Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2011) 28-09-2011, n. 35118

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Z.G., per il tramite del suo difensore, impugna per cassazione l’ordinanza deliberata il 18 agosto 2009 dal Tribunale di Reggio Calabria, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., che ha confermato quella emessa dal Gip dello stesso tribunale, in data 16 luglio 2010, nella parte in cui disponeva nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione al reati di concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso (artt. 110 e 416 bis cod. pen.).

2. – Nel ricorso mentre non si contesta specificamente il fatto storico valorizzato dal giudici di merito ai fini della valutazione relativa alla gravità indiziaria (l’essersi l’indagato recato presso l’abitazione della famiglia Pelle e l’aver messo a disposizione della consorteria criminale "le sue reti di relazione con il così detto "Stato apparato", ossia agenti di servizi segreti e delle forze dell’ordine, per far conseguire all’associazione mafiosa un rafforzamento" si contesta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, la effettiva riconducibilità della condotta contestata (l’aver fornito, in maniera sistematica e continuativa, ad elementi di vertice del sodalizio – F. G. classe (OMISSIS) – notizie coperte dal segreto investigativo – in particolare l’esistenza di apparati di intercettazione audio-video e l’imminente adozione di misure cautelari nei confronti di personaggi di spicco della consorteria mafiosa) alla peculiare ipotesi delittuosa, evidenziando, anche attraverso il richiamo all’elaborazione giurisprudenziale in argomento, la mancanza di elementi indiziari idonei a far ritenere sussistente soprattutto l’elemento psicologico del reato, ricavandosi dalle emergenze investigative, che intanto le notizie fornite erano solo apparentemente dettagliate, sotto altro profilo, che la condotta dell’indagato era diretta non già a fornire un "aiuto" al sodalizio ma, semmai, alle persone del F. e del P.G., e che lo stesso non era funzionale all’ottenimento di somme di danaro o a conseguimento di "profitti" associativi, non emergendo alcuna forma di collegamento tra lo Z. e l’associazione.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di Z.G. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

Al riguardo giova premettere che il controllo dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato, nonchè il valore sintomatico degli indizi medesimi. Tale controllo non coinvolge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito in ordine all’attendibilità delle fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probatorio, ovvero, come nel caso in esame, la qualificazione giuridica del fatto contestato dal P.M., quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno Indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e l’esattezza della qualificazione giuridica del fatto, controllando la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de liberiate (cfr., per tutte, Cass. S.U. 22 marzo 2000, imp. Audino, RV 215828; Cass. sez. 4, 3 maggio 2007, imp. Terranova, RV 237012).

Alla luce di tali principi, deve riconoscersi l’infondatezza delle censure mosse dai ricorrenti contro l’ordinanza impugnata.

L’ordinanza impugnata si sviluppa, invero, secondo linee coerenti e con organici passaggi argomentativi.

In particolare, nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile relativamente alla riconosciuta gravità degli indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo ipotizzato, trascurando il ricorrente di considerare che il percorso motivazionale dell’ordinanza, particolarmente diffuso, non si esaurisce nella sola valorizzazione del pur significativo dato fattuale rappresentato dell’accertata e dichiarata "messa a disposizione" dei vertici del clan Pelle, da parte dell’indagato, "della propria rete di amicizie", derivatagli dal protratto svolgimento di attività di commercialista e di amministratore giudiziario di beni sequestrati, risultando indicati nell’ordinanza impugnata anche ulteriori e convergenti elementi indizianti, rappresentati dalle informazioni fornite dall’indagato su imminenti operazioni di polizia, di assoluta rilevanza per il sodalizio criminale, da tale elementi avendo i giudici del riesame desunto, con valutazione più che plausibile e logica, la piena consapevolezza e volontà dello Z., di fornire un significativo contributo causale alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione ed alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio, con ciò uniformandosi il tribunale, sostanzialmente, ai principi elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza n. 33748 del 12/07/2005 (dep. il 20/09/2005) imp. Mannino.

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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