Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-02-2012, n. 2277 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto depositato in data 4 giugno 2008 la Corte di appello di Perugia, in parziale accoglimento della domanda proposta da C. C.O. nei confronti del Ministero della Giustizia, avente ad oggetto la richiesta di indennizzo del pregiudizio non patrimoniale, subito in conseguenza del superamento del termine di ragionevole durata di un processo penale conclusosi con declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, condannava l’amministrazione al pagamento della somma di Euro 3.744,00, oltre interessi dalla domanda al saldo e spese processuali.

1.1 – La Corte di merito rilevava che il procedimento presupposto, protrattosi per dieci anni e diciotto giorni, avesse ecceduto il periodo di durata ragionevole nella misura di sette anni e diciotto giorni.

Ai fini della liquidazione dell’indennizzo si riteneva di attribuire Euro 1.200,00 per ciascun anno eccedente la durata ragionevole quanto al periodo anteriore al maturarsi della prescrizione del reato, applicando, per la frazione di tempo successiva, una decurtazione del 40 per cento, giustificata dalla minore afflittività derivante dalla consapevolezza dell’intervenuta estinzione del reato.

1.2 – Per la cassazione di tale decreto il C.C. propone ricorso, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo si denuncia, formulandosi idoneo quesito di diritto, violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si sostiene l’erroneità del criterio riduttivo del pregiudizio fondato sulla maturazione della prescrizione del reato, non incidente sui patimenti correlati all’attesa della definizione del giudizio, ed alla quale il ricorrente non avrebbe a suo tempo rinunciato solo per evitare le conseguenze negative derivanti dalla protrazione della pendenza del giudizio penale.

2.1 – La censura è fondata.

Questa Corte, in merito alla definizione del procedimento presupposto per estinzione del reato, ha affermato che la stessa non necessariamente corrisponde all’interesse dell’imputato, tenuto conto dell’esigenza morale del soggetto sottoposto a procedimento penale di veder affermata in modo pieno ed inequivocabile la propria estraneità al reato contestatogli (Cass., 2 agosto 2006, n. 17552).

Tale principio, condiviso dal Collegio, è stato di recente confermato, ribadendosi che la prescrizione del reato non elide gli effetti negativi del protrarsi eccessivo del processo (Cass., 18 novembre 2010, n. 13339).

3.1 – Il secondo motivo, concernente il regolamento delle spese processuali effettuato dalla corte territoriale, è assorbito, dovendo al riguardo operarsi una nuova liquidazione sulla base della diversa somma da attribuirsi al C.C..

Per mera completezza di esposizione, deve rilevarsi che il ricorrente propone – nell’asserire la violazione dei minimi tariffari – la duplicazione della voce "discussione", rapportandola erroneamente al numero delle udienze.

4 – In accoglimento del primo motivo il provvedimento impugnato deve essere cassato.

Non essendo necessaria alcuna ulteriore acquisizione, in quanto gli elementi per la decisione, non contestati dalle parti, sono desumibili dallo stesso decreto in esame, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Pertanto, considerato il periodo di durata non ragionevole del procedimento presupposto, pari ad anni sette e giorni diciotto, ed il criterio di liquidazione (epurato dalla decurtazione, ritenuta illegittima per le ragioni sopra evidenziate), deve liquidarsi, per il titolo per cui è causa, la somma di Euro 5.650,00, con gli interessi legali decorrenti, come disposto dalla corte territoriale, dalla data della domanda.

5 – Le spese del giudizio di merito, rideterminate in base alla maggiore somma attribuita, e quelle relative al presente giudizio di legittimità, seguono la soccombenza, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 5.650,00, oltre alle spese del giudizio di merito, liquidate in Euro 1.150,00 di cui Euro 490,00 per onorari e Euro 50,00 per spese, e, quanto al presente giudizio di legittimità, in Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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