Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2011) 28-09-2011, n. 35115 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza del 4 ottobre 2010 il Gip del Tribunale di Lecce applicava la misura cautelare della custodia in carcere a T. I., indagato per aver venduto a R.V., quantitativi non precisabili di sostanza stupefacente o psicotropa del tipo cocaina per il prezzo di Euro 300,00 (capo BY della rubrica provvisoria), reato commesso in (OMISSIS) in data anteriore e prossima al (OMISSIS).

2. – Il Tribunale di Lecce, investito della richiesta di riesame proposta nell’interesse dell’indagato ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., con pronuncia del 29 ottobre 2010, ha confermato l’ordinanza che aveva disposto la misura coercitiva.

2.1 – Secondo i giudici del riesame, infatti, a carico dell’indagato sussistevano gravi elementi indiziari rappresentati dal contenuto della intercettazione ambientale n. 3107 eseguita il 26 agosto 2008 all’interno dell’autovettura FIAT Punto in uso al coimputato R. V., personaggio ai vertici di una "compagine criminosa di stampo mafioso" che commentando con alcuni sodali ( M.L. e F.G.L.) le possibilità di "entrare in reti di spaccio" riferiva ai propri interlocutori, di essersi approvvigionato di un imprecisato quantitativo di droga presso T.I., "indicato quale soggetto di elevato spessore ed autorevolezza criminale nel rione (OMISSIS), dedito allo spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina". In particolare, con riferimento alle deduzioni difensive volte a negare la effettiva rilevanza e gravità indiziaria del predetto colloquio anche in considerazione della mancata partecipazione allo stesso dell’indagato, da parte dei giudici del riesame è stata di contro valorizzata la "certezza" dell’identificazione del prevenuto, in considerazione della sua "evocazione con completa indicazione delle generalità, città e quartiere di residenza" e la sua "precipua attività di trafficante di droga" dato riscontrato dai precedenti in atti.

2.1 – Le esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., malgrado il decorso del tempo dai fatti contestati (oltre due anni) e l’assenza di carichi pendenti, ad avviso del giudice del riesame erano desumibili, oltre che dalla gravità dei fatti contestati, anche dall’inserirsi della condotta dell’Indagato in un "contesto permanente" che pur non associativo, ne palesa molti dei caratteri quanto ad esistenza di strutture organizzative elementari, sia pure esili e mutevoli, numero di persone, superiore a tre, sulle quali i correi possono fare comunque reciproco affidamento, capillarità e diffusività dell’attività desumibile, tra l’altro, dalla certificata esistenza di una serie di contatti finalizzati alla illecita detenzione e cessione di dosi di stupefacente, nel senso che, come affermato dai giudici del riesame anche attraverso il richiamo della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 2156 del 07/07/1998, dep. 27/08/1998, imp. Calamassi, Rv. 211827), "l’attualità e concretezza delle esigenze cautelari può rinvenirsi anche quando il delitto accertato risalga nel tempo, ma t’indagato continua a mantenere atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il delitto era maturato", ritenendo altresì "improbabile" sotto il profilo della proporzionalità la concessione della sospensione condizionale, e non adeguata la misura degli arresti domiciliari, "non potendosi inferire" dal dato relativo alla personalità dell’indagato, "una prognosi di affidabilità circa il rispetto di obblighi e divieti" connaturati alla misura gradata.

3. – Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del suo difensore avvocato Salvatore Maggio.

3.1 – Nel ricorso si denunzia, la illegittimità dell’ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento sia alla valutazione della gravità indiziaria, sia al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della misura cautelare applicata.

Più specificamente da parte del ricorrente si evidenzia:

– come non sia affatto certo che il dialogo intercettato avesse ad oggetto della sostanza stupefacente e che l’acquisto di cui trattasi sarebbe stato effettuato presso il T., tenuto conto che l’indagato non aveva partecipato direttamente alla conversazione captata, e che l’ipotesi criminosa non trovava riscontro in perquisizioni e sequestri di droga operati nel periodo in cui furono eseguite le captazioni;

– che nel caso in esame difettava il requisito della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, dovendo ritenersi insussistente un pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose, non avendo l’indagato precedenti recenti e specifici a suo carico, rilevandosi il percorso motivazionale dell’ordinanza assolutamente carente specie in punto di esclusiva adeguatezza della misura applicata.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di T.I. è basata su motivi Infondati e va quindi rigettata.

2.1 – L’iter argomentativo dell’ordinanza impugnata appare infatti esente dai vizi, quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi indiziari – sommariamente illustrati al paragrafo 1,1 dell’esposizione in fatto nella loro consistenza fattuale, ma sottoposti, nell’ordinanza, a ben più ampia disamina – e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, in quanto conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità dell’indagato in ordine allo specifico fatto delittuoso a lui contestato, dovendo qui ribadirsi, in particolare, che il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver partecipato, non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va anch’esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio – come del resto è avvenuto nel presente giudizio – non è però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 (in tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 13614 del 19/01/2001, dep. il 4/04/2001, Rv. 218392, imp. Primerano).

Considerato, del resto, che il giudizio svolto dal Tribunale attiene al grado di inferenza degli indizi e, quindi, all’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza ( art. 273 cod. proc. pen.) per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

2.2 – Infondate risultano infine anche le censure sollevate in ricorso con riferimento alle esigenze cautelari. In particolare irrilevanti devono valutarsi le censure mosse all’affermata esistenza di esigenze di cautele processuali, ritenute dal ricorrente sub- valenti, anche In ragione del notevole tempo trascorso dai fatti, rispetto al tema della perìcolosità sociale, ove si consideri, che come ricordato dai giudici del riesame, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’attualità e concretezza delle esigenze cautelari può rinvenirsi anche quando il delitto accertato risalga nel tempo, ma l’indagato, come ben evidenziato nell’ordinanza impugnata con motivazione congrua ed immune da vizi e per ciò incensurabile in questa sede, continua a mantenere atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il delitto stesso risulta maturato, nel senso che l’attualità e concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e concretezza delle condotte criminose, ben potendo sussistere il caso concreto in cui, alla attualità delle esigenze cautelari non corrisponda una pari attualità delle condotte criminose (In termini Sez. 3, Sentenza n. 2156 del 7/7/1998, Rv.

211827).

3. – L’ordinanza, nel suo complesso, resiste quindi alle censure sviluppate in ricorso, che va quindi rigettato, con tutte le conseguenze di legge.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

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