T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 21-10-2011, n. 1444

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto sindacale 8/7/2008 n. 13 la ricorrente veniva nominata – quale rappresentante del Comune di Castiglione e con funzione di Presidente – nel Consiglio di amministrazione della Società a totale partecipazione pubblica A. S.r.l. (Azienda Servizi alla Persona Alto Mantovano). Nel provvedimento citato si dava atto della nomina di altri 2 Consiglieri di amministrazione, ossia l’Ing. Roberto Belleri e l’avv. Alessandro Beneduci. Questi ultimi rassegnavano le dimissioni in data 16/11/2010 e 11/1/2011. Con il provvedimento gravato di revoca il Sindaco rimuoveva la ricorrente dall’incarico, adducendo "la necessità di rinsaldare il rapporto di fiducia tra i rappresentanti e l’Ente rappresentato attraverso la nomina di un nuovo organo rappresentativo della Società".

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna il decreto in epigrafe, sollevando le seguenti censure in diritto:

a) Violazione dell’art. 50 comma 8 del D. Lgs. 267/2000, della deliberazione consiliare 12/7/2007 n. 47, dell’art. 2383 del codice civile, eccesso di potere per motivazione insufficiente, sviamento, illogicità e pretestuosità, in quanto dall’atto sindacale non traspare alcuna correlazione tra l’affievolimento del rapporto fiduciario ed il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Ente;

b) Violazione dell’art. 7 della L. 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

La ricorrente chiede altresì il risarcimento del danno patito, patrimoniale e non patrimoniale. Il primo è quantificato in 9.180 Euro, corrispondenti ai 6 mesi di indennità non percepita per l’interruzione anticipata del mandato. Il secondo è collegato ad una grave dequotazione della reputazione professionale e dell’immagine, tenuto conto del notevole risalto della vicenda dato dal giornale locale, la cui diffusione media è di 31.576 copie. Il pregiudizio è indicato in 100.000 Euro, salva valutazione in via equitativa di questo giudice.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame e sottolineando in particolare la natura fiduciaria delle nomine e designazioni di cui si discorre, per cui in base al principio del contrarius actus la revoca soggiace alla medesima disciplina della nomina. Puntualizza il Comune che il venir meno del rapporto fiduciario si collega a fatti precisi di cattiva gestione amministrativa dell’Azienda, il cui bilancio 2009 è stato chiuso con una perdita di 16.546 Euro: detto evento ha indotto i revisori dei conti ed il Sindaco ad attivarsi con richieste di informazioni, mai soddisfatte dalla ricorrente malgrado i solleciti (cfr. note sindacali del 26/11/2010 e 3/1/2011). Precisa poi che il bilancio 2010 si è chiusa con una perdita di 441.731 Euro pari ad oltre 1/3 del capitale sociale, che ha costretto ad adottare tempestivamente le necessarie misure di ricostituzione.

Alla pubblica udienza del 5/10/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

La domanda di annullamento è fondata e deve essere accolta, per le ragioni di seguito precisate.

1. Lamenta parte ricorrente la violazione dell’art. 50 comma 8 del D. Lgs. 267/2000, della deliberazione consiliare 12/7/2007 n. 47, dell’art. 2383 del codice civile, nonché l’eccesso di potere per motivazione insufficiente, sviamento, illogicità e pretestuosità, in quanto dall’atto sindacale non traspare alcuna correlazione tra l’affievolimento del rapporto fiduciario ed il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Ente. Sostiene la dott.ssa G. che la deliberazione n. 47/2007 regolamenta le ipotesi di revoca dei rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende ed istituzioni, ed esige che la compromissione dell’intuitus personae sia correlata al mancato perseguimento degli specifici interessi del’Ente: l’atto non è stato neppure preceduto da contestazioni verbali o scritte sull’operato della Presidente e comunque una S.r.l. soggiace alla disciplina codicistica che valorizza gli indirizzi dell’organo gestionale.

Detta prospettazione merita condivisione.

1.1 L’art. 50 comma 8 del T.U.E.L. stabilisce testualmente che "Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni".

La giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di chiarire che tale disposizione definisce tra l’altro la regola, di portata generale, secondo cui le nomine e le designazioni di rappresentanti delle amministrazioni locali presso altri Enti devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono un giudizio di affidabilità, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l’abbia designato, orientando l’azione dell’organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli aveva conferito l’incarico (Consiglio di Stato, sez. V – 12/11/2009 n. 7024; T.A.R. Abruzzo Pescara – 9/2/2011 n. 84).

Per questo il soggetto che ha deciso l’attribuzione dell’incarico ne può anche disporre la revoca.

Il Collegio conosce altresì l’indirizzo secondo il quale il rilievo fiduciario che permea la nomina disposta dall’autorità politica ai sensi dell’art. 50 del T.U.E.L. depotenzia in sede di revoca l’obbligo di dar conto delle ragioni ad essa inerenti (al pari di quanto avviene in occasione della nomina): ciò impedisce che in seconda battuta possa essere pretesa una puntuale e specifica indicazione dei motivi sottesi al venir meno del suddetto rapporto fiduciario. Sulla base di tale premessa è stato affermato che, qualora l’Ente coinvolto non introduca criteri o regole in relazione alla revoca dei medesimi rappresentanti, l’area riservata alla fiducia nel perseguimento e nell’attuazione dei nuovi indirizzi politici (nella specie ricorreva l’ipotesi di una nuova amministrazione) resta esclusivamente occupata dal requisito dell’intuitus personae (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 9/12/2010 n. 7480).

1.2 Nella fattispecie tuttavia risulta che il Comune di Castiglione delle Stiviere si sia dotato, con la deliberazione consiliare n. 47/2007, di criteri precisi e puntuali che debbono supportare la decisione del Sindaco di revocare amministratori di Aziende, Istituzioni e Società dipendenti o controllate dal Comune: è necessario che l’attività di tali organismi si riveli "in contrasto con gli interessi programmatici dell’amministrazione", che sia venuto meno il rapporto di fiducia "da valutarsi in funzione degli obiettivi prefissati dall’Ente", ovvero che risultino "gravi motivi di incompatibilità e di incoerenza con la carica ricoperta", di "contrasto pregiudiziale e immotivato con gli indirizzi dell’amministrazione". E’ addirittura previsto che il Sindaco sia tenuto ad adottare l’atto di revoca quando sia incrinato il rapporto fiduciario "da valutarsi in funzione degli obiettivi prefissati dall’Ente stesso nonché della coerenza del rappresentante con il ruolo di maggioranza od opposizione al quale era collegata la sua nomina".

E’ chiaro quindi che, per quanto concerne l’ipotesi della revoca del rappresentante in carica, il relativo potere non può essere esercitato dal Sindaco ad libitum (per il semplice venir meno del rapporto fiduciario, qualunque ne sia la ragione), ma in modo congruente rispetto agli indirizzi stabiliti dal Consiglio, assolvendo all’onere di dare esplicita motivazione alla scelta (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 8/2/2010 n. 1648).

1.3 Il Sindaco di Castiglione ha adottato l’atto impugnato evidenziando "la necessità di rinsaldare il rapporto di fiducia tra i rappresentanti e l’Ente rappresentato attraverso la nomina di un nuovo organo rappresentativo della Società". Detta asserzione non è stata accompagnata dal benché minimo riferimento a fatti specifici né si rinvengono – nell’ambito del procedimento – gli elementi posti a fondamento della decisione sfavorevole.

1.4 Non è possibile apprezzare favorevolmente il quadro di circostanze emerso dall’esposizione della difesa comunale. Rimane infatti sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario, altrimenti precluso (T.A.R. Piemonte, sez. I – 16/12/2010 n. 4550). L’integrazione è ritenuta inammissibile, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21octies della L. 241/90, allorquando l’attività contestata sia come nella specie espressione di un potere latamente discrezionale, a tutela del buon andamento e del diritto di difesa costituzionalmente garantito dagli artt. 24 e 113 Cost. (T.A.R. Puglia Bari, sez. III – 13/4/2011 n. 578). E’ vero che non costituisce motivazione postuma una difesa dell’amministrazione la quale si limiti a rendere esplicite ragioni del provvedimento già comprensibili esaminando il provvedimento stesso (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I – 13/4/2011 n. 552), ma nel caso controverso il giudice non è in grado di risalire ad alcun evento a giustificazione del provvedimento, salve le semplici richieste di informazioni sulla situazione finanziaria di A..

Nella sostanza, poi, la gravità delle condizioni in cui versava l’Azienda avrebbe proprio dovuto indurre l’amministrazione a dare adeguata e chiara contezza delle ragioni che (ben) potevano fondare la scelta di una sostituzione delle cariche del vertice gestionale, in ossequio ai canoni di trasparenza che debbono ispirare l’azione amministrativa.

In conclusione l’atto impugnato è illegittimo per gravi lacune motivazionali, alle quali si aggiunge l’ulteriore violazione formale dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

2. A diverse conclusioni si deve pervenire con riguardo alla domanda risarcitoria.

2.1 Il risarcimento del danno in via generale non può essere riconosciuto se non vi sono gli estremi dell’antigiuridicità ed esso non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell’amministrazione, l’esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l’illecito ed il danno subìto (Consiglio di Stato, sez. V – 18/3/2002 n. 1562; T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV – 24/6/2010 n. 2519).

Questa valutazione dell’attività come antigiuridica o meno si pone nell’ambito della fattispecie di illecito come "condizione" per il sorgere del risarcimento: ossia, l’evento è ingiusto quando risulti contrastare con la situazione giuridicamente tutelata, in base ad un processo virtuale rivolto a stabilire se il contenuto del provvedimento sarebbe stato diverso qualora l’amministrazione avesse agito legittimamente ovvero quale sarebbe stato il "corso delle cose" se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto, vale a dire se l’amministrazione avesse agito correttamente (Consiglio di Stato, sez. IV – 21/4/2009 n. 2435). Peraltro questo Tribunale (cfr. sentenza 9/7/2007 n. 616) ha anche affermato che, come per gli interessi legittimi pretensivi, anche rispetto agli interessi legittimi oppositivi il pregiudizio dell’interesse individuale conseguente all’illegittimo esercizio del potere amministrativo non comporta automaticamente un danno ingiusto, ove l’interesse al bene non risulti in concreto meritevole di tutela alla stregua dell’ordinamento giuridico.

2.2 Da tempo si afferma l’autonomia del giudizio di danno, ossia del diverso regime della cognizione che si addice al processo risarcitorio, a prescindere dall’adesione alla teoria della pregiudiziale. E la relativa domanda deve seguire l’ordinario principio sull’onere della prova e non basta la deduzione (in base al principio dispositivo con metodo acquisitivo) dell’illegittimità dell’atto; è viceversa necessaria, in base al principio dispositivo, la dimostrazione (ex artt. 2697 c.c. e 115 comma 1 c.p.c.) degli elementi che consentano di concludere in senso favorevole il giudizio sulla spettanza del risarcimento, e cioè occorre innanzitutto la prova del danno ingiusto nella sua esistenza (e nel suo ammontare), consistente nella verifica positiva degli specifici requisiti e, in particolare, nell’accertamento di un’effettiva lesione alla propria posizione giuridica soggettiva tutelata.

2.3 E’ peraltro altrettanto nota l’evoluzione che si è riscontrata nella legislazione e nella giurisprudenza, anche anteriori al Codice del processo amministrativo, nel senso della reciproca autonomia processuale fra i due diversi sistemi – impugnatorio e risarcitorio – di tutela dell’interesse legittimo, e del superamento della pregiudizialità amministrativa quale condizione per accedere alla tutela risarcitoria anche quando la sentenza costitutiva non sia, o non sia più, necessaria ed utile per soddisfare l’interesse sostanziale al bene della vita.

In proposito l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 23/3/2011 n. 3) ha statuito che "a conferma della diversità e della non automatica sovrapponibilità delle regole di validità del provvedimento rispetto a quelle di liceità del fatto,… il danno non è di norma cagionato dal provvedimento in sé inteso ma da un fatto, ossia da un comportamento, in seno al quale rilevano anche le condotte precedenti e successive all’atto. In caso di fatto illecito non viene allora in rilievo una mera illegittimità del provvedimento in sé ma un’illiceità della condotta complessiva riguardo alla quale assume rilievo centrale il giudizio sinteticocomparativo di valore sull’ingiustizia del danno nonché la valutazione della rimproverabilità soggettiva del contegno".

2.4 Per accertare la fondatezza di una domanda risarcitoria proposta ex art. 2043 c.c. nei confronti dell’amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica (cfr. T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I – 17/6/2011 n. 526):

a) in primo luogo, si deve accertare la sussistenza di un evento dannoso;

b) si deve, poi, stabilire se l’accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l’ordinamento;

c) si deve, inoltre, accertare, sotto il profilo causale (facendo applicazione dei criteri generali) se 1’evento dannoso sia riferibile ad una condotta dell’amministrazione;

d) si deve verificare, infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione.

2.5 Alla luce degli elementi delineati, il Collegio non ravvisa nel contegno del Sindaco il carattere dell’illiceità. In quest’ottica, infatti, divengono degni di apprezzamento gli elementi che – seppur esterni al procedimento formalmente viziato – sono affiorati in epoca precedente e susseguente all’adozione dell’atto di revoca, e che danno conto di una gestione amministrativa inadeguata e inefficiente. In sede di udienza pubblica il legale dell’amministrazione ha evidenziato il riconoscimento di un debito fuori bilancio da parte del Comune pari a 439.000 Euro, per la perdita registrata da A. durante l’esercizio finanziario 2010, quando la Società era presieduta dalla ricorrente.

Su tale vicenda, incontestabilmente grave, la difesa della dott.ssa G. non svolge alcun approfondimento né abbozza spiegazioni, quando i dati esibiti giustificano da soli la decisione di azzerare l’apparato di vertice dell’Azienda e di sostituire gli amministratori con altri giudicati più idonei.

Detto profilo è dunque da solo sufficiente ad escludere sia l’ingiustizia del danno patito dalla ricorrente – responsabile di una gestione in perdita – sia l’illiceità del contegno dell’amministrazione, che viceversa è stato ispirato a valori di corretta amministrazione ed attenzione per la cosa pubblica.

2.6 La bontà dell’agire complessivo del Comune di Castiglione delle Stiviere esclude dunque l’esistenza di un danno risarcibile in capo alla ricorrente.

In conclusione il ricorso deve essere accolto per la parte impugnatoria, mentre è infondata la domanda risarcitoria.

2.7 La parziale soccombenza reciproca e la peculiarità della vicenda (nella quale sono comunque emerse chiare responsabilità a carico di parte ricorrente) giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, accoglie la domanda caducatoria e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Respinge la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Primo Referendario

Stefano Tenca, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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