Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-02-2012, n. 2065 Intermediazione finanziaria Valori mobiliari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione del 21 e 23.6.2005 P.E. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano la Banca Fideuram s.p.a. e M.A.L., quale promotore finanziario abilitato all’offerta fuori sede di servizi di investimento, per sentir dichiarare la nullità, l’annullabilità o la risoluzione per inadempimento dei contratti di acquisto di "bond" Cirio, stipulati nel (OMISSIS) con la banca convenuta a mezzo del M., e sentirli quindi condannare alla restituzione del capitale investito, pari a Euro 56.134,54, oltre al risarcimento del danno esistenziale e di quello conseguente alle occasioni di investimento perdute.

2. – Il Tribunale dichiarava la carenza di legittimazione passiva del M., accoglieva la domanda nei confronti della Fideuram, condannandola alla restituzione delle somme ricevute, mentre rigettava la richiesta risarcitoria.

3. – La Corte di Appello, adita in via principale dalla banca e in via incidentale dal P., riformava la decisione di primo grado, rigettando la domanda dell’originario attore.

In particolare il giudice del gravame rilevava: a) l’acquisto dei titoli in questione sarebbe intervenuto in esecuzione di contratti, che costituirebbero attuazione di un negozio "quadro" intervenuto fra il P. e Fideuram; b) contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, nella specie non sarebbe stato applicabile il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, non potendo essere ricompresa l’operazione oggetto di esame nell’ambito della nozione del collocamento di strumenti finanziari ivi disciplinata; c) sarebbe insussistente il denunciato difetto di forma, consistente nell’avvenuta sottoscrizione in bianco dei fogli d’ordine che avevano dato causa all’acquisto dei titoli; d) sarebbero altresì insussistenti gli ulteriori vizi comportamentali segnalati, individuati nell’inosservanza dell’obbligo di trasparenza, nell’effettuazione di offerta di titoli riservati ad investitori istituzionali, nella rischiosità dei prodotti negoziati, risultando al contrario provato il corretto comportamento dei dipendenti della banca.

4. – Avverso la decisione P. proponeva ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui resisteva con controricorso la Banca Fideuram.

Entrambe le parti depositavano infine memoria.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 20.1.2011.

Motivi della decisione

5. – Con i motivi di impugnazione P. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, commi 6 e 7, art. 1418 c.c., per il fatto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, gli ordini di acquisto in questione sarebbero configurabili come proposte contrattuali di mandato;

2) violazione del medesimo art. 30, commi 9 e 7, in quanto, trattandosi di prodotti finanziari non bancari, si applicherebbe comunque il disposto del citato art. 30;

3) violazione del detto art. 30, commi 6 e 7, e art. 12 preleggi, poichè sia il sopra richiamato comma 9 dell’art. 30, che l’interpretazione sistematica delle disposizioni in esame, deporrebbero nel senso che il legislatore avrebbe attribuito alle dizioni "contratti di collocamento" e "servizi di collocamento" formulate nell’art. 30 un significato atecnico, che renderebbe applicabile nel caso di specie l’obbligo di dare comunicazione all’investitore della facoltà di recesso, a pena di nullità dell’accordo;

4) violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’affermato rispetto della forma prescritta per l’operazione posta in essere e alla carenza di informazione che sarebbe derivata dall’avvenuta sottoscrizione di fogli in bianco.

La sentenza sarebbe infatti errata, sia per la mancata corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (atteso che la domanda non era stata proposta sotto il profilo della falsità dello scritto, ma sotto quello della mancanza di tutti gli elementi essenziali del contratto), che per la disinformazione che da detta incompleta rappresentazione sarebbe derivata;

5) violazione di legge e vizio di motivazione, nella parte in cui era stata negata la negligenza degli operatori bancari, ravvisata da esso ricorrente "nell’omessa segnalazione della inadeguatezza degli acquisti per dimensione, mancanza di rating, decozione dell’emittente".

In particolare l’intermediario avrebbe l’obbligo di informare l’investitore non solo dell’inadeguatezza dell’operazione, ma anche delle ragioni che la renderebbero tale, informativa che viceversa sarebbe stata omessa.

La banca poi risponderebbe comunque dell’operato del proprio collaboratore, sotto il duplice aspetto della mancata formazione ovvero del negligente comportamento da questi osservato;

6) violazione di legge e vizio di motivazione, per quanto riguarda la rilevanza accorciata alla dichiarata consegna del documento sui rischi generali degli investimenti, consegna della quale non vi sarebbe prova.

In ogni modo la consegna di tale documento, avente ad oggetto la rappresentazione di rischi generici, non avrebbe esonerato la banca dall’osservanza dei doveri informativi specifici;

7) violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, in ordine al mancato esame della vendita durante il periodo di "grey market" e di "altre circostanze dedotte da questa difesa".

Gli acquisti di titoli effettuati nel primo periodo dell’offerta compresa fra la data di lancio dell’operazione e quella di primo regolamento (ipotesi ravvisata nel caso in esame) sarebbero nulli, e la negoziazione avvenuta in tale periodo determinerebbe anche effetti risarcitori.

Per di più la banca avrebbe operato in una situazione non dichiarata di conflitto di interessi, in ragione dell’avvenuta vendita dei titoli nel periodo di "grey market" e degli intercorsi rapporti di finanziamento.

6. a) – I primi tre motivi di impugnazione pongono sotto diverse angolazioni la medesima questione relativa all’applicabilità o meno del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, commi 6 e 7 al caso di specie, e devono pertanto essere esaminati congiuntamente, stante la connessione fra essi esistente.

Più precisamente, il citato art. 30 disciplina l’offerta fuori sede di strumenti finanziari e di servizi e attività di investimento, prevedendo in particolare, per la parte di interesse, la sospensione per la durata di sette giorni dell’efficacia dei contratti di collocamento o di gestione di portafogli individuali eventualmente conclusi (comma 6), nonchè la nullità del relativo negozio traslativo, nell’ipotesi di omessa comunicazione all’investitore del suo diritto di avvalersi della facoltà di recesso, nell’arco temporale di sette giorni entro il quale l’efficacia del negozio rimane sospesa (comma 7).

Rilevano poi, ai fini di interesse in questa sede, il primo ed il comma 9 dell’articolo in questione. Il primo, infatti, offre una definizione dell’offerta fuori sede, segnatamente stabilendo che per essa devono intendersi la promozione ed il collocamento presso il pubblico: a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale di colui che opera per sollecitare l’investimento; b) di servizi ed attività di investimento in luogo diverso dalla sede di colui agisce per la realizzazione del servizio o dell’attività; il nono precisa infine che l’intero articolo (e pertanto anche i sopra richiamati commi 6 e 7) si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari, oltre che a quelli emessi da imprese assicurative.

6. b) – Il problema sottoposto all’attenzione del Collegio riguarda dunque la correttezza del giudizio formulato dal giudice del merito in ordine alla qualificazione dell’operazione per la quale è sorta controversia, e segnatamente consiste nello stabilire se, con riferimento alla detta qualificazione, sia o meno condivisibile l’affermata inapplicabilità della disciplina dettata dal citato art. 30 alla fattispecie oggetto di esame. In proposito va osservato che la Corte di Appello, con statuizione incontestata, ha innanzitutto rilevato l’estraneità alla materia del contendere della fattispecie relativa alla gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede (art. 30, comma 1, lett. b), circostanza da cui discende che l’ipotesi normativa da prendere in considerazione è esclusivamente quella concernente il collocamento di strumenti finanziari di cui alìart. 30, comma 1, lett. a).

6. c) – Nel merito ha poi ritenuto che l’interpretazione "della normativa primaria e secondaria di riferimento" dovesse indurre ad escluderne l’applicabilità ai contratti di acquisto di "bond" Cirio stipulati con la banca intermediaria, dei quali nel presente giudizio è stata invocata la nullità.

In punto di fatto va premesso che la Corte territoriale ha configurato i detti contratti come negozi attuativi di un atto quadro sottoscritto dalla banca Fideuram e dall’investitore P. in data (OMISSIS), per effetto del quale l’istituto di credito si sarebbe assunto l’incarico di ricevere gli ordini dell’investitore relativi ai valori mobiliari, e di dare quindi corso alle conseguenti negoziazioni e sottoscrizioni.

Il connotato saliente del richiamato accordo del (OMISSIS) sarebbe poi individuabile nella predeterminazione del contenuto per uno solo dei contraenti, vale a dire la banca obbligatasi allo svolgimento dell’attività sopra indicata, essendo viceversa libero l’investitore "di attivare l’obbligo di fare della controparte attraverso la sottoscrizione di ordini". Alla luce della ricostruzione ora delineata la Corte di Appello ha quindi ritenuto che non fosse riscontrabile nel caso in esame un servizio di collocamento, essendo questo caratterizzato da un accordo tra l’emittente (o l’offerente) e l’intermediario collocatore, finalizzato all’offerta ad un pubblico indeterminato di strumenti finanziari, emessi a condizioni di tempo e prezzo predeterminati.

Al contrario nella specie l’evocazione in giudizio della Fideuram sarebbe intervenuta per effetto di contratto di negoziazione accedente ad un deposito titoli per custodia ed amministrazione, e quindi sulla base di accordo stipulato dall’investitore con soggetto determinato e a condizioni non predeterminate, condizioni che varrebbero ad escludere, anche in via del tutto astratta ed ipotetica, la stessa configurabilità di un servizio di collocamento.

7. a) – Osserva il Collegio che l’interpretazione della Corte di Appello risulta corretta e che il relativo giudizio deve essere quindi condiviso. Ed infatti depone innanzitutto nel senso indicato il dato testuale della normativa oggetto di esame. Al riguardo è stato già evidenziato come nel D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, comma 1 il legislatore abbia puntualmente delineato la nozione dell’offerta fuori sede, stabilendo che per essa deve intendersi la promozione ed il collocamento presso il pubblico di strumenti finanziari (lett. a) e di servizi e attività di investimento (lett. b), in luogo diverso dalle sedi proprie degli operatori proponenti intervenuti.

L’art. 1 del medesimo provvedimento normativo chiarisce poi cosa debba intendersi per strumenti finanziari (punto 2) e per servizi e attività di investimento (punto 5), elencando con precisione analitica le diverse ipotesi da ricomprendere nella due diverse categorie di atti e di comportamenti, sinteticamente rappresentati, rispettivamente, con le due distinte nozioni di strumenti e di servizi.

L’art. 30, comma 6 prescrive infine la sospensione di efficacia dei contratti conclusi fuori sede per la durata di sette giorni (decorrenti dalla sottoscrizione dell’investitore), entro i quali questi può esercitare il diritto di recesso, limitandolo però a quelli di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali.

E’ di tutta evidenza, dunque, come non vi sia coincidenza fra la definizione dell’offerta fuori sede, quale formalizzata dal legislatore nell’art. 30, comma 1, e l’ambito di esercizio del diritto di recesso riconosciuto dal comma 6 del medesimo articolo.

Tale diritto è stato infatti stabilito per i contratti di collocamento di strumenti finanziari conclusi fuori sede (con esclusione pertanto di quelli soltanto promossi fuori sede, che viceversa rientrano nella previsione di cui al comma 1, lett. a), nonchè limitatamente a quella parte dei servizi di investimento che riguarda la gestione di portafogli individuali e quindi, conclusivamente, in termini più contenuti e circoscritti rispetto alla fattispecie dell’offerta fuori sede delineata nel primo comma dell’art. 30.

Ma al di là del dato testuale, che depone inequivocabilmente nel senso ora delineato, vi è un’ulteriore considerazione che induce a ritenere che il legislatore abbia deliberatamente inteso circoscrivere l’esercizio del diritto di recesso a peculiari ipotesi specificamente determinate, e non già con riferimento ad una generica attività di collocamento fuori sede.

Induce invero alla detta conclusione la circostanza che il legislatore abbia direttamente richiamato nel sesto comma solo parte del contenuto del comma 1, operando viceversa una modificazione per il rimanente. L’analiticità di una disciplina contenuta nel medesimo articolo, con prescrizioni solo in parte sovrapponibili, consente dunque di escludere che la diversità del richiamo possa essere ricondotto a refusi o a imprecisioni terminologiche, e denota piuttosto la peculiarità dell’intento perseguito con la formulazione della disposizione in esame.

D’altra parte conferma indiretta della specificità del riferimento al servizio di collocamento sì trae pure dalla disposto del D.Lgs. n. 58, art. 1, comma 5, che, nel ricomprendere tra i servizi di investimento distinte attività di negoziazione ("Le imprese di investimento possono procedere all’offerta fuori sede di prodotti diversi dagli strumenti finanziari e dai servizi e attività d’investimento…"), implicitamente presuppone sia la diversità di quest’ultima rispetto al collocamento, sia l’attenzione posta dal legislatore nella individuazione delle distinte fattispecie da sottoporre ad una comune disciplina.

7. b) – Se pertanto il dato testuale conforta l’interpretazione della normativa offerta dalla Corte di Appello, ad identiche conclusioni deve pervenirsi in relazione alla "ratio" ispiratrice della disposizione di cui all’art. 30, comma 6, che riconosce all’investitore il diritto di recesso.

Tale disposizione non costituisce una novità nel nostro ordinamento, essendo stata preceduta dai diversi interventi normativi succedutisi nel tempo, disciplinanti, con prescrizioni sul punto non sempre coincidenti, la distribuzione fuori sede di prodotti finanziari (si intende segnatamente fare riferimento alla L. 23 giugno 1974, n. 216, alla L. 23 marzo 1983, n. 77, alla L. 2 gennaio 1991, n. 1, al D.Lgs. n. 415 del 1996).

In ogni modo ai fini che interessano in questa sede occorre evidenziare come sia stata cura del legislatore, nel disciplinare l’offerta di prodotti finanziari, di offrire una più ampia tutela, nell’ambito dei soggetti investitori, a quella parte di essi che avessero definito l’investimento in prodotti finanziari non già recandosi presso la sede dell’offerente, ma al contrario per essere stati da questo raggiunti all’esterno dei luoghi di pertinenza del proponente.

Il motivo della detta distinzione fra le due diverse categorie di investitori è intuitivamente apprezzabile, ed è all’evidenza individuabile nel fatto che colui che si reca presso l’offerente con l’obiettivo di impiegare un risparmio ha maturato una propria convinta determinazione circa l’utilità dell’iniziativa adottata, determinazione viceversa non necessariamente sussistente – o quanto meno non sempre sorretta da adeguate certezze – per effetto della subita iniziativa da parte del venditore.

Con la sospensione, per l’investitore, dell’efficacia della vendita per un arco temporale di sette giorni il legislatore ha dunque ritenuto di poter correggere le eventuali distorsioni negoziali derivanti dall’eventuale effetto "sorpresa" subito dall’acquirente e di assicurare, quindi, un corretto equilibrio fra le posizioni dei due contraenti. Da quanto sinora esposto discende dunque che, in tanto può trovare ragionevole applicazione la disciplina dello "ius poenitendi", in quanto si sia verificata una situazione in cui il risparmiatore sia stato esposto al rischio di assumere iniziative e prendere decisioni poco meditate. In punto di fatto la Corte di Appello, con ricostruzione non contrastata sotto questo riflesso, ha escluso che nel caso in esame fosse ravvisabile l’ipotesi sopra delineata, avendo collegato l’acquisto dei titoli da parte del P. alla preesistenza di un precedente rapporto intercorso fra le stesse parti, vale a dire ad un negozio quadro sostanzialmente assimilabile (per l’aspetto dell’accordo che rileva in questa sede) ad un contratto di mandato. Il fatto quindi che l’acquisto dei titoli non sia avvenuto per iniziativa dell’offerente, ma a seguito di un precedente accordo di carattere generale fra l’investitore ed il soggetto delegato per la definizione negoziale, comporta che nella specie sia ravvisabile una ipotesi di negoziazione, così come ritenuto dalla Corte di Appello, e non una ipotesi di collocamento, come sostenuto dal ricorrente.

7. c) – Tale conclusione, d’altro canto è in linea con le indicazioni fornite al riguardo in via generale dalla Consob.

Ed infatti con comunicazione del 9.7.97 detto ente ha precisato che il servizio di collocamento è caratterizzato da un accordo tra emittente (o offerente) e collocatore, finalizzato all’offerta al pubblico di strumenti finanziari a condizioni di tempo e prezzo predeterminate, precisazione poi ulteriormente confortata dall’art. 35 del Regolamento n. 11522, secondo il quale nel prestare il servizio di collocamento gli intermediari si attengono alle disposizioni dell’offerente, al fine di assicurare l’uniformità delle procedure di offerta.

7. d) – Infine la prospettata interpretazione dell’art. 30, comma 6 trova ulteriore conforto anche per due ulteriori ordini di ragioni.

Innanzitutto in considerazione del disposto del comma 6 dell’articolo in questione, che esclude la configurabilità dell’offerta fuori sede (pur nella sussistenza delle condizioni indicate nel comma 1) quando questa sia stata effettuata nei confronti di clienti professionali, così confermando l’intento di tutela dell’investitore dal rischio di assumere iniziative poco meditate, non essendo all’evidenza ravvisabile detto rischio nel caso di offerta ad operatore di peculiare competenza, in quanto tale non esposto al rischio di decisioni affrettate ed indotte dalle subite iniziative dell’altro contraente. Inoltre, in ragione dell’esigenza di privilegiare una interpretazione che tenga conto degli effetti eccezionali della disposizione (l’efficacia dell’accordo è infatti sospesa ex lege per la durata di sette giorni, termine entro il quale l’investitore può esercitare il diritto di recesso) e dei riflessi che la stessa è potenzialmente idonea a determinare. Sotto tale aspetto si intende evidenziare come il riconoscimento del diritto di recesso anche nel caso di negoziazione significherebbe consentire all’investitore, al di fuori delle sopra indicate ragioni che hanno indotto alla formulazione della disposizione, di beneficiare del differimento del termine iniziale di decorrenza del negozio in funzione dell’eventuale esercizio del detto diritto (fra l’altro non riconosciuto all’altro contraente), esercizio che, nel caso di preventivo mandato in favore dell’intermediario per la conclusione di negozi alle condizioni più favorevoli, ben potrebbe essere sollecitato anche da motivi di interesse economico, quali quelli determinati dalla possibilità di concludere acquisti di maggiore convenienza, per effetto di mutate situazioni di mercato.

8. – L’inapplicabilità della disciplina relativa al diritto di recesso all’ipotesi oggetto di esame determina dunque l’infondatezza dei primi tre motivi di ricorso, rispetto ai quali giova comunque precisare che è priva di pregio la doglianza formulata con il primo motivo, secondo cui nella specie gli acquisti dei titoli non sarebbero stati effettuati in esecuzione di un pregresso atto quadro, ma sarebbero stati invece conclusi in relazione a singole ed autonome proposte contrattuali di mandato.

Al riguardo è infatti sufficiente rilevare che la Corte di Appello, cui era stata sottoposta identica questione, ha specificamente motivato sul punto con specifiche argomentazioni che non sono state oggetto di censura.

Ad identiche conclusioni deve poi pervenirsi per quanto concerne il secondo motivo, con il quale è stata invocata l’applicabilità dell’art. 30, comma 9, per il quale la disciplina dettata in tale articolo si applicherebbe anche ai prodotti finanziari diversi da quelli indicati nell’art. 100, comma 1, lett. f), nel cui ambito non sarebbero annoverabili quelli oggetto della contestata transazione.

Anche nell’ipotesi indicata, infatti, l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 30 presuppone la configurabilità di una offerta fuori sede, sicchè, una volta escluso che sia stata posta in essere quest’ultima, ne discende automaticamente l’inconsistenza della relativa richiesta. Il terzo motivo affronta infine diffusamente la questione concernente l’interpretazione dell’art. 30, con riferimento alle dizioni "contratti e servizi di collocamento", questione già affrontata nella precedente esposizione alle cui argomentazioni quindi si rinvia.

9. – Passando poi all’esame delle ulteriori doglianze formulate, si rileva che è infondato il quarto motivo. Al riguardo va precisato che il ricorrente ha lamentato l’errata interpretazione della domanda da parte della Corte di Appello.

Il vizio denunciato sarebbe infatti consistito nell’incompletezza del contratto, derivante dalla mancata allegazione degli elementi che sarebbero stati viceversa necessari ai fini della sua corretta conclusione, oltre che nell’inesatta informativa che la detta carenza avrebbe comportato.

Il giudice del merito, tuttavia, aveva escluso l’ammissibilità della proposta querela di falso dedotta sotto il profilo dell’abusivo riempimento di fogli in bianco – per tardività ed aveva poi ritenuto che l’odierno ricorrente non avesse dato prova nè della violazione dell’accordo di riempimento, nè del contenuto di questo.

Avrebbe dunque equivocato sul contenuto della censura, decidendo su questione che in realtà non sarebbe stata mai prospettata ed ignorando inoltre il profilo relativo alla carenza del requisito della forma scritta.

Il rilievo appare inconsistente.

Ed infatti la Corte di Appello, contrariamente a quanto sostenuto, non ha ignorato la questione relativa alla forma del contratto, ma ha piuttosto osservato che il difetto di forma era stato collegato all’assunto concernente il preteso rilascio di fogli d’ordine sottoscritti in bianco, che sarebbero stati poi riempiti con un contenuto contrastante con quello precedentemente concordato.

Secondo la Corte di Appello, tuttavia, il ricorrente non avrebbe dato dimostrazione dell’illegittimo riempimento, e da ciò sarebbe pertanto derivata l’infondatezza della proposta impugnazione. A fronte dunque della detta motivazione, che fra l’altro implicitamente presuppone la conoscenza del relativo contenuto da parte del P., questi si è limitato a riproporre le questioni di merito già rappresentate, senza alcuna specifica indicazione (al di là del manifestato dissenso sul piano del merito) in ordine alle ragioni per le quali la decisione contestata sarebbe errata e per di più senza la riproduzione delle doglianze formulate con i motivi di appello che il giudice del gravame avrebbe male interpretato, circostanza questa che rende il motivo di censura viziato anche sul piano dell’autosufficienza.

10. – Il quinto ed il sesto motivo devono essere esaminati congiuntamente, essendo entrambi attinenti a pretesi vizi di informazione circa le caratteristiche dell’operazione (segnatamente, quanto al quinto, per la dimensione degli acquisti, mancanza di rating, le condizioni di decozione dell’emittente, e, quanto al sesto, per la valenza attribuita al documento sui rischi generali degli investimenti), e sono infondati. Al riguardo occorre innanzitutto precisare che la Corte di Appello ha affermato esservi prova dell’avvenuta consegna al ricorrente del documento sui rischi generali degli investimenti (p. 17), ed il punto non è stato contestato (se non in termini ipotetici, di assoluta genericità).

Quanto all’obbligo, per l’intermediario, di astenersi dal compiere operazioni non adeguate, il giudice del merito ne ha ritenuto l’avvenuta osservanza sulla base della duplice considerazione: a) che l’investitore acquirente avrebbe richiesto di dare comunque corso all’operazione programmata; b) che il giudizio di inadeguatezza dell’operazione sarebbe stato in ogni modo formulato nel momento in cui la situazione venutasi a creare lo aveva richiesto, e cioè quando l’acquisto dei titoli Cirio aveva superato in termini percentuali la soglia del 15% del capitale complessivamente investito.

Infine, lo stesso giudice aveva poi rilevato nel pacchetto titoli del P. la presenza di "prodotti di rischiosità analoga (se non superiore) a quelli di Cirio bond" (p. 18), circostanza questa sintomatica della propensione al rischio del ricorrente il quale, anzichè essere inesperto, aveva in precedenza già acquistato "prodotti finanziari niente affatto privi di rischi" (p. 19).

Si tratta dunque di valutazione di merito sufficientemente motivata, sorretta da argomentazioni non viziate sul piano logico, per ciò sottratte al sindacato del giudice di legittimità. 11. – E’ insussistente infine il vizio di omessa pronuncia, denunciato con il settimo motivo di ricorso (unitamente a quello di vizio di motivazione sul punto), poichè i rilievi risultano assorbiti dal contenuto della decisione adottata, come d’altra parte ha espressamente rilevato la stessa Corte territoriale, nell’affrontare l’esame dei profili sottoposti alìattenzione di questa Corte con il motivo oggetto di esame (p. 19).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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