Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2011) 28-09-2011, n. 35116 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – C.A., per il tramite dei suoi difensori, impugna per cassazione l’ordinanza deliberata il 16 novembre 2010 dal Tribunale di Brescia, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., che ha confermato quella emessa dal Gip del tribunale di Mantova il 28 ottobre 2010, nella parte in cui disponeva nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di detenzione e porto illegali di una pistola cal. 6,35 con matricola abrasa e di 17 cartucce.

2. – Nel ricorso, mentre non si contesta specificamente il fatto storico della detenzione illegale dell’arma, si impugna, in primo luogo, la effettiva configurabilità nella condotta contestata all’indagato anche del reato di ricettazione, evidenziando al riguardo, per un verso, che il reato presupposto non può consistere nell’alterazione del numero di matricola ma, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, in un delitto che offende il patrimonio; sotto altro profilo, che mancava una prova certa dell’effettiva consapevolezza da parte dell’indagato, definito in ricorso "soggetto di scarsa scolarizzazione", della provenienza delittuosa dell’arma per il sol fatto che la stessa aveva la matricola parzialmente abrasa.

2.1 – Si deduce altresì in ricorso l’illegittimità dell’ordinanza impugnata anche con riferimento alla scelta della misura applicata, con riferimento all’affermazione di un pericolo di recidiva. Al riguardo, si evidenzia, in particolare, a confutazione di quanto affermato dai giudici del riesame, relativamente alla superficialità comportamentale dimostrata dall’indagato nell’acquisizione di arma proveniente da circuiti criminosi, che lo stesso era, in effetti, persona perfettamente inserita nel tessuto sociale in cui vive e lavora, e che lo stesso non ha, allo stato, pendenze penali nè per gli stessi reati per i quali si procede nè per altri e che la misura degli arresti domiciliari, pure sollecitata, doveva ritenersi la più adeguata a prevenire il pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’Interesse di C.A. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

2.1 – L’iter argomentativo dell’ordinanza impugnata appare infatti esente dai vizi, quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato anche per l’imputazione di ricettazione, fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi indiziari e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, in quanto conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità dell’indagato in ordine allo specìfico fatto delittuoso a lui contestato, dovendo qui evidenziarsi, in particolare, che il precedente giurisprudenziale citato In ricorso secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, l’ambito dei delitti presupposti va limitato a quelli che, sia pure indirettamente, offendano il patrimonio pubblico o privato (Sez. 1, Sentenza n. 5413 del 15/01/1992, dep. 09/05/1992, Rv. 190291, imp. Blè), risalente nel tempo, è rimasto isolato ed il principio in esso affermato corretto dalla ormai univoca giurisprudenza successiva, condivisa dal collegio, secondo cui il possesso di un’arma clandestina integra di per sè la prova del delitto di ricettazione, essendo l’abrasione della matricola (che priva l’arma medesima del numero e dei contrassegni di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 11) e che ne costituisce il reato presupposto, chiaramente finalizzata ad impedirne l’identificazione, ciò dimostrando, in mancanza di elementi contrari – nel caso in esame insussistenti – il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza dello stesso della provenienza illecita dell’arma (in tal senso, ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 41464 del 29/09/2009, dep. il 28/10/2009, Rv. 244951, Imp. Zara).

2.2 – Infondate risultano, infine, anche le censure sollevate in ricorso con riferimento all’adeguatezza della misura applicata.

Osserva in proposito il Collegio che dal contenuto dell’impugnato provvedimento emerge che il Tribunale del riesame ha ritenuto l’esistenza delle esigenze di social – prevenzione previste dall’art. 274 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), e quindi l’esistenza di una prognosi sfavorevole di reiterazione di condotte delittuose, argomentando innanzi tutto dalle specifiche modalità del fatto – detenzione di una pistola con matricola abrasa, asseritamene rinvenuta casualmente sulle rive del (OMISSIS) – e dalla "superficialità comportamentale" dell’Indagato, ritenendo tali elementi di per sè indicativi della considerevole pericolosità sociale del C., con valutazione assolutamente corretta, atteso che le specifiche modalità e circostanze del fatto costituiscono un elemento fondamentale nella valutazione della personalità del soggetto, in quanto afferenti ad un episodio concreto già effettivamente posto in essere dall’interessato, e ciò a prescindere dal contenuto "formale" delle imputazioni contestate, per altro ancora provvisorie.

Sul punto va altresì rilevato come la pericolosità dell’indagato possa essere desunta anche esclusivamente dalle modalità e circostanze del fatto commesso, e cioè dai comportamenti o atti concreti posti in essere dallo stesso in tale circostanza, e possa essere ritenuta anche in assenza di precedenti penali a carico del predetto (in tal senso si veda ex multis Cass., sez. 1, sentenza n. 35219 del 21.10.2002), nel caso in esame comunque esistenti. Alla stregua di tali considerazioni, ritiene il Collegio che la motivazione del Tribunale del riesame sia sui punto assolutamente corretta e puntuale, e si sottragga quindi ai rilievi ed alle censure sviluppate in ricorso, dovendo altresì rilevarsi che la ammissione dei fatti da parte dell’indagato non assume alcun valore indicativo ai fini della valutazione della personalità dello stesso, essendo stato il predetto tratto in arresto in flagranza di reato, all’esito della perquisizione della sua abitazione.

Nè Infine può ritenersi la non proporzionalità della misura cautelare applicata sotto il profilo della previsione della sospensione della pena irroganda, avendo sul punto questa Corte ripetutamente evidenziato (In tal senso ex multis Sez. 5, Sentenza n. 2416 del 19/5/1999, Rv. 214230, ric. Marchegiani F.) che la prognosi di pericolosftà sociale dell’indagato ed il ritenuto pericolo di reiterazione del reato non consente di formulare alcun giudizio positivo sulla probabile concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena con conseguente applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, fondandosi tale beneficio sulla opposta previsione che il soggetto si asterrà per il futuro dal commettere altri reati.

Pertanto anche sotto questo profilo il ricorso proposto denota la sua infondatezza.

3. – L’ordinanza, nel suo complesso, resiste quindi alle censure sviluppate in ricorso, che va quindi rigettato, con tutte le conseguenze di legge.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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