Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2086

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4-11-2008 la Corte di appello di Roma ha respinto l’Impugnazione proposta da C.M. avverso la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di risarcimento danni da lesioni personali proposta nei confronti di C.U..

La Corte di appello ha ritenuto che il diritto al risarcimento del danno, conseguente a fatto costituente reato, era prescritto sul rilievo che il fatto lesivo era avvenuto nel (OMISSIS) e che il giudizio civile era iniziato il 9 dicembre 1998, a prescrizione maturata, e che la pendenza del giudizio penale non costituisce causa di sospensione della prescrizione.

Propone ricorso per cassazione C.M. con tre motivi.

Non presenta difese C.U..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., in relazione agli artt. 160 e 185 c.p.c..

Il ricorrente formula il seguente principio di diritto: non è ingiusto un processo civile che assolva dalle colpe e dai suoi effetti, oltre che rifondergli ingenti spese di difesa, un reo condannato, al quale la irragionevole lentezza dell’azione penale a monte abbia già elargito un proscioglimento per prescrizione lunga, soltanto perchè il giudice civile si sia sentito vincolato ad un termine prescrizionale breve di natura civilistica, interconnesso con il termine prescrizionale penale, assegnando rilievo alla prescrizione penale breve anzichè a quella lunga in effetti concessa al reo per quel reato doloso? 2. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c..

Viene formulato il seguente quesito di diritto; dica la Suprema Corte se risponda a criteri di giustizia che una parte ritenuta e dichiarata soccombente e costretta a pagare le spese tutte di difesa della controparte, in assenza di declaratoria di responsabilità per danni processuali, debba sopportare un aggravio di notula, parte derivante da falsa rappresentazione della realtà e parte derivante da arrotondamenti extra-tariffari in eccesso.

3. Con il terzo motivo si denunzia difetto di motivazione in relazione alla mancata compensazione delle spese.

Si formula il seguente quesito di diritto: risponde al novellato giusto processo un secco rifiuto di completare l’enunciazione giustificativa di una pur legittima domanda di compensazione del carico di spese processuali, allorquando la lite ha riguardato materia ed oggetto particolarmente peculiari e discutibili al punto che le Sezioni Unite hanno mutato nelle more il precedente specifico orientamenti con la sent. 27337-08? 4. I motivi sono inammissibili.

I motivi del ricorso, avverso sentenza pubblicata il 4-11-2008 e quindi soggetta alla disciplina dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, concernenti la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e difetto di motivazione non si concludono con la formulazione di un quesito di diritto ,e dell’omologo momento di sintesi per i vizi motivazionali, rispettosi della prescrizione dettata dal cit. art. 366 bis c.p.c..

Al riguardo, le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del Giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal Giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: in conclusione, l’ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione di un quesito, compiute) e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione (cfr.

Cass., sez. un., n. 28054 del 2008, cit; 26020 del 2008; n. 18759 del 2008; n. 3519 del 2008).

Anche la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 "deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità". 5. Nel caso di specie i quesiti di diritto ed il momento di sintesi non contengono l’affermazione di principi di diritto rispettosi dei suesposti criteri, ma piuttosto richiedono l’affermazione di generici principi che rimandano più a norme morali che giuridiche.

Inoltre i quesiti sono completamente astratti dalla decisione impugnata, senza alcun riferimento agli errori di diritto asseritamene compiuti dal giudice di appello e senza alcuna indicazione di un principio di diritto universalmente applicabile.

Nulla spese non essendosi difeso l’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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