T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 21-10-2011, n. 1453 Spedalità ordinarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Comune di Ospitaletto con deliberazione giuntale n. 128 del 4 ottobre 2007 ha recepito i criteri di compartecipazione degli utenti alle rette di frequenza dei centri diurni per disabili (CDD), dei servizi di formazione all’autonomia per persone disabili (SFA) e dei centri socioeducativi (CSE). I suddetti criteri erano stati elaborati e approvati dall’Assemblea dei sindaci del Distretto SocioSanitario n. 2 Brescia Ovest con deliberazione n. 12 del 20 dicembre 2006. La medesima Assemblea con deliberazione n. 3 del 7 febbraio 2007 aveva inoltre definito la retta media di frequenza sulla quale dovevano essere applicati i criteri di compartecipazione.

2. Contro i suddetti provvedimenti i ricorrenti hanno presentato impugnazione con atto notificato l’8 febbraio 2008 e depositato il 22 febbraio 2008. Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stata chiesta la condanna alla restituzione di quanto corrisposto per effetto delle deliberazioni sopra indicate. Le censure possono essere sintetizzate come segue:

(i) violazione dell’art. 3 comma 2ter del Dlgs. 31 marzo 1998 n. 109, il quale stabilisce che per le prestazioni sociali rivolte ai disabili gravi di cui all’art. 3 comma 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 occorre fare riferimento alla situazione economica del solo assistito;

(ii) violazione dell’art. 42 del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267, che attribuisce al consiglio comunale il potere regolamentare;

(iii) violazione della tabella n. 1 del Dlgs. 109/1998 e sviamento, in quanto i criteri comunali utilizzano la presenza di redditi esenti (indennità di accompagnamento, pensione di inabilità) come indice di capacità economica per imporre un incremento del 20% della compartecipazione;

(iv) violazione del DPCM 14 febbraio 2001 e del DPCM 29 novembre 2001, i quali contengono la misura di ripartizione degli oneri dei servizi sociosanitari residenziali e semiresidenziali per disabili gravi (70% a carico del fondo sanitario regionale, 30% a carico di Comuni e utenti);

(v) irragionevolezza della disposizione che applica il 100% del costo del servizio all’utente qualora il nucleo familiare non presenti l’ISEE;

(vi) violazione del diritto alla riservatezza del nucleo familiare;

(vii) contraddittorietà e irragionevolezza dei parametri di compartecipazione.

3. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso ed evidenziando che i criteri sono stati in seguito modificati (v. deliberazioni dell’Assemblea dei sindaci n. 24 del 12 novembre 2008, n. 30 del 3 dicembre 2008, n. 11 del 28 ottobre 2009).

4. Nonostante la modifica dei criteri la presente controversia può essere decisa nel merito per evitare il consolidamento della situazione dei pagamenti effettuati dai ricorrenti. Questi ultimi sono genitori di disabili inseriti in CDD e in SFA e titolari di indennità di accompagnamento e di pensione di inabilità.

5. Occorre peraltro evidenziare che gli impugnati provvedimenti dell’Assemblea dei sindaci del Distretto SocioSanitario n. 2 Brescia Ovest (ossia le deliberazioni n. 12 del 20 dicembre 2006 e n. 3 del 7 febbraio 2007) sono già stati annullati da questo TAR con la sentenza n. 350 del 2 aprile 2008, che ha deciso congiuntamente alcuni ricorsi analoghi a quello in esame.

6. Data l’identità delle questioni e la funzione di mero recepimento svolta dalla deliberazione della giunta del Comune di Ospitaletto n. 128 del 4 ottobre 2007, l’esito del presente ricorso non può che essere identico a quelli dei ricorsi decisi dalla sentenza n. 350/2008. A integrazione delle motivazioni della suddetta sentenza si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) costituisce principio generale della materia dei servizi sociosanitari e assistenziali, codificato negli art. 2 e 3 del Dlgs. 109/1998 e nell’art. 25 della legge 8 novembre 2000 n. 328, e ripreso a livello locale nell’art. 8 della LR 12 marzo 2008 n. 3, che la compartecipazione dei privati ai costi delle prestazioni sia graduata in base alla situazione economica del richiedente misurata attraverso l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

(b) nel caso dei disabili gravi (categoria definita dall’art. 3 comma 3 della legge 104/1992) occorre stabilire se vada seguita la regola generale, che estende l’ISEE all’intero nucleo familiare, o se si debba tenere conto della condizione economica del solo assistito. L’art. 3 comma 2ter del Dlgs. 109/1998 contiene un’esplicita indicazione a favore di quest’ultima soluzione, almeno in relazione alle prestazioni assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno (come nei CDD) o continuativo. In effetti, con riguardo a queste fattispecie, la norma fa rinvio a un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ma stabilisce un primo vincolo imponendo di evidenziare la situazione economica del solo assistito, e un secondo vincolo imponendo il rispetto delle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 3septies comma 3 del Dlgs. 30 dicembre 1992 n. 502;

(c) richiamando il primo vincolo una parte della giurisprudenza ritiene la norma non solo immediatamente applicabile pur in mancanza del decreto attuativo ma anche interpretabile nel senso che per le prestazioni rese ai disabili gravi (e ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti) la compartecipazione deve basarsi solamente sulla situazione economica dell’assistito senza coinvolgere il nucleo familiare (v. CS Sez. V 16 marzo 2011 n. 1607; TAR Milano Sez. III 7 febbraio 2011 n. 362);

(d) tale soluzione non appare integralmente condivisibile. La norma è indubbiamente chiara nella parte in cui tende a favorire la permanenza dell’assistito all’interno della famiglia evitando di scaricare sui componenti del nucleo familiare costi che nel tempo potrebbero rivelarsi insostenibili e in definitiva potrebbero costituire un incentivo a non prendersi cura del congiunto disabile. Occorre però considerare che generalmente i soggetti disabili non hanno redditi propri e solo in casi eccezionali dispongono di un patrimonio liquidabile per sostenere le spese di cura e assistenza. Ne consegue che se si considera la sola situazione economica degli assistiti il costo delle prestazioni (escluse quelle sanitarie, che sono a carico del servizio sanitario regionale) dovrebbe ricadere, nella quasi totalità dei casi, sui Comuni di appartenenza, il che in un sistema assistenziale dotato di risorse limitate (e verosimilmente decrescenti) crea problemi di sostenibilità finanziaria. Lo stesso art. 3 comma 2ter del Dlgs. 109/1998 si preoccupa infatti di bilanciare il riferimento alla situazione economica del solo assistito richiamando contestualmente le indicazioni dell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie. Poiché l’art. 3septies comma 3 del Dlgs. 502/1992 stabilisce che nell’atto di indirizzo siano previsti anche i criteri di finanziamento, si può ritenere che la gratuità dei servizi non sia un risultato acquisito a priori ma presupponga una valutazione complessiva dei costi e dei bisogni;

(e) l’atto di indirizzo, ossia il DPCM 14 febbraio 2001, fornisce alcune indicazioni sulla necessità che l’accesso alle prestazioni sia sempre accompagnato dalla compartecipazione degli utenti alla spesa. In questo senso si esprime l’art. 3 comma 2, il quale, dopo aver definito le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria (ossia quelle che hanno l’obiettivo di supportare la persona con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute), aggiunge che tali prestazioni sono erogate con partecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Il successivo art. 4 comma 1 stabilisce che la programmazione regionale degli interventi sociosanitari deve rispettare, tra gli altri, anche il principio di copertura finanziaria. L’art. 5 comma 2 rinvia ai criteri regionali per la definizione della partecipazione alla spesa da parte degli utenti. Infine nella tabella allegata, all’interno della sezione dedicata alle prestazioni riabilitative ed educative, si specifica che l’assistenza a favore dei disabili gravi in strutture semiresidenziali e residenziali accreditate è posta a carico del servizio sanitario per il 70% e a carico dei Comuni per il restante 30% "fatta salva la compartecipazione da parte dell’utente prevista dalla disciplina regionale e comunale";

(f) una ripartizione analoga è stabilita dal DPCM 29 novembre 2001, che contiene la definizione dei livelli essenziali di assistenza. In particolare nella tabella dedicata all’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale a favore dei disabili gravi (prestazioni socioriabilitative e interventi di sollievo alle famiglie) si precisa che il 30% dell’onere è posto a carico dell’utente o del Comune;

(g) dunque, ritornando all’art. 3 comma 2ter del Dlgs. 109/1998, da un lato non è stato adottato il decreto attuativo sulla valorizzazione della condizione economica del solo assistito, dall’altro è stato invece adottato l’atto di indirizzo sulle prestazioni sociosanitarie, che anche a proposito dei disabili gravi stabilisce il principio della compartecipazione rinviando ai criteri regionali e comunali. Questa asimmetria impone di trovare soluzioni operative che contemperino tutti gli interessi coinvolti, in primo luogo la tutela dei soggetti fragili (anche economicamente) e delle famiglie che li sostengono, ma subito dopo le esigenze di finanza pubblica, imprescindibili per assicurare la continuità del servizio nel lungo periodo. In questa prospettiva, garantendo soglie di esenzione individuate secondo criteri di ragionevolezza, il riferimento alla condizione economica del nucleo familiare appare ammissibile (anche se non obbligatorio);

(h) i disabili gravi ricevono alcuni aiuti pubblici di natura assistenziale (indennità di accompagnamento, pensione di inabilità) che alleviano ma certamente, nella maggior parte dei casi, non compensano l’onere economico gravante sulle famiglie. I componenti del nucleo familiare che si prendono cura di un congiunto affetto da disabilità grave sono quindi esposti al rischio di impoverimento. Se, come normalmente accade, la situazione economica del disabile grave è minima o insignificante, l’esame può essere spostato sulla situazione economica dei familiari (i genitori e successivamente i congiunti che assumono la posizione di familiare di riferimento nei confronti del gestore della struttura sociosanitaria). L’ISEE del nucleo familiare serve appunto a verificare in quale misura i benefici assistenziali possano essere destinati al pagamento delle rette. Se risulta evidente che la privazione anche di una piccola parte di tali provvidenze può risultare destabilizzante dovrà essere garantita una franchigia totale, diversamente l’importo della retta dovrà essere proporzionato alla capacità economica riscontrata;

(i) peraltro non sembra possibile l’incameramento dell’intero importo dei benefici assistenziali. Una quota non irrilevante deve infatti rimanere al disabile, in analogia a quanto previsto in via di principio dall’art. 24 comma 1 lett. g) della legge 328/2000, essendo la disponibilità di mezzi economici uno strumento che favorisce l’inserimento sociale e la valorizzazione della soggettività dell’individuo rispetto al contesto familiare. Con riguardo alle strutture semiresidenziali occorre poi sottolineare che il disabile rimane comunque per la maggior parte del tempo all’interno del proprio nucleo familiare, e dunque è necessario che una parte delle risorse derivanti dai benefici assistenziali siano destinate ad alleviare i costi sopportati dalla famiglia;

(j) i parametri oggetto del presente ricorso non si pongono direttamente il problema degli effetti della compartecipazione sulle indennità di natura assistenziale percepite dal disabile, in quanto le percentuali che definiscono la retta nelle varie classi ISEE sono riferite al costo del servizio. Se il costo salisse notevolmente potrebbe erodere in modo eccessivo il valore di tali indennità, con il rischio di esporre i nuclei familiari a difficoltà economiche. Per evitare un simile esito occorre operare con maggiore trasparenza confrontando l’entità della retta imposta alla famiglia con la misura delle varie indennità percepite dal disabile, e in ogni caso è necessario introdurre delle esenzioni sufficientemente ampie che proteggano i nuclei familiari più deboli economicamente;

(k) per quanto riguarda il peso complessivo della quota di compartecipazione gravante sulle famiglie occorre poi garantire il rispetto dei parametri di riparto contenuti nel DPCM 14 febbraio 2001 e nel DPCM 29 novembre 2001 (70% a carico del fondo sanitario regionale, 30% a carico di Comuni e utenti). Quantomeno è necessario fare in modo che il peso sulle famiglie non ecceda la soglia del 30%, mentre il riparto della parte restante tra comuni e Regione potrà essere regolato tramite accordi interni all’amministrazione;

7. In conclusione il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati. Per effetto di tale pronuncia l’onere della compartecipazione a carico dei ricorrenti dovrà essere rideterminato sulla base di nuovi criteri: possono essere utilizzati anche quelli adottati dal Comune in corso di causa se più favorevoli e conformi alle indicazioni esposte ai punti precedenti. L’eventuale differenza dovrà essere restituita, applicando gli interessi legali dalla data della presente sentenza. Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate in Euro 3.000 oltre agli oneri di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come precisato in motivazione.

Condanna il Comune a versare alla parte ricorrente, a titolo di spese di giudizio, l’importo complessivo di 3.000 oltre agli oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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