Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-10-2011, n. 5669 Servizi precedenti valutati ai fini della carriera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I) Gli appelli, che ripropongono una questione identica, già affrontata più volte da questo Consiglio di Stato, possono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.

II) Essi concernono la questione del diritto del ricercatore confermato a seguito del superamento di un concorso riservato indetto ai sensi della legge n. 4 del 1999, a vedersi riconosciuto nella nuova qualifica il periodo di servizio reso nel ruolo tecnico, in applicazione dell’art. 103 d.P.R. n. n. n. 382 del 1981.

In proposito, è stato più volte osservato (per tutte, Consiglio di Stato, sez. VI, 9 dicembre 2010, n.8644 e 4494 del 2011) che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 2008, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 103, d.P.R,. citato, nella parte in cui, all’atto dell’immissione nella fascia dei ricercatori confermati, non riconosce il servizio prestato come tecnico laureato con almeno tre anni di attività di ricerca, la giurisprudenza ha avuto modo di considerare la posizione di figure professionali già appartenenti al ruolo tecnico, osservando che l’elencazione delle qualifiche contenuta nella norma appena richiamata deve considerarsi suscettibile di interpretazione logica, in relazione alla evoluzione che dette qualifiche subiscono nel tempo: con la conseguenza che la figura del funzionario tecnico deve considerarsi sostitutiva di quella del tecnico laureato e che le disposizioni originariamente previste per quest’ultima qualifica devono intendersi applicabili alla prima.

In questa prospettiva, che il Collegio condivide, è stato sottolineato (per tutte, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1398 del 2010 e n. 4988 del 2009) che il mero dato formale del "nomen" della qualifica rivestita non è idoneo, di per sé solo, a risolvere la questione della individuazione dei servizi che possono essere riconosciuti ai fini che ci occupano; proseguendo il discorso, va peraltro avvertito che, se da un lato non è legittimo arrestarsi alla diversità dei termini indicanti una medesima sostanza, dall’altro non può ritenersi consentito valorizzare l’appartenenza al ruolo tecnico per dedurre una sostanziale equiparazione tra figure che vi appartengono e, quindi, la riconoscibilità di tutti i servizi resi nella qualità di tecnico.

III) La discriminazione tra servizi riconoscibili e servizi non riconoscibili (e, prima, tra qualifiche che danno ingresso al relativo diritto), a giudizio del Collegio non può allora che essere condotta sulla base dell’equiparazione e dell’accorpamento tra le varie qualifiche e della descrizione del contenuto delle stesse, operati dal legislatore con d.P.C.M. 24 settembre 1981, emanato in attuazione degli artt. 79 e 80 della legge n. 312 del 1980. Tale decreto ha istituito la figura di funzionario tecnico mediante accorpamento di diverse precedenti posizioni lavorative, tra le quali quella di tecnico laureato, assegnandola all’ottava qualifica, "area funzionale tecnicoscientifica e sociosanitaria".

Se quindi si può concludere che la figura del funzionario tecnico ha sostituito quella del tecnico laureato, prevista nell’ordinamento previgente alla legge n. 312 del 1980, e che, quindi, il riconoscimento dei servizi prestati nella prima qualifica deriva dal diritto attribuito ai tecnici laureati dall’art. 103 d.P.R. n. n. n. 382 del 1980 nel testo risultante dalla nota sentenza della Corte Costituzionale, non altrettanto può dirsi con riferimento alla figura professionale del collaboratore tecnico, per la quale il d.P.C.M. 24 settembre 1981 prevede la settima qualifica.

IV) Assume allora rilevanza la considerazione che, al di là del nomen assegnato e del diverso livello di inquadramento, il d.P.C.M. citato enuclea un insieme di mansioni e compiti propri dei diversi profili dai quali è dato riscontrare la differenza del contenuto e del grado di professionalità delle mansioni proprie, rispettivamente, del tecnico laureato e del collaboratore tecnico.

Al primo profilo, accessibile solo con laurea specifica, appartengono, tra l’altro, astronomi, tecnici laureati, conservatori di musei, curatori di orti botanici, agronomi, ricercatori degli osservatori e tecnici che siano addetti a programmi di ricerca di base o finalizzata in grado di utilizzare con autonomia strumenti, tecniche e procedure, compiti di addetto a programmi di ricerca di base o finalizzata, nonché compiti organizzativi in rapporto a programmi sperimentali o a programmi di produzioni con responsabilità su operatori di qualifiche inferiori, mentre è proprio del secondo profilo lo svolgimento di funzioni tecniche di collaborazione, in particolare nei programmi di didattica e di ricerca.

A tale diversità di funzioni, che specificano, per il collaboratore, il ruolo appunto di collaborazione tecnica nella ricerca, di contro all’autonomia propria del tecnico laureato, deve essere ancorata la riconoscibilità o meno dei servizi prestati nel ruolo tecnico: la stessa Corte Costituzionale ha più volte affermato, infatti, che "il criterio funzionale è il solo idoneo a rendere omogeneo, sotto il denominatore comune delle funzioni, il trattamento economico del personale" e che "ad identità di funzioni non può che corrispondere pari trattamento economico" (C. Cost., 12 giugno 1991, n. 277), condividendo e legittimando quelle scelte di politica legislativa tese a razionalizzare ed uniformare situazioni ordinamentali formalmente distinte ma caratterizzate da omogeneità di funzioni (C. Cost., 17 marzo 1998, n. 63; 23 dicembre 1993, n. 455; Cons. Stato, sez. II, parere 22.11.2000, n. 921).

Del resto, la stessa equiparazione che ha condotto la Corte Costituzionale alla sentenza n. 191 del 2008 riposa sulla considerazione della sostanziale omogeneità, riconosciuta dalla legge n. 4 del 1999, dei compiti di ricerca affidati ai tecnici laureati (con tre anni di ricerca) rispetto a quelli propri del ricercatore, tale da rendere costituzionalmente non giustificato il diverso trattamento che la disposizione impugnata riservava ai tecnici laureati diventati ricercatori, rispetto a quello di cui godevano i tecnici laureati diventati professori. La stessa Corte ha però avvertito, nella medesima sentenza, che "le funzioni dei tecnici laureati – di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori – sono diverse da quelle dei ricercatori e ha più volte affermato, anche in epoca recente, che "nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane l’essenziale differenziazione tra le due categorie (ordinanze n. 160 del 2003 e nn. 262 e 94 del 2002)", e che "la previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze".

V) Se, quindi, l’omogeneità delle funzioni inerenti i compiti di ricerca costituisce la ratio della continuità tra i servizi considerati (e la conseguente parità di trattamento economico) del funzionario tecnico e del ricercatore, rimane confermata la sostanziale non equiparabilità tra le figure del collaboratore, anche laureato, e il funzionario, pur accomunate dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimanendo distinte le caratteristiche dei compiti propri di ciascuna di esse, con specifico riguardo al campo della ricerca.

In contrario non può essere valorizzata la circostanza che il contratto collettivo nazionale di lavoro 19982001 del comparto Università abbia stabilito per il personale dipendente inquadrato nella settima qualifica funzionale a seguito di concorso pubblico per l’accesso al quale era richiesto il diploma di laurea l’inquadramento nella categoria D, posizione economica D1, con consequenziale e sostanziale equiparazione tra ex funzionario tecnico ed ex collaboratore tecnico laureato.

Come ha infatti ricordato anche recentemente questo Consiglio di Stato (sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9389), sin dall’inizio l’ordinamento del personale del servizio sanitario nazionale ha tenuto ben distinti i collaboratori amministrativi dal restante personale laureato dei ruoli professionale, sanitario e tecnico, collocando con la legge di riforma n. 833 del 1978 e con il decreto delegato 20 dicembre 1979, n. 761 i collaboratori amministrativi ad un livello più basso del personale laureato degli altri ruoli.

Questa impostazione distintiva, per effetto della quale i collaboratori amministrativi erano inquadrati nei livelli VII e VIII, a seconda della posizione funzionale posseduta (collaboratore semplice e collaboratore coordinatore: v. All. 1 al citato decreto n. 761) è stata mantenuta costante nel corso delle varie tornate contrattuali compiute nel vigore della legge quadro n. 93 del 1983, ed è stata ritenuta ripetutamente legittima e non discriminatoria dalla giurisprudenza di questo Consiglio, non solo rispetto al restante personale laureato degli altri ruoli, collocato nei superiori livelli retributivo – funzionali, ma addirittura rispetto ad altre figure con titoli di studio equiparati o addirittura inferiori.

Così, ad esempio, si è ritenuta legittima la mancata attribuzione, da parte dell’art. 43 del d.P.R. n. n. 270 dell’87 (di recepimento del II° contratto collettivo ex lege quadro del 1983) dell’VIII livello ai collaboratori amministrativi di prima nomina a seguito di concorso, diversamente da quanto disposto per gli operatori professionali dirigenti, che le precedenti contrattazioni avevano posto a livelli inferiori o uguali (Cons. Stato, sez. IV, 5 novembre 2004, n. 7213).

A tale riguardo, il Consiglio ha ritenuto " non avere fondamento alcuno la censura " secondo la quale sarebbe stato illegittimo il fatto che i collaboratori amministrativi entrati in ruolo a seguito del superamento di un concorso indetto a norma dell’art. 138 del d.m. 30 gennaio1982, per partecipare al quale era necessario il possesso del diploma di laurea, fossero collocati dall’art. 43 del d.P.R. n. n. 270 del 1987 al VII livello, senza quindi nessun beneficio contrattuale rispetto all’art. 37 del precedente contratto recepito con d.P.R. n. 348 del1983, difformemente dagli operatori professionali dirigenti, collocati all’VIII livello dal medesimo d.P.R. n. n. 270, per i quali l’art. 73 del citato d.m. 30 gennaio1982 richiede(va), per la partecipazione al concorso, il diploma di scuola universitaria diretta a fini speciali di durata almeno biennale.

Non è, infatti, il solo titolo di studio elemento decisivo per contraddistinguere la qualifica funzionale, che è definita, oltre che dai requisiti culturali, dalla natura delle attribuzioni e dalle connesse responsabilità e comprende più profili professionali fondati sulla tipologia del lavoro svolto; per tali ragioni ai collaboratori amministrativi è stato mantenuto, dai contratti collettivi successivi e sino al 1998, il medesimo livello VII attribuito dal d.P.R. n. n. 348 del1983, poiché nella loro posizione non si rinvenivano siffatte attribuzioni, tali da giustificare lo slittamento di livello.

Le attribuzioni e i compiti dei collaboratori tecnici, secondo le originarie declaratorie, infatti, sono sempre rimasti limitati rispetto a quelli del personale inquadrato nella qualifica del funzionario tecnico: la circostanza, quindi, che il C.C.N.L. di comparto per il quadriennio 1998 – 2001 abbia riservato una diversa e migliore considerazione alla figura del collaboratore amministrativo, con il conseguente inquadramento di quest’ultimo, unitamente al personale laureato appartenente agli altri ruoli, nella nuova categoria D, è significativa di una mutata considerazione della figura professionale del collaboratore e della sua collocazione nella organizzazione dell’amministrazione, ma non può scolorire la minore contiguità delle relative mansioni rispetto ai compiti propri del ricercatore, contiguità che, come si è detto, ha costituito la ratio dell’equiparazione stabilita dalla Corte Costituzionale con la sentenza più volte citata.

In altre parole, la collocazione nella categoria D (comunque decorrente dal 1998, e non avente effetto per il pregresso periodo di servizio svolto nel ruolo dei collaboratori) è segno della pari rilevanza riconosciuta alle due figure tecniche, che infatti sono state entrambe ammesse dalla legge n. 4 del 1999 a partecipare ai concorsi riservati di cui è discorso, ma non vale a scolorirne la differenza quanto agli altri indici indicatori, né a rendere assimilabili le funzioni proprie del collaboratore tecnico rispetto a quelle proprie del ricercatore.

A tanto non vale neppure l’inquadramento nella VIII qualifica in forza della legge n. 21 del 23 gennaio1991, il cui art. 9 comma 2 prevede che il personale rivestente la qualifica settima e la posizione funzionale di collaboratore tecnico fornito di diploma di laurea sia inquadrato nella superiore qualifica, nei limiti del posti disponibili e fino ad esaurimento degli aventi diritto.

A prescindere dalle considerazioni che hanno condotto il Consiglio di Stato a ritenere che la norma abbia effetto soltanto nei confronti del personale in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge n. 21 del 1991, in quanto trattasi di norma eccezionale e, come tale, di stretta applicazione (sez. VI, 10 maggio 2010, n. 2793), vale sottolineare ancora una volta come i miglioramenti economici e di inquadramento non significano, automaticamente, attribuzione di nuove, più avanzate funzioni, in particolare uguali a quelle proprie degli altri profili inseriti nella medesima qualifica.

VI) E" del tutto legittimo, in conclusione, che solo il servizio reso nella qualifica di tecnico laureato (ora funzionario tecnico) possa essere considerato equivalente a quello del ricercatore, poiché per questa figura è, a differenza di quanto accade per il collaboratore tecnico, evidente dalla declaratoria sopra riportata la specifica attinenza allo svolgimento autonomo di compiti di ricerca e di sperimentazione, tale da legittimare la continuità della carriera nella nuova veste professionale assunta in esito al concorso riservato.

VII) Quanto alle ulteriori censure svolte dalla Università avverso le sentenze impugnate, relative alla decorrenza del termine annuale previsto per la presentazione della domanda di riconoscimento del servizio pregresso dall’art. 103 d.P.R. n. n. 382 del 1980 e alla prescrizione del relativo diritto, è sufficiente richiamare quanto stabilito da questo Consiglio di Stato nella sentenza della sesta sezione 27 luglio 2011, n. 4494 per ritenerle infondate: per le ragioni espresse in tale decisione, che il Collegio condivide, il termine suddetto non può, infatti, essere considerato perentorio, e la prescrizione alla quale è sottoposto l’esercizio del diritto deve, in mancanza di espressa diversa previsione, ritenersi quella generale di cui all’art. 2946 del codice civile.

VIII) In conclusione, data la diversità di posizione rivestita dai ricorrenti in primo grado, e secondo le indicazioni dagli stessi rappresentate, in particolare nella memoria depositata nell’imminenza della discussione all’odierna udienza (non smentite dall’Università appellante), gli appelli in esame devono essere accolti o respinti (con assorbimento dei profili non esaminati), a seconda che gli appellati provenissero dal ruolo dei collaboratori ovvero dei tecnici laureati, e, per questi ultimi, solo per il servizio svolto in tale qualifica.

Pertanto, vanno respinti gli appelli nn. 4371/11, 4338/11, 4366/11, 4339/11, 4358/11, 4348/11, 4345/11, 4340/11 4361/11, 4369/11, 4359/11, 4373/11, 4375/11, 4356/11, 4342/11; vanno respinti in parte e in parte accolti (in dipendenza dell’inquadramento nella qualifica di funzionario tecnico successivo all’entrata in ruolo quale collaboratore, e a far data dalla corrispondente data) gli appelli nn. 4341/11, 4363/11, 4365/11, 4344/11, 4372/11, 4351/11, 4353/11, 4368/11; vanno accolti gli appelli nn. 4350/11, 4347/11, 4346/11, 4354/11, con consequenziale conferma delle sentenze impugnate con il primo gruppo di appelli, parziale conferma e parziale riforma delle sentenze impugnate con il secondo gruppo e reiezione parziale dei ricorsi di primo grado, riforma delle sentenze impugnate e reiezione dei ricorsi di primo grado per il terzo gruppo.

Dato l’esito del giudizio, le spese di causa possono opportunamente essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, li riunisce e, per l’effetto, conferma le sentenze del Tar del Lazio nn. 3956/2010, 38581/2010, 39157/2010, 36743/2010, 39013/2010, 39012/2010, 39018/2010, 38577/2010, 39019/2010, 36749/2010, 39294/2010, 36789/2010, 36746/2010, 38584/2010, 38600/2010; conferma in parte e in parte riforma, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione, le sentenze del medesimo Tar nn. 36785/2010, 39014/2010, 39287/2010, 20/2011, 39017/2010, 36792/2010, 39016/2010, 39015/2010; riforma, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado, le sentenze del medesimo Tar nn. 36744/2010, 39155/2010, 36751/2010, 38858/2010

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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