Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-02-2012, n. 2259 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 22-9-2003 P.D., dipendente del Dipartimento delle Dogane fino al 1-6-1999, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ancona il Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Dogane e l’INPDAP, chiedendo l’accertamento del proprio diritto a vedersi computato nella base di calcolo della buonuscita gli importi percepiti a titolo di indennità di amministrazione, con la condanna delle amministrazioni convenute, in solido tra loro, o in via alternativa, al pagamento di quanto dovuto, oltre accessori.

All’uopo il ricorrente invocava il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 che indicava la base di calcolo come "costituita dall’80% dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al fondo", nonchè il ccnl del 10-2-1995, che, nell’istituire l’indennità di amministrazione, la aveva inclusa espressamente nella struttura della retribuzione.

Si costituivano la Direzione Regionale Agenzia delle Dogane Marche, Abruzzo e Molise e l’INPDAP, resistendo alla domanda, ed in particolare deducendo la tassati vita degli emolumenti computabili ai fini dell’indennità di buonuscita e la necessità di una espressa previsione di legge al riguardo ed aggiungendo che il ccnl del 16-2- 1999, applicabile nella fattispecie, aveva previsto soltanto un incremento della indennità di amministrazione ma non la sua inclusione nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita, mentre tale inclusione è stata successivamente prevista, a partire dal 1-1-2000, soltanto con il contratto integrativo del 16-5-2001, non applicabile nella fattispecie (riguardante un rapporto cessato il 1-6-1999).

Il giudice adito, con sentenza del 4-10-2005. accoglieva la domanda condannando le amministrazioni convenute, in solido tra loro, al pagamento di quanto dovuto, oltre interessi.

L’INPDAP proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.

La Agenzia delle Dogane si costituiva e si associava al gravame, concludendo per la riforma della sentenza ed il rigetto della domanda.

Il P. si costituiva, eccependo preliminarmente il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti della Agenzia delle Dogane, che non aveva proposto tempestivo appello avverso la pronuncia emessa nei suoi confronti, e quindi la carenza di interesse all’impugnazione da parte dell’INPDAP, che avrebbe dovuto comunque uniformarsi al prospetto di liquidazione che gli sarebbe stato inviato dall’Agenzia, e resistendo con varie argomentazioni al gravame. Il P. proponeva altresì appello incidentale per ottenere la esatta quantificazione, mediante CTU. della buonuscita dovuta come richiesto in primo grado.

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza depositata il 29-4-2008, in parziale riforma della pronuncia impugnata, confermata nei confronti dell’agenzia delle Dogane, respingeva la domanda nei confronti dell’INPDAP e dichiarava inammissibile l’appello incidentale.

In sintesi la Corte territoriale riteneva passata in giudicato la sentenza di primo grado nei confronti dell’Agenzia delle Dogane, non avendo quest’ultima proposto tempestivo gravame, ma, chiamata in giudizio dall’appellante coobbligato solidale, essendosi limitata a costituirsi in giudizio solo in data 12-3-2008, quando il termine di impugnazione della sentenza, notificata il 30-11-2005, era ampiamente scaduto.

La Corte di merito, poi, riteneva inammissibile l’appello incidentale, in quanto proposto con atto di costituzione depositato oltre il termine prescritto dall’art. 436 c.p.c. e, nel merito, affermava che "concorrono a formare la base contributiva della indennità di buonuscita i soli emolumenti specificamente nominati dal D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 la cui elencazione ha carattere tassativo, ovvero quelli che successivi provvedimenti legislativi abbiano espressamente indicato come inclusi, ad integrazione della disposizione citata (come le norme che hanno inserito, rispettivamente, la tredicesima mensilità ed una quota della indennità integrativa speciale, con contestuale assoggettamento a contribuzione)", non potendo peraltro interpretarsi "le locuzioni "stipendio", "paga" o "retribuzione" nel senso generico di retribuzione onnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa".

Infine, quanto alla previsione del ccnl integrativo del 2001, la Corte territoriale evidenziava che l’indennità di amministrazione è stata considerata utile per la buonuscita soltanto dal 1-1-2000, con esclusione, quindi, per i dipendenti all’epoca già cessati dal servizio.

Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso con un unico motivo.

Il P. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con tre motivi.

L’INPDAP ha depositato procura.

Per il P. è stata depositata memoria ex art. 378 c.p.c. con richiesta, in via principale, di declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Motivi della decisione

Preliminarmente, riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c., va rilevata la nullità della procura apposta a margine della memoria ex art. 378 c.p.c., depositata per il P. dall’avv. Maria Claudia Del Savio, con la conseguente nullità della costituzione in giudizio della stessa "in sostituzione dell’avv. Gianfranco Tamburini" (già ritualmente costituito con procura a margine del controricorso) e della memoria medesima. Di conseguenza deve altresì ritenersi inammissibile il deposito dei documenti allegati alla detta memoria.

Nel giudizio di cassazione, infatti, come ripetutamente è stato affermato da questa Corte (nel regime anteriore alla L. n. 69 del 2009), "la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal cit. art. 83, comma 2 cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata" (v. fra le altre Cass. 9-4-2009 n. 8708, Cass. 20-8-2009 n. 18528).

D’altra parte nella fattispecie, ratione temporis, neppure potrebbe invocarsi il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, in quanto lo stesso "si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83 c.p.c., comma 2." (v. Cass. 26-3-2010 n. 7241, Cass. 28- 7-2010 n. 17604).

Tanto premesso, rileva il Collegio che con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia delle Dogane, denunciando violazione degli artt. 102, 331 c.p.c., D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 26, art. 1292 c.c., art. 332 c.p.c., in sostanza censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto passata in giudicato la pronuncia di primo grado nei confronti dell’Agenzia delle Dogane, non avendo quest’ultima proposto tempestivo gravame.

In particolare la ricorrente principale deduce che "l’azione proposta in prime cure tendeva alla costituzione o modifica di un rapporto plurisoggettivo unico, con conseguente necessari età di litisconsorzio" ed aggiunge che "anche volendo escludere l’orioginarietà della situazione necessariamente litisconsortile, non può negarsi con riferimento alla pluralità delle parti in primo grado l’inscindibilità o dipendenza di cause in sede di gravame agli effetti predetti, necessariamente dovendo estendersi gli effetti della pronuncia sull’una anche sull’altra, pena il contrasto di giudicati tra le stesse parti in punto di accertamento di un unico rapporto sostanziale trilatero, ovvero di rapporti sostanziali plurisoggettivi necessariamente dipendenti".

Il motivo è infondato.

Come è stato più volte affermato da questa Corte "nel caso di responsabilità solidale tra coobbligati si verte in una ipotesi di causa scindibile (prevista dall’art. 332 c.p.c.) cosicchè l’appello proposto da uno soltanto dei condannati in solido non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coobbligato non appellante, qualora, nei suoi riguardi, siano decorsi i termini di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c." (v. fra le altre Cass. 26-3-2007 n. 7308, Cass. 18-10-2005 n. 20140).

In sostanza "l’obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause e non da luogo a litisconsorzio necessario in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, con la conseguenza che se sia uno solo di essi a proporre appello (o questo sia formulato solo nei confronti di uno solo di essi), il giudizio può legittimamente proseguire senza dover estendere necessariamente il contraddittorio nei confronti degli altri, non rientrandosi in una delle ipotesi previste dall’art. 331 c.p.c." (v.

Cass. 21-11-2006 n. 24680, Cass. 30-5-2008 n. 14469, Cass. 30-8-2011 n. 17795).

In particolare, poi, come pure è stato precisato, "il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, allorquando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti che ne siano partecipi, sicchè la decisione richiesta sarebbe altrimenti inidonea a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, ove non vi sia stata la partecipazione di tutti i titolari del rapporto medesimo".

Tale principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte, è stato riaffermato in una fattispecie riguardante il trattamento di fine servizio di un dipendente della Cassa per il Mezzogiorno trasferito alla Regione, rilevandosi che non sussiste litisconsorzio necessario dell’INPDAP, in quanto la decisione sulla pretesa avanzata nei confronti della Regione è idonea a produrre propri effetti (v.

Cass. 10-3-2008 n. 6381).

Orbene parimenti nella fattispecie, non trattandosi di un unico rapporto sostanziale plurisoggettivo e non ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 331 c.p.c., la condanna solidale emessa dal primo giudice non ha comunque determinato la inscindibilità delle cause, le quali, proprio in ragione della affermata solidarietà, sono rimaste scindibili, con conseguente passaggio in giudicato, come sopra, della pronuncia di primo grado nei confronti dell’Agenzia delle Dogane.

Passando, poi, all’esame del ricorso incidentale, osserva il Collegio che con il primo motivo il P., deduce che l’indennità di amministrazione avrebbe dovuto essere inclusa nella base utile ai fini della determinazione della buonuscita in quanto il contratto collettivo 10-2-1995 istitutivo di detto emolumento ne ha espressamente riconosciuto il carattere fisso, continuativo e generalizzato ed il successivo contratto collettivo 16-2-1999 lo ha espressamente e definitivamente incluso nella "struttura della retribuzione".

Nel contempo il ricorrente incidentale invoca anche il contratto collettivo del 16-5-2001 (integrativo del ccnl del 1999) che all’art. 32 inserisce l’indennità di amministrazione nella "retribuzione annua da prendersi a base per la liquidazione del trattamento di fine rapporto" e deduce che l’art. 17, comma 12 del medesimo contratto integrativo non afferma che l’indennità di amministrazione debba essere inclusa solo a partire dal 1-1-2000, bensì disciplina soltanto gli effetti dei nuovi incrementi apportati all’indennità di amministrazione, limitati al biennio economico 2000/2001.

Infine il P. sostiene che il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 nell’affermare che "la base contributiva è costituita dall’80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo", sancisce che fanno parte della base contributiva su cui calcolare la buonuscita tutti gli emolumenti che le leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo" includono nel concetto di "stipendio, paga o retribuzione"1 e non quelli "espressamente qualificati dalla normativa stessa come facenti parte della base contributiva della buonuscita".

Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce che "anche per i dipendenti cessati dal servizio anteriormente all’1-1-2000, l’indennità di amministrazione deve essere computata nella buonuscita in forza dell’art. 38 citato, comma 2 in quanto prevista come utile ai fini del trattamento previdenziale dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 9 dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12 dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 13 lett. b) dalla contrattazione collettiva e assoggettata effettivamente a contribuzione.

Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce che la interpretazione della normativa di legge e collettiva accolta dalla Corte di merito sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 35 e 36 Cost., essendo in definitiva la indennità di amministrazione inclusa nell’indennità di buonuscita soltanto per i dipendenti cessati dal servizio successivamente al 31-12-1999.

I detti motivi, connessi tra loro, risultano infondati.

Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte e va qui ribadito "in tema di diritto all’indennità di buonuscita in favore dei dipendenti statali, deve escludersi che ai fini del ragguaglio dell’indennità medesima, possano comprendersi emolumenti diversi da quelli tassativamente previsti dal combinato disposto del D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 o da leggi speciali, non potendo interpretarsi le locuzioni "stipendio", "paga" o "retribuzione" nel senso generico di retribuzione onnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione resa, attesa la specifica enumerazione degli assegni, computabili a tal fine, operata dal legislatore" (v. da ultimo Cass. 25-10-2011 n. 22125, nonchè sul computo della buonuscita spettante ai dipendenti postali per il periodo antecedente alla trasformazione dell’Ente Poste Italiane e liquidata secondo le norme dettate per i dipendenti dello Stato ex art. 3 e 38 D.P.R. citato, fra le altre, Cass. 23-8-2004 n. 16634, Cass. 11-9-2006 n. 19427. Cass. 26-11-2008 n. 28281).

In particolare è stato anche chiarito che tra le speciali disposizioni di legge che qualificano espressamente come computabili ulteriori emolumenti, non può essere annoverata quella della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 9, (che rinvia con effetto dal 1-1-96 alla L. n. 153 del 1969, art. 12), "siccome riferita alla individuazione degli elementi della retribuzione utili al (diverso) fine della determinazione della base di calcolo dei trattamenti di pensione dei dipendenti pubblici iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria" (v. Cass. 19427/2006 cit.).

Del resto tali principi, dai quali il Collegio non ha motivo di discostarsi, sono stati più volte affermati anche dalla giurisprudenza amministrativa (v. fra le altre Cons. Stato Sez. 6^, n. 4887/2003, 3195/2003. 1108/2000, 5914/2000) che ha sottolineato che "per stabilire l’idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita non rileva il carattere sostanziale dello stesso (natura retribuiva o meno), ma il dato formale, vale a dire il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento" per cui in specie, è stata "esclusa la computabilità dell’indennità di amministrazione dalla base contributiva ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita, poichè essa non risulta contemplata nell’elencazione tassativa delle indennità di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, comma 2" (v. T.A.R. Lazio, Sez. 3^ ter, 19-7-2007 n. 6732 che richiama T.A.R. Lazio, Sez. 3^, 4- 10-2004 n. 10138 e T.A.R. Toscana, Sez. 1^, 9-6-2003 n. 2195).

Legittimamente quindi la sentenza impugnata ha escluso la indennità di amministrazione dal computo della buonuscita maturata, a prescindere dalla inclusione dell’emolumento nella "struttura della retribuzione" (v. espressamente art. 28 ccnl del 1999).

D’altra parte, come ha rilevato la Corte territoriale, nella fattispecie (rapporto cessato il 26-12-1999) non trova applicazione l’art. 32 del CCNL integrativo del 2001, che riguarda il (diverso) "trattamento di fine rapporto", a decorrere dal 1-1-2000.

Infine neppure possono sorgere dubbi in ordine alle violazioni delle norme costituzionali richiamate, in considerazione della diversità delle situazioni (e dei trattamenti), della evidente non influenza sui principi di tutela del lavoro e del rilievo che il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento, sebbene pensionabile, debba necessariamente essere incluso nella buonuscita.

In tali sensi vanno quindi respinti entrambi i ricorsi e, in ragione della soccombenza reciproca, le spese vanno compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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