Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2098

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Consorzio Trasporti Pubblici del Lazio (Co.Tra.L.) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il proprio dipendente C. C. esponendo: che a questi era stata assegnata in uso una casa cantoniera con annesso terreno di proprietà del medesimo consorzio;

che il concessionario aveva costruito nelle aree pertinenziali, senza autorizzazione del concedente, diversi manufatti; che non aveva inteso ridurre l’immobile nello stato originario.

Il Consorzio chiedeva pertanto che, accertata e dichiarata la revoca del provvedimento di assegnazione dell’alloggio per violazione degli obblighi afferenti il diritto d’uso, il C. fosse condannato all’eliminazione, a sua cura e spese, di tutti i manufatti illegittimamente costruiti, al risarcimento dei danni ad esso cagionati ed al rilascio dell’immobile libero da persone o cose.

Il C. si costituiva e contestava le avverse pretese chiedendo in via riconvenzionale il rimborso delle spese sostenute per i miglioramenti che asseriva di aver apportato all’immobile. Negava di aver eseguito nuovi manufatti pertinenziali.

Interveniva volontariamente in giudizio Q.A. esponendo di essere coniuge divorziata del convenuto giusta sentenza del Tribunale di Roma che le aveva assegnato la casa in oggetto, quale casa coniugale, che ella continuava ad abitare con il figlio; deduceva inoltre di aver sostenuto l’intero costo dei miglioramenti apportati alla casa cantoniera e chiedeva il rimborso di quanto speso.

Il Tribunale decise la causa con sentenza n. 29248 del 31 luglio 2001. Ritenne il C. privo di legittimazione passiva in ordine a tutte le domande in ragione della carenza di disponibilità dell’immobile e dell’avvenuta successione della Q. nel rapporto "atipico" di godimento ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 6. Respinse la domanda di risarcimento danni in quanto non provata;

ritenne passivamente legittimata la Q. contro la quale il Co.Tra.L. non aveva mai esteso le domande proposte contro il C.;

respinse le domande riconvenzionali di quest’ultimo e della Q. per il rimborso delle spese sostenute per i miglioramenti.

Ha proposto appello la Met.Ro. s.p.a., succeduta al Consorzio attore nella proprietà dell’immobile per cui è causa, censurando l’impugnata pronuncia.

Si è costituita la sola Q. chiedendo respingersi l’appello.

La Corte distrettuale, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato legittimo il recesso del Co.Tra.L. dal rapporto di concessione in godimento dell’immobile per cui è causa ed ha condannato C.C. a rilasciarlo immediatamente alla Met.ro. s.p.a., libero da persone e cose, nonchè ad eliminare a sua cura e spese i manufatti realizzati; ha dichiarato Q.A. priva di legittimazione passiva a resistere alle domande proposte dal CoTra.L. nei confronti di C.C..

Propone ricorso per cassazione Q.A. con due motivi.

Resiste con controricorso la Met.Ro. – Metropolitana di Roma s.p.a.

(già Co.Tra.L./Metroferro s.p.a.).

Motivi della decisione

Con i primi due motivi, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, parte ricorrente rispettivamente denuncia: 1) "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti e rilevabile d’Ufficio – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto"; 2) "Falsa applicazione di norme di diritto – Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio".

Sostiene parte ricorrente che il contratto de quo non è un contratto atipico ma, ai sensi dell’art. 1571 c.c., un vero e proprio contratto di locazione in quanto una parte, il Co.Tra.L., si obbligava a far godere all’altra parte, C., il bene immobile in oggetto, a fronte di un corrispettivo ben definito di L. 200.000 mensili, oltre all’accollo delle spese di ristrutturazione dell’immobile che versava in stato di abbandono.

A tale contratto, secondo parte ricorrente, si applica perciò, per quanto riguarda la durata, in via analogica, la disciplina dettata in materia di locazione dalla L. n. 392 del 1978, art. 6, mentre la Q. deve essere ritenuta, in virtù del provvedimento giudiziale emanato in sede di divorzio, unica intestataria del contratto ex lege.

I motivi devono essere rigettati.

Nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso tra le parti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c., e segg., o dell’insufficienza o contraddittorietà della motivazione e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere accompagnate dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti (la cui ricerca, che integra un accertamento di fatto, è preliminare alla qualificazione del contratto), al fine di consentire, in sede di legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa (Cass., 4 giugno 2010, n. 13587).

Nel caso di specie parte ricorrente non ha riprodotto le clausole del contratto mentre la Corte d’Appello, con ragionamento convincente ed immune da vizi logici o giuridici ha qualificato il contratto stesso come contratto di concessione in uso al quale non è applicabile in via analogica la L. n. 392 del 1978, art. 6.

L’esigenza abitativa del nucleo familiare non costituisce infatti, secondo l’impugnata sentenza, la causa del contratto inter partes che risulta destinato a soddisfare non le esigenze abitative del nucleo familiare ma quelle del C. e risponde ad esigenze di servizio.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato mentre la obiettiva controvertibilità della lite resa palese dal diverso esito del giudizio nei due gradi di merito induce a ritenere che sussistano giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *