Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-04-2011) 28-09-2011, n. 35171 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16-6-2009 il Giudice di Pace di Piedimonte Matese procedendo a carico di C.R. e R.S. per i reati loro rispettivamente ascritti, in due distinti atti di citazione a giudizio, pronunziava la condanna di ciascun imputato ed in particolare dichiarava il C. responsabile di lesioni ed ingiurie ai danni di R.S., condannandolo alla pena di Euro 500,00 di multa nonchè al risarcimento del danno in favore della persona offesa.

Dichiarava il R. responsabile dei reati di lesioni e minacce ai danni del C., condannando tale imputato, ritenuta la continuazione, e previa concessione delle attenuanti genetiche, alla pena di Euro 350,00 di multa.

I fatti erano avvenuti in un medesimo contesto secondo quanto illustrato in sentenza.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di R.S., deducendo:

1 – la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. C) in relazione agli artt. 192-210-371 c.p.p., nonchè la violazione dell’art. 43 c.p..

Inoltre censurava la sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

A riguardo evidenziava che nel procedimento i due imputati erano anche persone offese, e che in dibattimento si era svolta l’escussione dei predetti, nella qualità di persone offese, ed era stata acquisita dal giudice la documentazione.

Pertanto il giudizio di responsabilità era fondato sulle predette fonti di prova.

Sul punto, tuttavia, la difesa evidenziava la violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 3. rilevando che la persona offesa dal R. – ossia il C. – aveva a sua volta la qualifica di imputato di un reato collegato, ai sensi dell’art. 371 c.p.p., comma 2 e pertanto il giudice avrebbe dovuto valutarne l’attendibilità secondo i principi che regolano la valutazione delle chiamate in correità (richiamava in tal senso giurisprudenza -a fl.9 del ricorso).

In secondo luogo il ricorrente rilevava la contraddittorietà delle versioni che aveva fornito il C. (il cui contrasto si poteva verificare con il confronto tra l’atto di querelarne era stato assunto in giudizio,e la deposizione dibattimentale).

Inoltre riteneva inverosimile la tesi del menzionato soggetto, avendo egli negato di aver causato le lesioni a danno del R., dato che viceversa risultava riscontrato da documentazione sanitaria.

Evidenziava, altresì che il Giudice aveva ritenuto attendibili entrambi gli imputati d’altra parte aveva trascurato di valutare il contrasto delle dichiarazioni e non aveva considerato una parte delle dichiarazioni del R., che sarebbe stata decisiva (avendo il predetto imputato asserito di aver teso le mani verso l’altro per difendersi).

In conclusione sul punto la difesa evidenziava il travisamento della prova, inteso ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E).

Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso è dotato di fondamento.

Invero la sentenza appare viziata nella valutazione degli elementi di prova per violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 3 in riferimento all’art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b).

Si tratta, infatti, di imputazioni rispettivamente ascritte ai due imputati – R.S. e C.R. – attinenti ad un unico episodio di contrasto sia verbale che di fatto tra i due prevenuti.

Orbene, va evidenziato che, nella specie, il C., era anche imputato di reato collegato, e che doveva essere sentito in tale qualità, secondo l’art. 63 c.p.p., comma 2 e art. 64 c.p.p., comma 3.

La violazione di tali disposizioni comporta dunque l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal predetto,onde sussiste la violazione di legge, richiamata dal ricorrente, i cui riferimenti alla mancata applicazione dell’art. 192 c.p.p. restano superati dalla violazione dei menzionati artt. 63 e 64 c.p.p..

Tali disposizioni risultano disattese dal Giudice procedente, che ha assunto le dichiarazioni di ciascun imputato nella qualità di teste, senza attenersi alle formalità previste dal codice di rito.

L’inutilizzabilità deve essere rilevata anche d’ufficio e comporta l’annullamento della sentenza; ma poichè è possibile la rinnovazione dell’atto invalidamente compiuto, l’annullamento è da effettuare con rinvio per nuovo giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Piedimonte Matese per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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