Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-09-2011) 29-09-2011, n. 35394 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip di Brindisi, con provvedimento 13-1-2011, rigettava la richiesta del PM di sequestro preventivo delle celle del primo piano del Reparto "Alta Sorveglianza" della Casa Circondariale di Brindisi – n una delle quali, il 6-8-2010, si era suicidato mediante impiccagione il detenuto H.M.-, ritenendo l’insussistenza del fumus del reato di cui all’art. 580 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio), ipotizzato a carico di ignoti.

A seguito di appello ex art. 322 bis c.p.p. del PM, il tribunale del riesame di Brindisi in data 8-2-2011, disponeva il chiesto sequestro ritenendo la sussistenza sia del fumus che di esigenze di cautela (in particolare sovraffollamento della popolazione carceraria, inadeguatezza strutturale delle celle di quel reparto, insufficienza numerica del personale dipendente a garantire l’incolumità dei detenuti).

Hanno proposto ricorso avverso tale ordinanza, qualificandola abnorme in quanto provvedimento di amministrazione attiva, tra l’altro privo delle necessarie misure organizzative e finanziarie, il Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- e la direzione della casa circondariale di Brindisi, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, che deduce due motivi.

1) Esercizio da parte del giudice di potestà riservata agli organi esecutivi e vizio di motivazione. Poichè la gestione degli stabilimenti di pena costituisce funzione propria del potere esecutivo, il giudice, disponendo il sequestro, ha esercitato un potere che non gli spetta, essendo di competenza dell’esecutivo trovare le soluzioni ai problemi di sovraffollamento delle carceri.

Inoltre la motivazione a sostegno delle esigenze di cautela è insufficiente e contraddittoria. Infatti il sovraffollamento della popolazione carceraria è fatto diffuso e non limitato alla casa circondariale di Brindisi, e comunque la chiusura di un reparto aggrava la situazione degli altri reparti o di altre carceri, in caso di trasferimento dei detenuti già ospitati nel reparto oggetto del sequestro. Quanto all’inadeguatezza strutturale delle celle, essa non è integrata da nessuna delle situazioni emergenti dall’ordinanza.

Infatti l’impossibilità di sorvegliare dall’esterno il detenuto che si trovi nel bagno, risponde ad esigenze di riservatezza, mentre in ogni cella è possibile trovare appigli per un suicidio mediante impiccagione (nella specie era stato utilizzato il tubo di scarico del water). Contraddittoriamente, poi, il tribunale ha correlato le esigenze di cautela all’insufficienza numerica del personale, in quanto la chiusura del reparto non muta il rapporto tra popolazione carceraria e personale di custodia nella casa circondariale di Brindisi, o lo aggraverebbe in altre carceri in caso di trasferimento dei detenuti.

2) Violazione dell’art. 321 c.p.p., per insussistenza del periculum in mora in quanto il provvedimento, lungi dal prevenire il pericolo di reiterazione del reato, lo favorisce comportando la dislocazione negli stessi reparti dei detenuti comuni e di quelli già ospitati nel reparto di alta sicurezza. Inoltre non ricorre la funzionalità della cosa rispetto al reato essendo il rapporto tra la prima ed il secondo meramente occasionale.

Il 14-9-2011 l’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria con cui, oltre a ribadire che la misura, lungi dal prevenire altri reati, avrebbe l’effetto contrario perchè aumenterebbe le difficoltà di gestione dei detenuti, ribadisce pure l’occasionante della collocazione del detenuto morto suicida in quel reparto (mentre abitualmente i detenuti a rischio vengono collocati altrove), escludendo quindi la funzionalità del reparto stesso alla reiterazione del reato ed evidenziando come semmai avrebbero potuto individuarsi come cose pertinenti al reato gli arredi e i capi di abbigliamento impiegabili nel suicidio. Sotto il versante dell’elemento psicologico, si sottolinea l’assenza del fumus delicti, non essendo sufficiente a configurare il reato il dolo eventuale, peraltro nemmeno provato.

Motivi della decisione

Nella specie, mentre non può escludersi la sussistenza del fumus delicti, ad integrare il quale è sufficiente la sussumibilità degli elementi rappresentati nell’ipotesi di reato delineata, l’ordinanza oggetto di gravame merita censura sotto il profilo della ritenuta sussistenza del periculum in mora.

Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale di questa corte, la previsione dell’art. 321 c.p.p., riconosce al giudice il potere di disporre il sequestro preventivo quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze, ovvero agevolare la commissione di altri reati. Il pericolo deve essere inteso in senso oggettivo, come probabilità di danno futuro, e presentare i caratteri della concretezza ed attualità. Tale requisito richiede che il bene oggetto della misura abbia un’intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, ovvero a quelli di cui si paventa la realizzazione, in modo che l’individuato legame non sia meramente occasionale ed episodico. La presenza di tale pericolo, motivata dal tribunale di Brindisi con il noto sovraffollamento della popolazione carceraria all’interno di quella casa circondariale, con l’insufficienza numerica del personale dipendente a garantire la vita e l’incolumità dei detenuti, e con l’inadeguatezza strutturale delle celle, oggetto di sequestro, alle esigenze di tutela della sicurezza di questi ultimi, non è nella specie ravvisabile.

Invero degli elementi indicati a sostegno, il primo e il secondo si attagliano alla casa circondariale di Brindisi in generale – come del reato alla gran parte delle carceri italiane -, ma non specificamente alle celle oggetto di cautela reale.

Il terzo, quello dell’inadeguatezza strutturale delle celle sequestrate alla sicurezza dei detenuti, fa leva sulla impossibilità di sorveglianza dall’esterno di chi vi è ospitato, per la presenza di una zona cieca, quella destinata a bagno (dove H. si era tolto la vita legandosi con una maglietta al tubo di scarico del water). Ma, sotto tale profilo, essendo meritevole di tutela l’esigenza di privacy dei detenuti, non è configurabile una inadeguatezza delle celle in sè, e quindi l’attualità e concretezza del periculum in mora.

Del resto, anche a condividere l’assunto del tribunale, l’apposizione del vincolo non risulterebbe comunque idonea a prevenire ulteriori condotte delittuose, non essendo atta a garantire la soluzione dei problemi della struttura (e determinando anzi ricadute negative, che l’Avvocatura dello Stato non ha mancato di evidenziare, sulla funzionalità complessiva di essa), mentre la libera disponibilità del bene potrebbe in ipotesi consentire l’esecuzione di lavori necessari a rimuovere l’eventuale situazione di degrado.

P.Q.M.

La Corte annulla il provvedimento impugnato senza rinvio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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