Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 29-09-2011, n. 35553

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.D. ha proposto ricorso avverso la sentenza del 12 gennaio 2010 della Corte d’appello di Napoli con la quale è stata confermata la condanna per il delitto di cui all’art. 570 c.p., commi 1 e 2, in relazione alla L. 12 dicembre 1970, n. 898, art. 12 sexies, disposta dal giudice di primo grado.

Con il primo motivo si lamenta violazione delle norme sul contraddittorio, facendo riferimento ad accadimenti verificatisi nel corso del giudizio di primo grado, che hanno condotto l’interessato a non partecipare al processo malgrado la sua presenza nei locali del Tribunale, ed all’udienza di rinvio, malgrado la presentazione di un certificato medico che attestava il suo impedimento.

2. Con il secondo motivo si lamenta l’inadeguatezza della motivazione di sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, individuabili nella disponibilità di risorse sufficienti da parte dell’obbligato e dello stato di effettivo bisogno del soggetto passivo.

Si rileva che il giudice di primo grado ha motivato con riferimento al mancato versamento dell’assegno, mentre la condotta in concreto tenuta dal ricorrente è costituita dal versamento di una somma inferiore a quella stabilita, per il quale comportamento, secondo la ricostruzione contenuta nell’atto introduttivo, non è possibile giungere alla determinazione di condanna.

In argomento si richiamano le proprie condizioni economiche di dipendente non regolarmente assunto, tenuto a provvedere al nuovo nucleo familiare formato da sei persone, gravato inoltre da problemi disabilità che colpivano l’ultimo figlio. Si richiamano inoltre le documentazioni prodotte nel corso del giudizio di merito, volte dimostrare il suo stato di bisogno, attestato anche dagli accertamenti della guardia di finanza disposti dopo la richiesta di accesso al patrocinio a spese dello Stato, circostanze ingiustamente non valorizzate dal giudice di merito. Si osserva inoltre che l’obbligo alimentare è limitato alla soddisfazione delle elementari esigenze di vita e che rispetto ad esse non risulta accertato la presenza di uno stato di bisogno del creditore che ha potuto mantenere l’uso della casa coniugale, senza corrispondere alcunchè.

Dalle circostanze esposte si riteneva verificata un’attenuazione dell’obbligo giuridico su esso esponente gravante, in ogni caso contestando la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Preliminarmente, in rito si deve rilevare l’assoluta genericità delle deduzioni riguardo alla pretesa erroneità della dichiarazione di contumacia dell’interessato, in quanto, a fronte di un preteso rinvio disposto, in assenza degli interessati, alla prima udienza, ma di cui gli stessi avrebbero preso atto nella stessa giornata, non sussiste alcuna violazione del principio del contraddittorio, laddove invece successivamente, secondo quanto prospettato dalla stessa difesa, il giudice di merito ha disatteso la richiesta di rinvio articolatamente motivando sulla mancata documentazione di un impedimento assoluta a comparire da parte dell’interessato; tale modalità procedimentale è stata contestata nel ricorso, senza dimostrare l’infondatezza in fatto dell’assunto, sostanzialmente sollecitando in questa sede una rivalutazione della situazione di merito, inammissibile in questo grado; in tal senso quindi deve respingersi la relativa eccezione, in quanto inammissibile, non riguardando uno dei casi richiamati dall’art. 606 c.p.p..

2. Nel merito è pacificamente accertato che, a fronte dell’evasione all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore del figlio minore, non è necessario dimostrare lo stato di bisogno del creditore, poichè il minore è per definizione in stato di bisogno (Cass. Sez. 6, n. 20636 del 02/05/2007, dep. 25/05/2007, imp. Cerasa, Rv. 236619; Cass. Sez. 6, n. 715 del 01/12/2003, dep. 15/01/2004, imp. Pisano, Rv. 228262) non potendo che far fronte alle sue esigenze di vita alle contribuzioni del genitori, parimenti obbligati al suo mantenimento, la cui mancanza realizza la violazione contestato.

La responsabilità penale può escludersi solo se l’obbligato fornisca la prova rigorosa della sua assoluta impossibilità di adempiere, che nella specie non è stata offerta, come è dimostrato dalla circostanza che il ricorrente si è limitato ad allegare le sue difficoltà, rispetto agli obblighi derivanti dalle necessità del suo nuovo nucleo familiare, che al più gli avrebbero potuto suggerire una diversa distribuzione delle risorse, previa richiesta di modifica delle condizioni fissate in sede di determinazione dell’assegno, non l’auto riduzione, o peggio, l’esclusione di qualsiasi partecipazione ai mantenimento del figlio del primo matrimonio, come risulta invece avvenuto nel caso concreto.

La sentenza impugnata correttamente motiva, sia riguardo alle risorse economiche del ricorrente all’epoca del processo, sia con riferimento alla dedotta mancanza di elemento psicologico, risultando dalla struttura normativa del reato che è sufficiente alla sua consumazione la coscienza e volontà dell’inadempimento, neppure posta in discussione dalle allegazioni difensive, che fanno riferimento ad un indimostrato stato di necessità, che non esclude la consapevolezza del mancato adempimento.

Irrilevante altresì è la pretesa deduzione della natura escludente del reato del versamento parziale, poichè, trattandosi nella specie di omesso versamento dell’assegno fissato in sede di pronuncia di divorzio, per la formulazione normativa di cui all’art. 12 sexies contestato nella specie, la violazione sussiste anche nell’ipotesi, ammessa dallo stesso interessato, di versamento parziale (Sez. 6, Sentenza n. 37079 del 27/03/2007, dep. 08/10/2007, imp. Russo, Rv.

237443), come già sottolineato dal giudice d’appello, e non contrastato in chiave argomentativa nel ricorso.

3. All’inammissibilità del ricorso consegue, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, nonchè al versamento della somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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