Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2091 Legittimazione attiva e passiva Procedimento civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12/1/2006 il Tribunale di Napoli respingeva il gravame interposto dal sig. M.A. nei confronti della pronunzia G. di P. Napoli n. 22843/2000 di rigetto della domanda di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) proposta nei confronti del sig. G.P. e della compagnia La Fondiaria-Sai Assicurazioni s.p.a..

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che il giudice dell’appello abbia, così come già quello di prime cure, "di ufficio" illegittimamente "interferito nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata statuendo che al M. incombeva fornire la prova che la motocicletta fosse di proprietà del G., laddove costituisce principio del tutto scontato … che mentre il Giudice è tenuto a verificare la esistenza in ogni stato e grado del procedimento … della legitimatio ad causam, attiva e passiva, per quel che concerne, invece, la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, nessun esame d’ufficio è consentito, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso è questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata".

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata (v. Cass., 6/3/2006, n. 4796).

In altri termini, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione dell’azione, si fonda sull’allegazione fatta in domanda, sicchè una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea soltanto quando l’attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur prospettandone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso.

Avuto riguardo alla prospettazione nel caso operata dal ricorrente emerge allora che il danneggiato ha agito contro il G. nella sua veste di conducente e proprietario del veicolo danneggiante, nonchè conseguentemente nei confronti della sua compagnia assicuratrice per la r.c.a.. La Fondiaria-Sai Assicurazioni s.p.a..

Non ha agito facendo valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio; nè pretende di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur prospettandone l’estraneità al rapporto sostanziale controverso.

Non viene pertanto nel caso in rilievo la legitimatio ad causam, consistente nella titolarità del potere e del dovere (rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva) di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato (v. Cass., 23 novembre 2005, n. 24594, Cass., 7 ottobre 2005, n. 19647; Cass., 3 luglio 1999, n. 6894), secondo la prospettazione offerta dall’attore ed indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto stesso (v. Cass., 28 ottobre 2002, n. 15177), quale istituto processuale (espressione del principio di cui all’art. 81 c.p.c., inteso a prevenire una sentenza inutiliter data) riferibile al soggetto che ha il potere di agire o resistere in giudizio (v. Cass., 18 novembre 2005, n. 24457; Cass., 3 luglio 2003, n. 10551; Cass., 17 giugno 2003, n. 9678; Cass., 27 ottobre 1995, n. 11190), costituente presupposto per ottenere dal giudice la trattazione del merito della causa (v. Cass., 12 agosto 2005, n. 16878) ed attinente alla regolare instaurazione del contraddittorio, il cui difetto è pertanto rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – con il solo limite del giudicato – (v. Cass., 5 novembre 1997, n. 10843).

Trattasi invero di questione concernente l’accertamento in concreto dell’effettiva titolarità (nel caso, dal lato passivo) del rapporto fatto valere in giudizio (v. Cass., 18 novembre 2005, n. 24457), e cioè la identificabilità del soggetto tenuto alla prestazione richiesta (cfr. Cass., 2 agosto 2005, n. 16158).

In altri termini, di accertamento della titolarità della situazione giuridica sostanziale – nel caso, l’essere il convenuto proprietario o meno del veicolo coinvolto nel sinistro (v. Cass., 18 novembre 2005, n. 24457; Cass., 1 marzo 2004, n. 4121), quale situazione favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata (cfr.

Cass., 28 ottobre 2002, n. 15177; Cass., 21 giugno 2001, n. 8476;

Cass., 5 novembre 1997, n. 10843).

Il giudice dell’appello non poteva pertanto sollevare la questione d’ufficio, essendo essa di regola affidata alla disponibilità della parte (v. Cass., 23 novembre 2005, n. 24594; Cass., 26 novembre 2003, n. 18067; Cass., 5 novembre 1997, n. 10843), in quanto la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite, a tale stregua pertanto rientrando nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata (v. Cass., 6/3/2006, n. 4796;

Cass., 18 novembre 2005, n. 24457; Cass., 23 novembre 2005, n. 24594).

Erronea risulta pertanto l’affermazione del giudice del gravame di merito secondo cui "Premesso che incombeva sul M., ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare che la moto investitrice fosse di proprietà del G., trattandosi di prova di un fatto costitutivo della domanda, va rilevato che l’appellante non ha adempiuto al suddetto onere. Innanzitutto è da escludere che, sul punto, possa soccorrere il già richiamato principio di non contestazione, poichè esso non opera quando la parte contro cui dovrebbe valere resta contumace Come è rimasto contumace il G. …".

Nè, si noti, può invero al riguardo in qualche modo valorizzarsi l’iniziale contestazione mossa dalla Sai Assicurazioni s.p.a., attesa la precisazione emergente dalla motivazione dell’impugnata sentenza, ove si da atto che "All’udienza del 4.5.2001 il difensore del M. precisava di aver indicato in citazione erroneamente la targa del veicolo antagonista, la cui vera targa era (OMISSIS). A tale precisazione non faceva seguito alcuna contestazione della difesa della Sai che, in particolare, non reiterava l’eccezione di non essere l’assicuratore del veicolo danneggiante. Anche in comparsa conclusionale, tale difesa non veniva riproposta. Alla luce di tale precisazione … deve ritenersi che la circostanza che la SAI fosse l’assicuratore del veicolo tg. (OMISSIS) sia stata provata in virtù del principio di non contestazione".

A tale stregua, assorbiti gli ulteriori profili di doglianza, sussiste la lamentata violazione di legge.

Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi con i quali si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 (2 motivo), nonchè "violazione e falsa applicazione degli artt. 1376, 2697, 2729 c.c., R.D.L. n. 436 del 1927, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nonchè insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (3 motivo) s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Napoli, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per le ragioni di cui in motivazione.

Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2012

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