Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2011) 28-09-2011, n. 35113 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 2 novembre 2010, il Tribunale di Lecce, investito ex art. 309 cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame dell’indagato O.C., ha confermato quella emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, in data 4 ottobre 2010, limitatamente all’applicazione al ricorrente della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, per il reato di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (capo AI della rubrica provvisoria), ed altresì per alcuni episodi di acquisto ed illecita detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, contestati come commessi in provincia di (OMISSIS) (capo AP), in (OMISSIS) in data anteriore o prossima al (OMISSIS), (capo BB) in (OMISSIS) in data anteriore o prossima al (OMISSIS) (capo CB).

2. – Il Tribunale ha, in via preliminare, richiamato integralmente "il contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare" ed illustrato I "criteri di valutazione" degli elementi (indiziari) raccolti.

2.1 – Nel merito, ha rilevato:

– che dalle "operazioni tecniche" espletate (registrazioni di conversazioni tra presenti eseguite, soprattutto, all’interno dell’autovettura FIAT Punto in uso al coimputato R.V. e di cui nell’ordinanza si trascrivo i brani ritenuti più significativi, che In riferimento all’indagato – individuato con certezza dagli inquirenti, anche in forza di ascolti pregressi di conversazioni intercettate su utenze in uso allo stesso – si individuano in quelle n. 986, n. 2509 e n. 988 del 15 gennaio 2008, ed in quella n. 4232 del 19 marzo 2008), emergeva:

– l’esistenza di una organizzazione, stabile e continuativa, strutturata gerarchicamente e caratterizzata da una suddivisione di compiti, dedita al traffico illecito di sostanza stupefacente, composta tra gli altri: da R.V., figura apicale dell’associazione, il quale intratteneva "contatti personali e diretti" con fornitori calabresi ( F.V. e V. F., come desumibile anche da un controllo eseguito dall’Arma dei carabinieri in (OMISSIS)) e delle province di (OMISSIS), ed a cui faceva riferimento "una ampia "rete" di spacciatori, identificati solo in parte, operanti nella città di (OMISSIS); in posizione subordinata, da S.C., tratto in arresto il (OMISSIS) per detenzione di sostanza stupefacente;

da G.M. "(OMISSIS)", Sc.Gi., M.I., C.L. e P.N.; nonchè dallo stesso indagato, al quale, gli inquirenti, attribuivano, nell’ambito del sodalizio, "una posizione separata", nei senso che l’ O., oltre ad essere ripetutamente coinvolto – unitamente al R., al S. ed al G. – nelle operazioni di approvvigionamento della sostanza stupefacente, in più occasioni risultava aver eseguito, autonomamente,"forniture di sostanza stupefacente del tipo cocaina" al R. ed al S.;

– che l’interpretazione del contenuto delle intercettazioni compiuto nell’ordinanza cautelare doveva ritenersi corretta, al pari del giudizio espresso circa la effettiva configurabilità di una organizzazione criminale, nella quale ciascun partecipe ha piena consapevolezza dell’efficienza del contributo proprio e di quello degli altri sodali;

– l’emersione di una cooperazione organica e sinergica di tutti i partecipi in vista del perseguimento delle comuni finalità illecite e dell’espletamento delle attività esecutive: approvvigionamento dello stupefacente, destinazione dei proventi delle cessioni per l’acquisto di nuove partite, attività di distribuzione dello stupefacente fra i piccoli spacciatori, recupero delle somme dolute dagli spacciatori stessi, ripartizione dei proventi secondo criteri che sono comunque indicativi dell’esistenza di una cassa comune;

il tutto in un quadro di assoluta stabilità e permanenza della struttura associativa.

2. Ha proposto ricorso l’indagato, personalmente, il quale, anche attraverso motivi nuovi presentati in udienza dal suo difensore, chiede l’annullamento della ordinanza Impugnata denunziando:

– In ricorso e con i motivi nuovi, inosservanza o erronea applicazione della legge penale e contraddlttorletà della motivazione, con riferimento all’imputazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 non emergendo dal compendio indiziario alcun dato effettivamente dimostrativo della sussistenza degli elementi costituitivi della fattispecie, quali delineati dalla elaborazione giurisprudenziale (vincolo associativo a carattere permanente;

esistenza di un minimo di organizzazione a carattere stabile;

programma criminoso volto al compimento di una serie indeterminata di delitti) e, soprattutto, di un effettivo coinvolgimento del ricorrente nel sodalizio, ove si consideri che nella stessa ordinanza si riconosce che l’indagato si proponeva in modo "autonomo" rispetto agli altri asseriti partecipi del sodalizio e che il giudizio espresso sul punto dai giudici del riesame si fondava essenzialmente, su di una "interpretazione" delle conversazioni captate dalla polizia giudiziaria, priva di "elementi di riscontro certi ed inequivocabili";

– con i motivi nuovi, violazione di legge (sostanziale e processuale) e vizio di motivazione relativamente all’ammissibilità delle Intercettazioni telefoniche ed ambientali, con riferimento alla incongrua motivazione dei decreti autorizzativi che le disponevano, avuto riguardo alla sussistenza di effettive ragioni giustificatrici l’utilizzo di impianti esterni rispetto a quelli della Procura procedente ed alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso, che investe esclusivamente il reato associativo, è basato su motivi infondati e va quindi rigettato.

In relazione alle argomentazioni prospettate con i motivi nuovi, che nelle loro poliformi articolazioni denunciano la illegittimità dei decreti autorizzativi le intercettazioni telefoniche e ambientali perchè privi di adeguata motivazione (relativamente alla sussistenza di gravi indizi ed all’urgenza delle operazioni), occorre rilevare, preliminarmente, che le stesse propongono censure neppure dedotte in sede di riesame, senza considerare al riguardo, che in caso di provvedimento applicativo di misura cautelare personale basato sul risultato di intercettazioni telefoniche o ambientali, avverso il quale sia stata esperita la procedura di riesame conclusasi con la conferma di detto provvedimento, non è deducibile, per la prima volta, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso la decisione del Tribunale dei riesame, l’inutilizzabilltà delle suddette intercettazioni, quando si voglia farla derivare da un asserito difetto di motivazione, precedentemente mai denunciato come nel caso di specie è avvenuto, del decreto di autorizzazione (cfr.

Cass., Sez. 1, 12.11.1998, imp. Azzolina, RIV 212127; Cass., Sez. 1, 22.5.1998, imp. Brusaferri, RIV 211017; Sez. 5, Sentenza n. 39042 del 01/10/2008, imp. Samà, Rv. 242319).

2. – Quanto poi al motivo di impugnazione dedotto in ricorso, con cui si denuncia violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo, esso è destituito di fondamento.

L’iter argomentativo dell’ordinanza impugnata appare infatti esente dai vizi denunciati, essendo fondato su una compiuta e logica analisi critica degli elementi indizianti – solo sommariamente illustrati al paragrafo 1 dell’esposizione In fatto – e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, in quanto conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di O.C. in ordine al reato associativo a lui contestato, sol che si consideri, per un verso, che per quel che concerne le imputazioni per i delitti di cui ai capi AI, AP e BB, non risultano prospettate specifiche censure, e che l’associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 come da tempo precisato da questa Corte (in termini, Sez. 5, Sentenza n. 10077 del 23/09/1997 Ud. (dep. 10/11/1997, Rv. 208822, imp. Bruciati ed altri; Sez. 6, Sentenza n. 15740 del 18/03/2003, dep. il 3/04/2003, Rv. 226813, imp. Madaffari), "sussiste non solo nel caso di condotte parallele di persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto societario mediante il commercio di droga, ma anche nell’ipotesi del vincolo che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga agli acquirenti, che in via continuativa, la ricevono per immetterla al consumo. La diversità di scopo personale non essendo ostativa, infatti, alla realizzazione del fine comune, che è quello di sviluppare il commercio degli stupefacenti per conseguire sempre maggiori profitti. Nè l’associazione criminosa è esclusa dalla diversità dell’utile che i singoli partecipi si propongono di ricavare, o da un contrasto degli interessi economici di essi, posto che nè l’una, nè l’altro sono di ostacolo alla costituzione ed alla persistenza del vincolo associativo, sol che colui che opera come acquirente sia stabilmente disponibile a ricevere le sostanze, assumendo, così, una funzione continuativa, che trascende il significato negoziale delle singole operazioni, per costituire un elemento della complessa struttura che facilita lo svolgimento dell’Intera attività criminale. A tal riguardo, si è osservato, "ne deriva che è ben configurabile, fra venditori ed acquirenti di sostanze stupefacenti, l’associazione volta alla commissione di reati nella specifica materia", dovendosi qui ribadire, in particolare, con riferimento alla contestata partecipazione dell’Indagato al sodalizio criminale indicato nell’Imputazione cautelare, il principio, da tempo enunciato da questa Corte, secondo cui "in tema di reati associativi, gli elementi certi relativi alla partecipazione di determinati soggetti ai reati fine effettivamente realizzati possono essere influenti nel giudizio relativo all’esistenza del vincolo associativo e all’Inserimento dei soggetti nell’organizzazione, specie quando ricorrano elementi dimostrativi del tipo di criminalità, della struttura e delle caratteristiche dei singoli reati, nonchè delle modalità della loro esecuzione" (in tal senso, ex multis, Sez. 5, Sentenza n. 21919 del 04/05/2010, dep. l’8/06/2010, Rv. 247435, imp. Procopio).

Considerato, pertanto, che il giudizio svolto dal Tribunale attiene al grado di inferenza degli indizi e, quindi, all’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza ( art. 273 cod. proc. pen.) per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

3. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

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