Cass. civ., sez. Lavoro 18-07-2006, n. 16377 LAVORO SUBORDINATO – DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO – OBBLIGO DI FEDELTÀ – Costituzione di una società per lo svolgimento della medesima attività del datore di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Pretore di Catania, Sezione Distaccata di Trecastagni, il signor C.G., già dipendente della società Belvedere s.r.l., ha convenuto in giudizio questa ultima lamentato l’illegittimità del licenziamento irrogatogli a titolo di sanzione con nota del 18 ottobre 1996, con la quale gli veniva addebitato di avere partecipato alla costituzione di un’altra società denominata "Capinera Società Cooperativa a responsabilità limitata", che aveva un oggetto analogo a quello della datrice di lavoro.

Costituitosi il contraddittorio con l’opposizione della convenuta, ed istruita la causa, il primo giudice respingeva la domanda, e questa decisione veniva successivamente confermata in secondo grado con sentenza in data 23 dicembre 2003/10 febbraio 2004 della Corte d’Appello di Catania, che riteneva che la violazione si fosse verificata, e che la sua gravità giustificasse il provvedimento di espulsione.

Avverso la sentenza, notificata il 19 febbraio 2004, il signor C. ha proposto ricorso per Cassazione, con due motivi, notificato, in termine ilo 17 aprile 2004. Resiste l’intimata società Belvedere s.r.l. con controricorso notificato, in termine, il 26 maggio 2004, proponendo anche contestualmente ricorso incidentale con un motivo.

La società ha depositato anche una memoria difensiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso principale il ricorrente signor C. deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’avvenuta violazione dell’art. 2105 c.c.. Lamenta che il giudice di appello abbia considerato che il solo fatto di costituire una società fosse potenzialmente dannoso al datore di lavoro e comportasse la violazione dell’obbligo di fedeltà, nonostante che il ricorrente svolgesse l’attività di semplice animatore, mentre l’art. 2105 c.c. vietasse ai dipendenti soltanto di "trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore".

Il ricorrente sottolinea di non avere nessun potere che non fosse meramente esecutivo, nè nessun potere direttivo o discrezionale nella nuova società, e nega vi fosse stato nessun atto di gestione sociale.

Nega anche che gli oggetti delle due società fossero in concorrenza tra loro, nè che la società Capinera avesse svolto alcuna attività di carattere concorrenziale.

Al momento del licenziamento, anzi, la Capinera non aveva ancora iniziato alcuna attività. 2. Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ai requisiti richiesti per il licenziamento dall’art. 2119 c.c., della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 13 e 18 dello statuto dei lavoratori.

Sottolinea che il licenziamento era un rimedio estremo, e contesta che il giudice del merito avesse effettuato una effettiva valutazione della gravità della condotta del lavoratore e della proporzionalità tra essa e la sanzione irrogata.

Sottolinea, anzi, che la società aveva tollerato un comportamento più grave da parte di un altro dipendente.

3. Nel controricorso la società Belvedere s.r.l. si oppone al ricorso avversario sostenendo che entrambi i motivi erano inammissibili ed infondati.

Contestualmente la società propone un ricorso incidentale condizionato, riproponendo le eccezioni già sollevate in grado di appello.

La ricorrente incidentale da un Iato ribadisce l’inammissibilità di una serie di questioni che assume sollevate dalla controparte soltanto in grado di appello, e relative all’inesistenza della violazione dell’art. 2105 c.c. (per la mancanza di autonomia e discrezionalità, per la mancanza di attività della cooperativa Capinera, per la mancata valutazione della gravità della condotta), e dall’altro eccepisce che, anche in caso di illegittimità del licenziamento, il risarcimento dovrebbe essere limitato a cinque mensilità. 4. Preliminarmente, i due ricorsi, quello principale e quello incidentale, proposti contro la stessa sentenza, debbono essere riuniti obbligatoriamente ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

5. Il ricorso principale del signor C. non è fondato, e non può trovare accoglimento.

ÿ infondato, innanzi tutto, il primo motivo di impugnazione.

La sentenza impugnata ha accertato in linea di fatto che il signor C. ha partecipato alla costituzione di una cooperativa di lavoro che aveva per oggetto la medesima attività imprenditoriale svolta dalla datrice di lavoro. Il ricorrente contesta, per la verità, che l’attività fosse la medesima, ma questo specifico profilo di censura, che si riferisce a circostanze di fatto, non è ammissibile in questa sede di legittimità, e la motivazione della sentenza su questo punto è puntuale, sottolineando, a pag. 6, che, come risultava da una lettura comparata degli appositi articoli j dei due statuti societari, gli scopi sociali della "Belvedere s.r.l" e della "Capinera soc. Coop. a r.l." si appalesavano decisamente analoghi.

La partecipazione alla costituzione di una società, che svolga, o si proponga di svolgere, la medesima attività imprenditoriale del datore di lavoro comporta la violazione degli obblighi di fedeltà a carico del prestatore di lavoro subordinato.

Come, infatti, ribadito recentemente da questa Corte, "integra violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c., ed è potenzialmente produttiva di danno, la costituzione, da parte di un lavoratore dipendente, di una società per lo svolgimento della medesima attività economica svolta dal datore di lavoro". (Cass. civ., 5 aprile 2004, n. 6654) Questa violazione è più rilevante, con diretto inadempimento dell’obbligo, stabilito dall’art. 2105 c.c., di non trattare affari in concorrenza, quando la nuova compagine non sia una società ordinaria, in cui i soci (a meno che non rivestano cariche o responsabilità particolari) si limitano a versare la loro quota di capitale sociale, ma – come nel caso in esame – una cooperativa di lavoro in cui, invece, i soci – e perciò anche l’attuale ricorrente – si impegnano a prestare personalmente la propria attività di lavoro per la società, e perciò a svolgere un’attività oggettivamente incompatibile con l’obbligo di prestare quella medesima attività in favore del datore di lavoro.

6. Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile ed infondato, perchè quella sulla gravità della condotta del prestatore di lavoro, è una valutazione di fatto riservata come tale al giudice di merito, e, se adeguatamente motivata, non suscettibile di riesame in questa sede di legittimità.

Nel caso di specie la Corte d’Appello di Catania ha motivato in maniera puntuale anche su questo punto, sottolineando, alle pagg. 11,12, che il comportamento addebitato al signor C. configurava una grave violazione dei doveri fondamentali del lavoratore, ed era lesivo, almeno potenzialmente, degli interessi del datore di lavoro, e, alla pag. 9, che il dipendente aveva piena conoscenza e consapevolezza della violazione dell’obbligo di fedeltà e non concorrenza nei confronti del datore di lavoro.

7. Il ricorso principale deve essere rigettato, mentre il ricorso incidentale rimane assorbito dalla reiezione appunto di quello principale.

8. Le spese degrado seguono la soccombenza in danno del ricorrente ed a favore della società, e vengono liquidate nelle misure indicate in dispositivo, cui debbono essere aggiunti gli accessori di legge per spese generali, IVA, cassa di previdenza avvocati e quanto altro.

P.Q.M.

riunisce i ricorsi e rigetta il principale, assorbito l’incidentale, e condanna il ricorrente principale alle spese in Euro 24,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) di onorari oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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