Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-02-2012, n. 2084

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma, con sentenza del 22 aprile 2009, in riforma parziale della decisione di primo grado, ha condannato in solido F.M., R.A. e M. M. – proprietari di altrettante unità immobiliari del civico (OMISSIS), oltre che il Condominio di (OMISSIS), al risarcimento dei danni derivati da infiltrazioni di acqua nelle unità immobiliari n. 11 e 12 di D.P.D., al quale erano succeduti gli eredi B. e D.P.C., e di V.E., provvedendo in loro favore ed in favore di D. P.F., conduttore di uno degli immobili, alla liquidazione dei danni che invece il giudice di primo grado aveva disposto fosse effettuata in separata sede.

Propongono ricorso per cassazione V.E., D.P. B. e D.P.C. con un motivo illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Si difende con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

Si difende con controricorso M.M. e propone ricorso incidentale con sei motivi.

Non presentano difese gli altri intimati.

Motivi della decisione

Si dispone la riunione del ricorso principale ed incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Preliminare è l’esame del ricorso incidentale.

I primi tre motivi del ricorso incidentale si esaminano congiuntamente in quanto logicamente connessi.

1. Con il primo motivo viene denunziata violazione dell’art. 83 c.p.c., e nullità del procedimento e della sentenza di primo grado.

Sostiene la ricorrente che manca la procura al difensore per la costituzione degli eredi di D.P.D., deceduto nel corso del giudizio di primo grado, in quanto l’avv. Fabrizio de Marsi ha dichiarato di costituirsi per V.E., B. e D. P.C., senza depositare alcuna procura ad litem conferita dagli stessi.

2. Con il secondo motivo viene denunziata violazione dell’art. 300 c.p.c., in quanto, a seguito della dichiarazione del decesso di D.P.D. da parte del suo difensore ed alla mancata regolare costituzione degli eredi, il processo doveva essere interrotto, con i conseguente decorso del termine per la estinzione del giudizio.

3. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 83 c.p.c., per difetto di procura per l’appello incidentale proposto da V.E. e B. e D.P.C.. Sostiene la ricorrente che la Corte romana avrebbe dovuto rilevare che la delega apposta sulla citazione del 7 ottobre 1994 riguardava solo la V. in proprio e D.P.D. (poi deceduto) e D. P.F., mentre nessuna procura risultava rilasciata in appello da B. e d.P.C. e da V.E. nella qualità di eredi.

Donde la nullità della costituzione in appello e la improcedibilità dell’appello incidentale.

4. I tre motivi, che si fondano tutti sull’asserita mancata costituzione degli eredi di D.P.D. dopo la dichiarazione del suo decesso da parte del difensore, sono infondati.

Infatti, dall’esame degli atti (ammissibile in quanto è stato denunziato un errore del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4) risulta che la procura dagli eredi di D.P.D. è stata conferita all’avv. de Marsi in calce alla comparsa di costituzione degli stessi nel giudizio di primo grado in data 30/6/99.

Di conseguenza il giudizio è stato regolarmente proseguito da parte degli eredi di D.P.D. che hanno impedito la interruzione.

L’appello incidentale è stato validamente proposto dal difensore in base alla procura rilasciata in primo grado dagli eredi di D.P. D..

5. Con il quarto motivo si denunzia vizio di motivazione su un fatto decisivo individuato nel risarcimento del danno figurativo per l’appartamento int. 11. Sostiene la ricorrente che dalla lettura degli atti delle pregresse fasi di merito non risultava alcuna prova sulla perdita di disponibilità dello stesso che era stato sempre utilizzato come magazzino per biancheria destinata al commercio.

6. Il motivo è inammissibile.

Si osserva che sotto l’apparente denunzia di vizio di motivazione la ricorrente richiede a questa Corte un riesame del merito della controversia con una vantazione delle risultanze probatorie diversa da quella motivatamente fatta propria dai giudici di merito.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito (al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione).

7. Il giudice di appello ha ritenuto provata l’indisponibilità per mancato godimento dell’appartamento interno 11 per il periodo ottobre 1999 – gennaio 2001, rigettando l’analoga domanda per l’interno 12 di cui non era stata dimostrata la continua indisponibilità, sulla base delle relazioni dei vari c.t.u. susseguitesi nel tempo ed in particolare sulla base degli accertamenti contenuti nella relazione dell’ing. F..

Ha fissato la fine del periodo di indisponibilità al gennaio 2001, data nella quale l’immobile, per le stesse dichiarazioni della parte danneggiata, risultava completamente restaurato.

8. La ricorrente, senza formulare specifiche contestazioni alla consulenze tecniche e con riferimento ad atti del processo che non vengono neanche riportati integralmente, circostanza che costituisce ulteriore motivo di inammissibilità, richiede una valutazione del merito inammissibile nel giudizio di legittimità a fronte di una decisione fondata su relazioni di più consulenti di ufficio non analiticamente contestate.

9. Con il quinto motivo si denunzia la violazione art. 81 c.p.c., per difetto di legittimazione attiva di D.P.F. in ordine al risarcimento richiesto per unità int. 11.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: affermi la Suprema Corte che la carenza di legittimazione attiva è riscontrabile ogni qual volta dalla prospettazione negli atti di causa del diritto sostanziale sia rilevabile il difetto di potere di ottenere una decisione nel merito.

Affermi la Suprema Corte che sussiste difetto di legittimazione attiva in capo al soggetto che chiede la tutela giurisdizionale di un diritto rispetto al quale affermi la altrui titolarità. 10. Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto.

A norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis alla presente controversia, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo, Cass. Sez. U, sent. 11-03-2008 n. 6420. 11. Nel caso di specie il quesito non contiene alcun riferimento alla fattispecie concreta oggetto di giudizio e richiede a questa Corte, nella prima proposizione, di affermare genericamente la nozione di carenza di legittimazione attiva e, nella seconda proposizione, di affermare il principio tautologico che non può essere richiesta la tutela di un diritto di cui si affermi la titolarità in capo ad altro soggetto.

12. Con il sesto motivo di denunzia violazione dell’art. 2697 c.c..

Sostiene la ricorrente che non risultava dagli atti del giudizio di primo e secondo grado che fosse mai stata dedotta la impossibilità di utilizzare la unità sub. 11. La perdita di disponibilità del bene è un fatto costitutivo del danno e tale prova non era stata fornita dalle parti attrici.

Formula il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte che il danno derivante dalla perdita di disponibilità del bene necessita ex art. 2697 c.c., di rigorosa prova delle effettività indisponibilità del bene.

Dica la Suprema Corte che il risarcimento del danno figurativo nella misura del canone di locazione presuppone la prova in ordine alla perdita di godimento del bene.

Dica la Suprema Corte che la c.t.u. è strumento di ausilio del Giudice e non può essere utilizzati per supplire a carenze della domanda e al mancato adempimento dell’onere della prova.

13. Il motivo è inammissibile per astrattezza ed inadeguatezza del quesito di diritto enunciato.

Infatti non vi è alcuna congruenza del quesito con la decisione adottata e manca del tutto l’individuazione dei principi di diritto asseritamene erronei, adottati dai giudici di merito, e di quelli invece applicabili. Si richiede a questa Corte di affermare l’ovvio principio che il danno da perdita di disponibilità dell’immobile presuppone la prova dell’indisponibilità dell’immobile e genericamente di indicare la funzione della c.t.u..

Anche la risposta positiva a tali quesiti, per la loro assoluta astrattezza rispetto alla decisione adottata, non potrebbe portare alla risoluzione della controversia in senso positivo per i ricorrenti incidentali.

14. Con l’unico motivo del ricorso principale si denunzia difetto di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in relazione alla limitazione del danno da indisponibilità di immobile al periodo ottobre 1999 – gennaio 2001, anzichè dal settembre 1993 all’ottobre 2003. 15. Il motivo è inammissibile sia perchè privo del momento di sintesi sia perchè non autosufficiente.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che secondo l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008, 2697/2008).

Pertanto, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) "deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità" Cass. Sez.U. 18-6-2008 n. 16528. 16. Nel caso di specie il motivo è privo del momento di sintesi idoneo ad individuare il contenuto ed i limiti delle censure formulate alla decisione impugnata.

Inoltre non rispetta neanche il requisito dell’autosufficienza in quanto fa riferimento al contenuto di numerosi atti processuali, senza la riproduzione integrale degli stessi,in modo da non consentire l’esame della fondatezza delle cesure.

In considerazione dell’esito della lite e del rigetto di entrambe i ricorsi, si compensano le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa fra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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