Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-02-2012, n. 2285 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Banca Intesa s.p.a. (già Banco Ambrosiano Veneto s.p.a.)ed Intesa Gestione Crediti s.p.a. (già Cassa di Risparmio Salernitana s.p.a.),cessionaria pro soluto dei crediti in sofferenza di Banca Intesa, proponevano opposizione allo stato passivo della Amministrazione Straordinaria della Sofim s.p.a., chiedendo l’ammissione al passivo in via chirografaria dei crediti già vantati dal Banco Ambrosiano Veneto nei confronti della Sofim, illegittimamente esclusi "per inefficacia della garanzia" dal Commissario della Procedura, per L. 5.122.706.083, oltre interessi convenzionali, pari a L. 246.015.606 e di L. 3.983.065.318 (in via condizionale), crediti tutti basati sulla fideiussione rilasciata il 9/9/87 a favore del Banco Ambrosiano Veneto nell’interesse della Cariboni s.p.a.; le opponenti chiedevano altresì l’estromissione ex art. 111 c.p.c., comma 3, di Banca Intesa e l’ammissione al passivo a favore di Intesa Gestione Crediti.

La Procedura si costituiva, deduceva che la fideiussione sulla quale erano fondati i crediti delle opponenti era stata rilasciata dal Dott. C., A.U. di Sofim s.p.a. (sub holding della Cariboni s.p.a., che controllava la Sofim al 90%), a garanzia dei debiti della Cariboni nei confronti del Banco Ambrosiano, in conflitto di interessi con Sofim ex art. 1394 c.c., in quanto componente del Comitato Esecutivo che amministrava la Cariboni s.p.a. e pertanto chiedeva l’annullamento del negozio costitutivo della fideiussione del 1/9/87 e delle successive modifiche, ed il rigetto dell’opposizione.

Nella memoria ex art. 183 c.p.c., le opponenti eccepivano l’inapplicabilità della normativa di cui alla L. n. 95 del 1979 e successive modificazioni, per contrasto con gli artt. 92 e 93 del Trattato CE. Il Tribunale, con sentenza 21/5/02 n. 323 dichiarava inammissibile l’opposizione allo stato passivo per contrasto dell’intera normativa della L. n. 95 del 1979 e del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 106, con la normativa comunitaria a tutela della libera concorrenza e compensava tra le parti le spese.

Interponeva appello Intesa Gestione Crediti s.p.a. in proprio e quale procuratrice di Banca Intesa s.p.a. (già Banco Ambrosiano Veneto s.p.a.); proponeva appello incidentale la Procedura.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 28 novembre 2006, ha respinto l’appello principale e dichiarato inammissibile l’incidentale, compensando tra le parti le spese di lite.

La Corte milanese,respinta la richiesta di estromissione dal giudizio di Banca Intesa quale dante causa di Intesa Gestione Crediti, quale successore a titolo particolare nel diritto controverso, per difetto del consenso da parte dell’appellata, respinto il motivo dell’appello principale inteso alla disapplicazione in toto della L. n. 95 del 1979 e del decreto ministeriale di ammissione alla procedura, ha ritenuto di non potere pronunciare l’ammissibilità dell’opposizione, non riproposta in grado d’appello, atteso che l’appellante aveva riconosciuto la correttezza della sentenza sulla illegittimità della legge nazionale, limitandosi a chiedere l’estensione degli effetti al decreto ministeriale, ipotizzando l’apertura del fallimento e la predisposizione di un nuovo stato passivo. Nè, a giudizio della Corte del merito, poteva essere dichiarata l’ammissibilità dell’opposizione in accoglimento dell’appello incidentale della Procedura, da ritenersi inammissibile in carenza di interesse e non perchè proposto oltre il termine ex artt. 166 e 343 c.p.c.. Ricorre Italfondiario s.p.a., quale procuratore di Intesa Sanpaolo e di Castello Finance s.p.a., che ha acquistato da Intesa Gestione Crediti s.p.a. il credito vantato verso Sofim, D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 58, ed a seguito di vicende interessanti Castello Gestione Crediti s.r.l. subentrata a Intesa Gestione Crediti s.p.a., quale soggetto incaricato della gestione del recupero dei crediti da quest’ultima gestiti in proprio o quale mandataria di Banca Intesa, sulla base di tre motivi.

La Sofim s.p.a. in A.S. ha depositato controricorso con ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

Italfondiario nella qualità ha depositato controricorso a ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, Italfondiario denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 87 del Trattato CE. Come riconosciuto dallo stesso Giudice d’appello, l’appellante non ha impugnato la pronuncia del Tribunale relativa alla c.d. questione comunitaria,condividendone le argomentazioni, ma ha chiesto che la Corte concludesse il ragionamento del Tribunale, provvedendo alla disapplicazione dell’intera L. n. legge 95 del 1979 ovvero limitatamente al decreto ministeriale di apertura della procedura di amministrazione straordinaria della Sofim s.p.a.; deve ritenersi l’incompatibilità tout court della legge Prodi, e non limitatamente al regime di aiuti dalla stessa introdotto, nè può dubitarsi che il decreto ministeriale, alla luce del principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza del 24/7/2003, introduca vantaggi illegittimi, consentendo la prosecuzione dell’attività per i due anni successivi alla dichiarazione di insolvenza, mentre la L.F., art. 90, subordina la continuazione temporanea dell’impresa al possibile danno grave ed irreparabile; nel caso, infine, anche a ritenere la disapplicazione subordinata alla verifica dell’effettiva concessione di aiuti di Stato, si deve concludere nel caso per la sussistenza di detto requisito, avendo il Ministero delle Attività Produttive ammesso che la società continuasse l’esercizio dell’attività economica per i due anni successivi alla dichiarazione di insolvenza, in evidente deroga alla L. Fall., art. 5.

Secondo la parte, dal corretto approccio alla questione della incompatibilità della legge Prodi deve conseguire la dichiarazione di fallimento della Sofim, con la designazione di un curatore fallimentare e la predisposizione di un nuovo stato passivo, nel rispetto delle procedure di cui alla L. Fall., art. 92, e segg., stante la già avvenuta declaratoria di insolvenza della società. 1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 273 del 2002, art. 7, avendo la Corte d’appello ritenuto che detta legge abbia convertito le procedure di amministrazione straordinaria regolate dalla L. n. 95 del 1979, in liquidazioni coatte amministrative, al fine di ovviare ai problemi interpretativi legati agli eventuali profili di incompatibilità con la normativa comunitaria, ma non si vede come ne possa conseguire la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione allo stato passivo, mentre si sarebbe dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere relativamente alla questione della legge Prodi, entrando conseguentemente nel merito dell’ opposizione.

1.3.- Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia vizio di violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 98, come applicabile in forza del rinvio della L. Fall., art. 209, a sua volta richiamato dalla L. n. 95 del 1979, art. 1, e dell’art. 300 c.p.c.; quale che sia la tesi prescelta (incompatibilità della legge Prodi, trasformazione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione coatta amministrativa, persistenza della procedura di amministrazione straordinaria), il giudizio di opposizione allo stato passivo sarebbe potuto proseguire nei confronti del (nuovo) soggetto legittimato: la medesima procedura, la trasformata procedura di amministrazione straordinaria, l’eventuale procedura fallimentare, il debitore in bonis, eventualmente previa interruzione e riassunzione.

2.1.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la Procedura denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte d’appello disposto la compensazione delle spese di lite, sulla base della ritenuta soccombenza reciproca.

3.1.- I due ricorsi vanno preliminarmente riuniti, ex art. 335 c.p.c..

L’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, per essere stato proposto oltre il termine di gg. 30 dalla notifica della sentenza avvenuta il 19/1/2007, sollevata dalla Procedura, è infondata, atteso che il termine ultimo del 18/2/07 cadeva di domenica, per cui il termine è andato a scadere il 19 febbraio, quale giorno seguente non festivo, ex art. 155 c.p.c., comma 4. 3.2.- Il primo motivo del ricorso principale va respinto.

Premesso che la Corte del merito ha in primis motivato la reiezione dell’appello principale sul rilievo della non condivisione della soluzione data dal Tribunale alla questione comunitaria, così pronunciandosi sulla stessa in via diretta e non di obiter dictum, come sostenuto dalla difesa della contro ricorrente, nel merito si rileva quanto segue.

Come affermato tra le ultime, nelle pronunce 10208/2007, 26171/2006, 18552/2006, il D.L. n. 26 del 1979, convertito con modificazioni nella L. n. 95 del 1979, sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, è incompatibile con le norme comunitarie- in base alle sentenze della Corte di giustizia 1 dicembre 1998, C- 200/97, e 17 giugno 1999, C-295/97, all’ordinanza della stessa Corte 24 luglio 2003,C- 297/01 e alla decisione della Commissione 16 maggio 2001, n.2001/212/CE- non nella sua totalità, ma esclusivamente in relazione a disposizioni che prevedano aiuti di Stato non consentiti ai sensi dell’art. 87 (già art. 92) del Trattato, tra i quali non può farsi rientrare l’azione revocatoria, essendo priva dei requisiti di specificità, sotto i due profili della selettività e della discrezionalità, che, alla stregua delle decisioni della Corte di giustizia richiamate, caratterizzano gli aiuti di Stato vietati;

nè costituisce aiuto di Stato la stessa apertura della procedura di amministrazione straordinaria, senza la quale neppure è prospettabile l’azione revocatoria, sotto il profilo che la continuazione dell’impresa, con sacrificio di creditori principalmente pubblici, ed altri vantaggi, con oneri supplementari a carico dello Stato o di enti pubblici, conseguano necessariamente all’ammissione alla procedura: infatti, nella amministrazione straordinaria, la continuazione dell’impresa, seppure conseguenza normale, non è conseguenza necessaria dell’apertura della procedura, mentre gli altri vantaggi a carico di risorse pubbliche,individuati dalla sentenza della Corte di giustizia del 17 giugno 1999, possono essere disapplicati senza incidere sulla possibilità di una gestione liquidatoria (solo in funzione della quale si giustifica l’azione revocatoria)della medesima procedura.

In ragione dei principi sopra esposti, va conseguentemente disatteso il primo motivo.

3.3.- Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile, in quanto inteso a censurare il passaggio della sentenza impugnata relativo all’intervenuta modifica in materia da parte della L. n. 26 del 1979, art. 7, che nell’impianto motivazionale della pronuncia si palesa quale argomentazione ad abundantiam, tale da giustificare definitivamente l’infondatezza della tesi dell’illegittimità dell’intera L. n. 95 del 1979 e della normativa secondaria di applicazione per contrasto con la normativa comunitaria.

3.4.- Il terzo motivo, inteso a far valere quel che costituisce il nucleo essenziale della tesi della ricorrente, è infondato.

A riguardo, va rilevato che la Corte d’appello sul punto ha ritenuto di non potere esaminare nel merito l’opposizione allo stato passivo proposta da Intesa, avuto riguardo alla volontà dell’appellante, che aveva chiesto l’accoglimento della propria opposizione ipotizzando, a seguito della ritenuta inapplicabilità della procedura di amministrazione straordinaria, l’applicabilità della disciplina del fallimento e la conseguente "predisposizione di un nuovo stato passivo da parte degli organi del fallimento e non previa dichiarazione di ammissibilità dell’opposizione allo stato passivo della procedura"; la parte pertanto non aveva riproposto le ragioni di ammissione al passivo come in origine fatte valere in sede di ricorso, da ritenersi quindi rinunciate, ex art. 346 c.p.c..

La Corte d’appello ha quindi applicato il principio della espressa riproposizione dei motivi della domanda non esaminati dal primo Giudice, per avere l’appellante espressamente insistito in appello per l’ammissione del credito non alla Procedura esistente, ma come la stessa ricorrente prospetta nel quesito di diritto, nei confronti del soggetto effettivamente legittimato passivo da effettuarsi eventualmente previa interruzione e successiva riassunzione del medesimo procedimento",e cioè a seguito di un diverso stato passivo e di una diversa procedura.

4.1.- Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile.

La Procedura ha censurato la statuizione sulle spese sotto il solo profilo della ritenuta reciproca soccombenza ai fini della compensazione, mentre la Corte d’appello ha posto a base della statuizione sul punto anche la "natura della decisione relativa a questioni pregiudiziali", ratio che la parte non ha in alcun modo censurato.

5.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso principale e va dichiarata l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Attesa la soccombenza nettamente prevalente della ricorrente, a carico della stessa vanno poste le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; respinge il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 13.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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