Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 29-09-2011, n. 35555 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Brescia confermava la decisione in data 21/5/09, con la quale il G.I.P. in sede aveva dichiarato tra gli altri R.N. e S.O. colpevoli il primo del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (capo 40) e il secondo del reato di cui all’art. 81 c.p. – D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (Capo 2.2; 2.3; 2.4; 2.5; 2.6; 2.7;

29; 2.10; 2.11; 2.13; 2.14; 2.15; 2.16; 2.17; 2.18; 2.19; 2.20;

2.21), nonchè del reato di cui all’art. 385 c.p. (capo 3) e li condannava ciascuno alla pena di giustizia.

La vicenda aveva preso l’avvio da una serie di controlli, rivolti alla prevenzione del traffico di stupefacenti nella zona della cd.

"bassa bresciana" e si giovava dell’esito delle intercettazioni sulle utenze cellulari in uso a E.A., nordafricano, noto narcotrafficante, in grado di gestire tramite il fornitore Mg.

H. dall’Olanda ingenti quantitativi di cocaina, che venivano ceduti in grande quantità ai diversi connazionali insidiatisi nella provincia di Brescia, che a lui facevano capo, nonchè dalle propalazioni rese dal predetto, che dopo una iniziale reticenza aveva deciso di collaborare con gli inquirenti, fornendo dettagliate indicazioni sull’intero organigramma dell’organizzazione dedita al traffico di cocaina. In tale contesto si inserisce la sottoposizione ad intercettazione delle utenze di persone di etnia araba, che, secondo l’impostazione accusatoria, consentivano di accertare che dopo l’arresto del Mg. di fatto il ruolo di spedizioniere dall’Olanda veniva svolto da tale M.K., collaboratore del predetto, e il ruolo di importatore da S.O., il quale soleva recarsi direttamente con due complici in Olanda, dove gli veniva predisposta l’autovettura per occultare il carico, che affidava a questi ultimi, mentre lui rientrava in Italia con altri mezzi per cautelarsi dagli effetti di eventuali operazioni di controllo.

Incrinatisi poi i rapporti tra il S. e il suo corrispondente olandese dopo tre importazioni di successo, il primo si era dato all’importazione dalla Spagna e al termine di una complessa operazione, consistita in un minuzioso servizio di o.p.c. da parte degli inquirenti, il predetto sfuggiva alla cattura, in quanto, come da sua consuetudine, era rientrato dal luogo dell’acquisto con altri mezzi di trasporto, mentre i due corrieri venivano arrestati, perchè viaggiavano con un carico di kg, 1 di cocaina a bordo della VW Golf intestata alla convivente F.C..

Fondavano i giudici di merito l’affermazione della colpevolezza del S., cui erano risaliti attraverso il controllo delle utenze del M.K., con il quale l’imputato si era messo in contatto per portare a termine due importazioni di droga di circa due kg. per volta dall’Olanda, nonchè sul contenuto delle conversazioni intercettate e sugli accertamenti e servizi di o.p.c., posti in essere dalla p.g. in occasione del predetto sequestro di kg. 1 di cocaina importato dalla Spagna.

Analogamente per R.N., cui si contestava la cessione di gr.10 di cocaina, destinata a tale R., la prova era desunta dal contenuto di intercettazione telefonica, intercorsa tra il R. e E.E.A., nella quale si discuteva di "10 bastarde", che gli inquirenti identificavano nella cocaina già tagliata.

Contro tale decisione ricorrono entrambi gli imputati, a mezzo del proprio difensore il primo e personalmente il secondo e ne chiedono l’annullamento Il R.N. denuncia difetto di motivazione e censura l’affermazione della colpevolezza, fondata esclusivamente sul contenuto di una intercettazione telefonica, unica nel giro di oltre quattro mesi di captazione, priva di valido riscontro probatorio e seguita da una perquisizione che aveva dato esito negativo.

Con il primo motivo il difensore di S.O. denuncia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale, il travisamento della prova, la mancanza, manifesta illogicità della motivazione, testualmente rilevabile in riferimento all’affermazione della colpevolezza in ordine ai fatti ascritti al capo 2 dell’imputazione. La Corte di merito aveva operato una inammissibile inversione logica dell’ordine della decisione, avendo dato prima per assodato che l’imputato fosse un elemento di rilievo nel narcotraffico e poi valutato le singole imputazioni, procedendo alla interpretazione del linguaggio criptico adoperato nelle conversazioni intercettate alla stregua della preliminare definizione data al S. e non già contestualizzando il linguaggio con l’oggetto delle conversazioni medesime, ed evitando di verificare l’effettiva univocità delle espressioni utilizzate in termini di riferibilità a traffici illeciti. Quanto alla identificazione dell’imputato e alla riconducibilità a costui delle utenze telefoniche intercettate, i giudici del merito si erano limitati ad affermare come non vi fossero dubbi in proposito, ma avevano omesso di precisare la provenienza di tale certezza dal momento che dalle note informative di p.g. emergevano indicazioni generiche, mai si faceva il nome dell’imputato, e mai si indicavano gli elementi che avevano portato alla identificazione del S.. Quindi la difesa passava in rassegna i singoli episodi, contestati nei vari capi di accusa, per evidenziare la mancata risposta da parte del giudice del gravame alle censure mosse nei motivi di appello in ordine alla plausibile interpretazione alternativa lecita delle conversazioni intercettate.

Con il secondo motivo lamenta l’inosservanza e erronea applicazione della norma di cui all’art. 62/bis c.p. e il vizio di motivazione in riferimento alla mancata applicazione delle attenuanti generiche e alla mancata risposta delle doglianze difensive sul punto.

Infine con il terzo motivo deduce la violazione della norma di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 86 e il vizio di motivazione in riferimento alla applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dallo Stato in assenza di un valido giudizio di pericolosità sociale.

Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

Ed invero le censure proposte esorbitano dal catalogo dei casi di ricorso, stabiliti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, profilandosi come doglianze non consentite ai sensi del comma 3 cit. art., volte come esse appaiono, a introdurre come "thema decidendum" una rivisitazione del "meritum causae" sia in ordine alla responsabilità, che in ordine al trattamento sanzionatorio, preclusa, come tale in sede di scrutinio di legittimità.

In particolare nel caso in esame i giudici del gravame hanno dato conto con puntuale e adeguato apparato argomentativi, cui in precedenza si è fatto cenno, delle ragioni della conferma del giudizio di colpevolezza di entrambi i ricorrenti e del trattamento sanzionatorio a ciascuno di essi riservato e segnatamente della pericolosità sociale ostativa alla concessione delle generiche e alla revoca della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato imposta al S.O., enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, e non mancando di esaminare dettagliatamente le deduzioni difensive sottoposte al suo esame, le stesse poi riversate nei rispettivi ricorsi. Di conseguenza la motivazione non appare sindacabile in sede di controllo di legittimità della sentenza impugnata, soprattutto quando i ricorrenti si limitano sostanzialmente a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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