Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2089 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14/1/2006 la Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società la Fondiaria-Sai Assicurazioni s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Vibo Valentia 23/7/2004, rideterminava l’ammontare del risarcimento dalla medesima dovuto in via solidale con i sigg.ri D. e A.F. in favore della sig.ra B.R. all’esito di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), escludendo il danno patrimoniale dalla medesima lamentato.

Avverso la suindicata sentenza della corte di merito la B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la Fondiaria-Sai Assicurazioni s.p.a., che propone altresì ricorso incidentale sulla base di unico motivo.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo la ricorrente in via principale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2697, 2727 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto non provato il danno patrimoniale subito in conseguenza del sinistro, e in particolare la compromissione della capacità lavorativa specifica, laddove questa risulta provata alla stregua delle risultanze della C.T.U. e comunque in base alla prova per presunzioni.

Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2056 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che sia stata erroneamente ritenuto inutilizzabile, il parametro del triplo della pensione sociale, invero utilizzabile quale criterio ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., in presenza della fornita prova dell’ari del risarcimento spettante.

Con unico motivo il ricorrente in via incidentale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 307 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che erroneamente non è stata nel caso dichiarata l’estinzione del giudizio, per non essere stata la causa dalla B. riassunta in primo grado nei confronti di "tutti i convenuti".

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.

Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere ì caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa, con – fra l’altro – l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito.

Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che il ricorso, almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonchè delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito e la sentenza impugnata (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998).

E’ cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v.

Cass., 4/6/1999, n. 5492).

Quanto al vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, va invero ribadito che esso si configura solamente quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (in particolare cfr.

Cass., 25/2/2004, n. 3803).

Tale vizio non consiste pertanto nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito (v. Cass., 14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322).

La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass., 27/4/2005, n. 8718).

Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dagli odierni ricorrenti.

Già sotto l’assorbente profilo dell’autosufficienza, va posto in rilievo come i medesimi facciano richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito es., all’"atto di citazione notificato il 18- 21.03.1998", alla sentenza di primo grado, all’atto di appello, alla comparsa della B., alla "pg. 6 della relazione di consulenza tecnica d’ufficio a firma del Dott. S.P.", alla CTU, alla "documentazione necessaria" consegnata al C.T.U., il ricorrente principale; agli atti del giudizio e in particolare alla notificazione dell’atto di riassunzione del giudizio di primo grado, il ricorrente in via incidentale limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

A tale stregua non pongono questa Corte nella condizione di effettuare il richiesto controllo (anche in ordine alla tempestività e decisività dei denunziati vizi), da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., l/2/1995, n. 1161).

Senza sottacersi che in base a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione dell’art. 115 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e non anche come nella specie denunziato in termini di violazione di legge, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.

Va per altro verso posto in rilievo che nel ricorso incidentale non risulta invero censurata la ratio decidendi posta nell’impugnata sentenza a sostegno del rigetto della censura concernente la mancata declaratoria di estinzione del giudizio di 1 grado (per non essere stato esso riassunto nei confronti di tutte le parti) in base alla quale, atteso che "nel prevedere che l’estinzione opera di diritto" dell’art. 307 c.p.c., u.c., "stabilisce che la stessa, per poter essere dichiarata, deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa", "nel caso portato all’attenzione della Corte, tale eccezione non risulta ritualmente formulata".

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dell’odierna ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., n. 4, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti in realtà sollecitano, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità dei ricorsi.

Attesa la reciproca soccombenza va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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