T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 21-10-2011, n. 1448 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’impresa ricorrente impugna l’atto regionale di approvazione del Piano cave della Provincia di Bergamo, che ha disatteso la sua proposta di ampliamento dell’ATE g8 in Comune di Treviglio località Berlona Nuova.

In punto di fatto deve essere rilevato che:

– l’impresa ha presentato osservazioni alla bozza formata dalla Giunta regionale, e ha proposto di rideterminare le riserve stimate (da 2.400.000 a 6.000.000 di mc.) e la produzione prevista nel decennio (da 2.400.000 a 5.000.000 di mc.), con l’inserimento di una nuova area per gli impianti di lavorazione e la contestuale riduzione della fascia di rispetto ferroviario e stradale;

– ha allegato altresì una nota tecnica a sostegno della proposta, che evidenziava i volumi estraibili;

– la proposta era parzialmente recepita dalla Giunta regionale (D.G.R. 22/12/2005 n. 1547) e la scheda che racchiudeva le modificazioni dava conto dell’ampliamento dell’ATE "… tramite l’inserimento dei terreni compresi tra la strada statale n. 42 e l’attuale limite nord orientale dell’ATE, come indicato nell’osservazione della ditta…";

– la VI Commissione consiliare competente inseriva un ampliamento areale a nord per la collocazione degli impianti di escavazione, e la trasmetteva al Consiglio regionale per l’approvazione;

– il Consiglio regionale manteneva la previsione quantitativa originaria per riserve e produzione nel decennio, confermava i 100 metri di fascia di rispetto dalla strada statale n. 42 e i 70 metri dalla ferrovia e riduceva parzialmente l’area a nord per l’ubicazione degli impianti.

Parte ricorrente introduce i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione dell’art. 5 della L.r. 14/98 e dei criteri applicativi regionali emanati con D.G.R. 26/2/1999 n. 6/41714 e 31/3/2000 n. 49320, eccesso di potere per illogicità, violazione dei canoni di imparzialità, contraddittorietà ed errore, sviamento, poiché non è stato rispettato il principio del corretto sfruttamento delle risorse estrattive, da correlare con la buona amministrazione;

b) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e perplessità, dato che a 18 anni di distanza dal Piano precedente e a 11 anni dalla sua revisione i fabbisogni indicati non sono aggiornati, poiché sono stati quantificati dalla Provincia in sede di adozione, avvenuta quattro anni prima (D.C.P. 16/3/2004 n. 16);

c) Violazione dell’art. 8 della L.r. 14/98, eccesso di potere per sviamento, dato che la proposta della Giunta regionale è stata disattesa senza addurre alcuna ragione.

Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo la reiezione del gravame. Sostiene che il Piano sviluppa criteri e applica procedure di valutazione delle esigenze di mercato di mediolungo periodo, anche in relazione a parametri cautelativi sulle previsioni di fabbisogno. Soggiunge che non necessariamente si devono riconoscere i volumi massimi teorici, quando la cava della ricorrente è già stata sfruttata in precedenza e si profila la necessità di sviluppare un recupero ambientalenaturalistico.

Alla pubblica udienza del 5/10/2011 il ricorso è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

La ricorrente censura la deliberazione del Consiglio regionale in data 14/5/2008 n. VIII/0619, di approvazione del nuovo Piano Cave della Provincia di Bergamo, il quale non accorda l’incremento volumetrico e l’ampliamento del perimetro estrattivo dell’ATE g8 richiesti.

1. Preliminarmente deve darsi atto della permanenza dell’interesse alla decisione della presente causa, malgrado la sentenza di questa Sezione n. 1607 del 22/4/2010 – passata in giudicato – abbia statuito la caducazione dell’intero Piano cave della Provincia di Bergamo.

In proposito si rinvia al punto 1.1 della propria pronuncia 4/11/2010 n. 4558 (appellata innanzi al Consiglio di Stato), e si ribadisce che l’impresa ricorrente mantiene l’interesse ad una pronuncia che si diffonda sul rapporto giuridico controverso, e che statuisca sulla pretesa di rimetterla in gioco costringendo l’amministrazione ad esprimersi nuovamente – nell’osservanza delle statuizioni racchiuse nella motivazione – in sede di riedizione della propria potestà discrezionale in materia pianificatoria.

2. Con la prima censura parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 5 della L.r. 14/98 e dei criteri applicativi regionali emanati con D.G.R. 26/2/1999 n. 6/41714 e 31/3/2000 n. 49320, l’eccesso di potere per illogicità, la violazione dei canoni di imparzialità, contraddittorietà ed errore, lo sviamento, poiché non è stato rispettato il principio del corretto sfruttamento delle risorse estrattive, da correlare con la buona amministrazione. Sostiene nella sostanza N.C.T. che:

o vanno privilegiati gli ambiti esistenti rispetto ai nuovi ambiti estrattivi, i quali sono stati introdotti e poi stralciati dal Consiglio regionale senza la ridistribuzione dei quantitativi dapprima assegnati;

o la potenzialità estrattiva teorica della superficie dell’ATE (22 ettari per 30 metri di profondità) raggiunge 6.000.000 di mc. effettivi, in contrasto con la stima per produzione e riserve.

La censura è priva di pregio.

2.1 In linea generale la predisposizione e l’approvazione del Piano cave costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria, ed il provvedimento finale è certamente qualificabile come atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi. In buona sostanza le amministrazioni competenti, in materia di programmazione del territorio connessa all’elaborazione del Piano cave, esercitano un’ampia discrezionalità nell’individuazione delle aree estrattive, che può essere censurata solo laddove emergano difetti palesi di logica e ragionevolezza (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 19/4/2006 n. 1032; T.A.R. Brescia – 15/3/2007 n. 286).

La pur estesa sfera di apprezzamento riservata all’autorità pubblica non deve però trasmodare in arbitrio, e nel corso dell’articolato iter procedimentale le scelte devono rivelarsi nel loro sviluppo lineari e coerenti (cfr. sentenza Sezione 1607/2010, ove si era ritenuto che il repentino mutato avviso degli organi regionali, che avevano in un primo momento condiviso la proposta della Società, non risultava supportato da argomentazioni solide e convincenti).

2.2 Nella fattispecie il Collegio ritiene che l’estesa sfera di discrezionalità riservata all’autorità pubblica non sia stata esercitata in modo incongruo, e soprattutto che dalla doglianza illustrata non traspaiano in modo convincente dubbi di contraddittorietà o inattendibilità.

Sotto un primo profilo la preferenza per gli ambiti esistenti rispetto ai nuovi ambiti estrattivi – indubbiamente accordata dalla normativa regionale – non può essere certamente lesa dalla semplice previsione (e dal successivo stralcio) di nuovi ambiti e dalla mera asserzione circa l’omessa attribuzione dei quantitativi prima assegnati.

La contestazione infatti è debole sotto il profilo probatorio, poiché parte ricorrente non si premura di illustrare nel dettaglio quali e quanti fossero gli ambiti nuovi coinvolti, quale fosse la loro collocazione e quanti metri cubi di materiale siano stati globalmente sottratti alla loro (prima) destinazione.

2.3 Al riscontro di una potenzialità estrattiva teorica della superficie dell’ATE (calcolata su 22 ettari per 30 metri di profondità) che raggiunge 6.000.000 di mc. effettivi, la Regione ha efficacemente replicato che nella scelta dei volumi da individuare non sussiste un’aspettativa giuridicamente tutelata alla previsione dei quantitativi massimi, anche nell’ottica di uno sfruttamento del territorio equilibrato e sostenibile.

D’altro canto osserva il Collegio che è certamente condivisibile il rilievo per cui, nella scelta tra una pluralità di opzioni, l’ampliamento (e l’accorpamento) delle aree già coltivate è prioritario rispetto all’apertura di altri siti, e laddove la programmazione disattenda il criterio generale e preveda l’introduzione di nuovi ATE sia necessaria una specifica motivazione. La ratio della previsione è rinvenibile nell’obiettivo di privilegiare l’espansione di aree già dedicate all’escavazione, per evitare il consumo di territori ancora preservati da tale tipologia di attività, che incide sensibilmente sulla conformazione e sulle dinamiche del sistema naturale e degli insediamenti localizzati presso le aree coinvolte. Alla luce di detto rilievo non si può tuttavia giungere alla conclusione che l’individuazione di nuovi ambiti potrebbe avere luogo solo dopo l’esaurimento dei giacimenti preesistenti. Tale impostazione, oltre a non trovare supporto nel dato normativo, urterebbe con i principi riguardanti la pianificazione, poiché – in sede di approvazione del nuovo Piano – la Regione ben può valutare gli interessi in conflitto e tenere conto delle esigenze di ordine naturalistico e ambientale, precludendo l’ulteriore modifica dello stato dei luoghi ovvero consentire la loro bonifica (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 30/4/2010 n. 1207).

2.4 Nel caso esaminato l’assenza di dati precisi sui nuovi ATE e la stessa considerazione del loro successivo stralcio precludono la valorizzazione di qualsiasi sospetto di lacune motivazionali nelle scelte della Regione.

3. Anche la doglianza con la quale si deduce l’erronea determinazione dei fabbisogni non è accompagnata dal necessario supporto documentale, limitandosi a dare atto di un deficit previsionale collegato al lasso temporale intercorso dal precedente Piano cave e dalla deliberazione provinciale di adozione. L’assenza di stime e raffronti rende impossibile qualsiasi verifica sull’inattendibilità dei dati quantitativi espressi in sede di approvazione definitiva.

4. L’ulteriore censura afferisce alla violazione dell’art. 8 della L.r. 14/98 e all’eccesso di potere per sviamento, dato che la proposta della Giunta regionale sarebbe stata disattesa senza addurre alcuna ragione.

4.1 Ad avviso del Collegio pure la rimostranza sulla svalutazione del ruolo della Giunta regionale e della Provincia non è stata sviluppata con elementi sufficienti ed efficaci. Viceversa per quanto riguarda nello specifico l’ATE g8, dall’esame dell’articolato iter procedimentale non affiorano aspetti di contraddittorietà né di carenza motivazionale.

Nei passaggi tra i diversi Enti ed organi coinvolti – ed in particolare Provincia, Giunta regionale, VI Commissione, Consiglio comunale – non emergono stravolgimenti o mutamenti sensibili ed immotivati capaci di insinuare dubbi sulla correttezza e logicità delle scelte pianificatorie.

Sull’ATE in questione, infatti, i volumi estrattivi riconosciuti dalla Provincia hanno trovato conferma sia presso la Giunta che presso il Consiglio regionale, il quale ha stabilito la quota di 2.400.000 mc. per riserve e lo stesso per la produzione prevista nel decennio. Nessuna variazione pertanto è intervenuta su tale parametro.

Quanto all’estensione dell’ATE, l’unica incisione è avvenuta sull’ampliamento a nord per la collocazione degli impianti di escavazione: premesso che i quantitativi non sono variati, complessivamente l’impresa ha comunque ottenuto l’estensione per un’area a nord capace di ospitare l’impianto produttivo. Per il resto, anche la richiesta di deroga alle distanze ha trovato determinazioni sfavorevoli che si sono succedute (e mantenute) nel corso del procedimento.

4.2 In conclusione gli interventi dei soggetti pubblici competenti sull’ATE g8 sono stati assunti secondo un disegno sufficientemente coerente e senza decisioni contraddittorie e palesemente incongrue, tra l’altro in presenza di una volumetria di scavo mantenuta ferma dall’atto di impulso originario sino all’approvazione dell’atto impugnato.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.

Le vicende pregresse del Piano cave di cui si controverte (con numerosi precedenti giurisprudenziali di segno opposto) e la complessità dell’iter pianificatorio giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il gravame in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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