute le censure esposte dal ricorrente, quanto meno inducenti a dubitare seriamente della legittimità costituzionale, tenuto conto delle regole dettate dall’art. 76 della Costituzione, in tema di delega del potere legislativo dal Parlamento al Governo, in ordine all’inclusione, sia pure implicita, della condotta in questione, tra quelle costituenti illecito amministrativo ai sensi dell’art. 116 C.d.S, nel testo sostituito dall’art. 19 n.1 del Dlgs. n 507/99, per esorbitanza rispetto all’oggetto della delega stessa, prevedente la trasformazione di reati in illecito amministrativo e non anche la introduzione di nuove figure di tale ultima categoria di illeciti. A tal riguardo deve anche precisarsi che un?eventuale interpretazione in senso lato, tale da comprendere nell’ggetto della delega in questione la totale revisione dei trattamenti sanzionatori già previsti nel "Nuovo Codice della Strada?, tenuto conto della sua originaria formulazione di cui al D.Lgs. 30.4.92 n. 285, comporta un?approfondita indagine in ordine alle effettive finalità perseguite dal legislatore delegante, che esula dai compiti di questa Corte, tenuta solo alla valutazione di non manifesta infondatezza della questione. Il presente giudizio va, conseguentemente, sospeso ai sensi dell’art. 23 L. 11.3.1953 n. 87 e gli atti vanno trasmessi alla Corte Costituzionale, con i connessi adempimenti di legge. Resta, infine, assorbito l’esame del terzo motivo di ricorso, con il quale viene riproposta la questione, palesemente subordinata rispetto a quella rimessa alla Corte Costituzionale, dell’irragionevole disparità di trattamento sanzionatorio, in violazione dell’art. 3 Cost., della condotta ascritta al ricorrente, in quanto sussumibile nella previsione di cui all’art. 116 co. 13 e 18 C.d.S, rispetto a quelle, oggettivamente più gravi ma meno severamente sanzionate, configurate dall’art. 125 dello stesso codice, per tutte le altre ipotesi di guida di veicoli con patente di categoria diversa da quella richiesta.

P.Q.M.

La Corte dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 76 della Costituzione, dell’articolo 116 co. 13 e 18 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285, così come sostituito dall’articolo 19 co. 1 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1999 n. 507, nella parte in cui prevede e sanziona, quale illecito amministrativo, la condotta di chi, in possesso di patente di abilitazione alla guida di categoria B, guidi un veicolo per il quale è richiesta la patente di categoria A.

Sospende, conseguentemente, il presente giudizio ed ordina trasmettersi i relativi atti alla Corte Costituzionale.

Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Procuratore Generale, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

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