T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 21-10-2011, n. 1449 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le ricorrenti impugnano l’atto regionale di approvazione del Piano cave della Provincia di Bergamo, che ha disatteso la loro proposta di ampliamento dell’ATE g26 in Comune di Pontirolo Nuovo località Cascina Peri.

Riferiscono in punto di fatto che:

– la cava è qualificabile come "storica" perchè attiva sin dagli anni 70, già inserita nel Piano cave del 1990 revisionato nel 1997;

– nel Piano cave impugnato è stata assentita soltanto un’estrazione in asciutto di 200.000 mc. su una potenzialità stimata in 250.000 mc.;

– hanno inoltrato proposte alla Provincia e alla Regione per un miglior sfruttamento del giacimento;

– hanno presentato istanza al Presidente della VI Commissione della Regione, nel corso dell’iter di approvazione del Piano, per raggiungere 35 metri di profondità dal piano di campagna con scavo a secco e in acqua, e per una produzione di 400.000 mc. nel decennio (e destinazione finale agricola o ricreativa); l’istanza era supportata da documentazione geologica, idrogeologica e ambientale;

– il Piano cave impugnato è stato approvato definitivamente e le osservazioni presentate sono state disattese.

Le ricorrenti introducono i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione dell’art. 5 della L.r. 14/98 e dei criteri applicativi regionali emanati con D.G.R. 26/2/1999 n. 6/41714 e 31/3/2000 n. 49320, eccesso di potere per illogicità, violazione dei canoni di imparzialità, contraddittorietà ed errore, sviamento, poiché non è stato rispettato il principio del corretto sfruttamento delle risorse estrattive, da correlare con la buona amministrazione;

b) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e perplessità, dato che a 18 anni di distanza dal Piano precedente e a 11 anni dalla sua revisione i fabbisogni indicati non sono aggiornati, poiché sono stati quantificati dalla Provincia in sede di adozione, avvenuta quattro anni prima (D.C.P. 16/3/2004 n. 16);

c) Violazione della L.r. 14/98, eccesso di potere per sviamento e disparità di trattamento, dato che a poca distanza si è introdotto il nuovo ATE g36 mentre nel limitrofo ATE g28 si prevede l’escavazione in acqua.

Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo la reiezione del gravame. Sostiene che il Piano sviluppa criteri e applica procedure di valutazione delle esigenze di mercato di mediolungo periodo, anche in relazione a parametri cautelativi sulle previsioni di fabbisogno.

Alla pubblica udienza del 5/10/2011 il ricorso introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Le ricorrenti censurano la deliberazione del Consiglio regionale in data 14/5/2008 n. VIII/0619, di approvazione del nuovo Piano Cave della Provincia di Bergamo, il quale non accorda l’incremento volumetrico richiesto (grazie ad una maggiore profondità di escavazione) con riguardo all’ATE g26.

1. Preliminarmente deve darsi atto della permanenza dell’interesse alla decisione della presente causa, malgrado la sentenza di questa Sezione n. 1607 del 22/4/2010 – passata in giudicato – abbia statuito la caducazione dell’intero Piano cave della Provincia di Bergamo.

In proposito si rinvia al punto 1.1 della propria pronuncia 4/11/2010 n. 4558 (appellata innanzi al Consiglio di Stato), e si ribadisce che le ricorrenti mantengono l’interesse ad una pronuncia che si diffonda sul rapporto giuridico controverso, e che statuisca sulla pretesa di rimetterle in gioco costringendo l’amministrazione ad esprimersi nuovamente – nell’osservanza delle statuizioni racchiuse nella motivazione – in sede di riedizione della propria potestà discrezionale in materia pianificatoria.

2. Con la prima censura le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 5 della L.r. 14/98 e dei criteri applicativi regionali emanati con D.G.R. 26/2/1999 n. 6/41714 e 31/3/2000 n. 49320, l’eccesso di potere per illogicità, la violazione dei canoni di imparzialità, contraddittorietà ed errore, lo sviamento, poiché non è stato rispettato il principio del corretto sfruttamento delle risorse estrattive, da correlare con la buona amministrazione. Sostengono nella sostanza che:

o vanno privilegiati gli ambiti esistenti rispetto ai nuovi ambiti estrattivi, i quali sono stati introdotti e poi stralciati dal Consiglio regionale senza la ridistribuzione dei quantitativi dapprima assegnati;

o si registra incertezza sulla fondatezza ed attendibilità delle stime di fabbisogno;

o la quantificazione di 250.000 mc. di riserve e 200.000 di produzione per l’ATE è frutto di travisamento, che ha indotto la Regione a prevedere nuovi ambiti senza prima sfruttare la capacità di quelli esistenti;

o le richieste delle ricorrenti sono state immotivatamente ignorate.

La censura è priva di pregio.

2.1 In linea generale la predisposizione e l’approvazione del Piano cave costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria, ed il provvedimento finale è certamente qualificabile come atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi. In buona sostanza le amministrazioni competenti, in materia di programmazione del territorio connessa all’elaborazione del Piano cave, esercitano un’ampia discrezionalità nell’individuazione delle aree estrattive, che può essere censurata solo laddove emergano difetti palesi di logica e ragionevolezza (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 19/4/2006 n. 1032; T.A.R. Brescia – 15/3/2007 n. 286).

La pur estesa sfera di apprezzamento riservata all’autorità pubblica non deve però trasmodare in arbitrio, e nel corso dell’articolato iter procedimentale le scelte devono rivelarsi nel loro sviluppo lineari e coerenti (cfr. sentenza Sezione 1607/2010, ove si era ritenuto che il repentino mutato avviso degli organi regionali, che avevano in un primo momento condiviso la proposta di una Società, non risultava supportato da argomentazioni solide e convincenti).

2.2 Nella fattispecie il Collegio ritiene che l’estesa sfera di discrezionalità riservata all’autorità pubblica non sia stata esercitata in modo incongruo, e che soprattutto dalla doglianza illustrata non traspaiano in modo convincente dubbi di contraddittorietà o inattendibilità.

Sotto un primo profilo la preferenza per gli ambiti esistenti rispetto ai nuovi ambiti estrattivi – indubbiamente accordata dalla normativa regionale – non può essere certamente lesa dalla semplice previsione (e dal successivo stralcio) di nuovi ambiti e dalla mera asserzione circa l’omessa attribuzione dei quantitativi prima assegnati.

La contestazione infatti è debole sotto il profilo probatorio, poiché parte ricorrente non si premura di illustrare nel dettaglio quali e quanti fossero gli ambiti nuovi coinvolti, quale fosse la loro collocazione e quanti metri cubi di materiale siano stati globalmente sottratti alla loro (prima) destinazione.

A fronte delle deduzioni delle ricorrenti si osserva che nella scelta dei volumi da individuare non sussiste un’aspettativa giuridicamente tutelata alla previsione dei quantitativi massimi, anche nell’ottica di uno sfruttamento del territorio equilibrato e sostenibile. La Regione ha peraltro puntualizzato nella sua memoria che la zona è caratterizzata dalla presenza di 3 ATE, dei quali uno (il g27) ospita già uno scavo profondo (a lago) di numerosi ettari, per cui l’escavazione a secco per gli ATE limitrofi risulta doverosa per non compromettere la zona, poiché una pluralità di specchi d’acqua comporta l’eccessiva parcellizzazione e frammentazione della porzione di territorio coinvolta.

2.3 D’altro canto osserva il Collegio che è certamente condivisibile il rilievo per cui, nella scelta tra una pluralità di opzioni, l’ampliamento (e l’accorpamento) delle aree già coltivate è prioritario rispetto all’apertura di altri siti, e laddove la programmazione disattenda il criterio generale e preveda l’introduzione di nuovi ATE sia necessaria una specifica motivazione. La ratio della previsione è rinvenibile nell’obiettivo di privilegiare l’espansione di aree già dedicate all’escavazione, per evitare il consumo di territori ancora preservati da tale tipologia di attività, che incide sensibilmente sulla conformazione e sulle dinamiche del sistema naturale e degli insediamenti localizzati presso le aree coinvolte. Alla luce di detto rilievo non si può tuttavia giungere alla radicale conclusione che l’individuazione di nuovi ambiti potrebbe avere luogo solo dopo l’esaurimento dei giacimenti preesistenti. Tale impostazione, oltre a non trovare supporto nel dato normativo, urterebbe con i principi riguardanti la pianificazione, poiché – in sede di approvazione del nuovo Piano – la Regione ben può valutare gli interessi in conflitto e tenere conto delle esigenze di ordine naturalistico e ambientale, precludendo l’ulteriore modifica dello stato dei luoghi ovvero consentire la loro bonifica (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 30/4/2010 n. 1207).

2.4 Nel caso esaminato l’assenza di dati precisi sui nuovi ATE e la stessa considerazione del loro successivo stralcio precludono la valorizzazione di qualsiasi sospetto di lacune motivazionali nelle scelte della Regione.

3. Anche la doglianza con la quale si deduce l’erronea determinazione dei fabbisogni non è accompagnata dal necessario supporto documentale, limitandosi a dare atto di un deficit previsionale collegato al lasso temporale intercorso dal precedente Piano cave e dalla deliberazione provinciale di adozione. L’assenza di stime e raffronti rende impossibile qualsiasi verifica sull’inattendibilità dei dati quantitativi espressi in sede di approvazione definitiva.

4. L’ulteriore censura afferisce alla violazione della L.r. 14/98 e all’eccesso di potere per sviamento e disparità di trattamento, dato che a poca distanza si è introdotto il nuovo ATE g36 mentre nel limitrofo l’ATE g28 si prevede l’escavazione in acqua.

4.1 Ad avviso del Collegio dall’esame dell’iter procedimentale non affiorano aspetti di contraddittorietà né di carenza motivazionale.

Nei passaggi tra i diversi Enti ed organi coinvolti – ed in particolare Provincia, Giunta regionale, VI Commissione, Consiglio comunale – non emergono stravolgimenti o mutamenti sensibili ed immotivati capaci di insinuare dubbi sulla correttezza e logicità delle scelte pianificatorie.

Sull’ATE in questione, infatti, i volumi estrattivi riconosciuti dalla Provincia hanno trovato conferma presso il Consiglio regionale, e nessuna variazione è intervenuta sulla profondità di scavo.

4.2 Sulla disparità di trattamento, è noto che la scelta amministrativa sottesa all’esercizio del potere di pianificazione deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell’ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 6/2/2009 n. 1158). In materia urbanistica, in sede di previsioni di zona di piano regolatore, la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale, rispetto al quale – a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità – non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV – 18/6/2009 n. 4024; sez. III – parere 17/9/2010 n. 2536).

Nella specie la pianificazione non ha rivelato, alla luce delle prospettazioni delle ricorrenti, evidenti incongruenze nelle scelte, rispetto alle quali la Regione ha avanzato spiegazioni convincenti (cfr. par. 2.2).

4.3 In conclusione gli interventi dei soggetti pubblici competenti sull’ATE g26 sono stati assunti secondo un disegno sufficientemente coerente e senza decisioni contraddittorie, tra l’altro in presenza di una volumetria di scavo mantenuta ferma dall’atto di impulso originario sino all’approvazione dell’atto impugnato.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.

Le vicende pregresse del Piano cave di cui si controverte (con numerosi precedenti giurisprudenziali di segno opposto) e la complessità dell’iter pianificatorio giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il gravame in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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