Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-02-2012, n. 2249 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza in data 21 dicembre 2004, il Tribunale di Como: (a) accertato che la s.r.l. Edilconsult non aveva adempiuto all’obbligo di concludere il contratto di compravendita del posto auto n. 15 e del posto auto a raso, oggetto del contratto preliminare sottoscritto in data 2 agosto 2001 con F.C., situati in (OMISSIS), trasferiva a C. F. la proprietà dei suddetti posti auto, come individuati nella planimetria allegata al contratto, disponendo il previo pagamento della somma di Euro 48.340,36, quale prezzo pattuito per l’acquisto; (b) accertato che la revoca della procura a E. C., stipulante il predetto contratto quale procuratore speciale dell’Edinconsult in forza di procura speciale rilasciata in data 30 luglio 2001, era intervenuta il 18 marzo 2002, dunque successivamente alla stipula dell’atto oggetto di causa, dichiarava che non era ravvisabile alcun abuso di poteri da parte del C..

2. – Pronunciando sul gravame della s.r.l. Edilconsult, la Corte d’appello di Milano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 3 settembre 2009, in parziale riforma della impugnata decisione, ha rigettato la domanda di esecuzione specifica, ex art. 2932 cod. civ., azionata dal F..

2.1. – A tale conclusione la Corte territoriale è giunta per l’assorbente ragione che in data 12 ottobre 2000, dunque ben prima della stipulazione del preliminare , era stato trascritto, in favore del Comune di Como, un vincolo pertinenziale con riferimento all’intero corpo interrato del fabbricato cui si correlano i "posti auto". Sicchè – ha osservato la Corte d’appello – "il trasferimento coattivo del posto interrato, invocato dal F., si porrebbe in stridente contrasto con la previsione normativa … di nullità della cessione attuata in violazione del vincolo pertinenziale".

Quanto al posto a raso, l’inammissibilità della pronuncia di esecuzione in forma specifica è stata motivata sul rilievo che "per pacifica risultanza, Edilconsult aveva Codificato la sistemazione dei posti a raso e …, così operando, ne aveva anche impedito la precisa individuabilità in senso fisico".

La Corte di Milano – "pur essendo palese l’inadempimento, innegabilmente colpevole, dell’Edilconsult" – ha poi rigettato la domanda di risarcimento del danno, proposta in via subordinata dal F., e ciò per non essersi costui "curato di precisare, e men che meno di provare, i danni asseritamente patiti e patiendi.

3. – Per la cassazione di questa sentenza il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 3 giugno 2010, sulla base di sei motivi.

La società Edilconsult ha resistito con controricorso.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Sotto la rubrica "violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 1989, n. 122, artt. 2 e 9 della L.R. Lombardia 19 novembre 1999, n. 22, art. 1, dell’art. 1362 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione alle norme tecniche di attuazione del Comune di Como, approvate con Delib. consiglio comunale 6 aprile 1998, n. 28, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 167 e dell’art. 41 Cost., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione", con il primo motivo il ricorrente si duole che la Corte d’appello non abbia considerato che la pertinenza urbanistica ex lege riguarda esclusivamente lo spazio standard di parcheggio stabilito dalla legge, ma non anche, come nella specie, quello eccedente tale misura.

In ogni caso la Corte del merito non avrebbe tenuto conto del fatto che le norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Como consentono di destinare il vincolo pertinenziale anche a favore di un’unità immobiliare, come quella del F., sita nel raggio di mt. 500 dall’immobile oggetto dell’intervento.

Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione della L. n. 122 del 1989, art. 9 e degli artt. 2643 e 2644 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) si addebita alla sentenza impugnata di non avere considerato che la L. n. 122 del 1989, art. 9 non trova applicazione allorchè non sia prevista una destinazione di ciascun parcheggio a favore di singole unità immobiliari, ma genericamente degli edifici.

Il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ.) lamenta che la sentenza impugnata si sia basata essenzialmente sulla nota in data 8 febbraio 2005 del Comune di Como (con la quale l’ente locale ha dichiarato incedibili separatamente dalle unità immobiliari tutti i posti auto siti nel piano interrato dell’edificio), nota la cui produzione in appello era inammissibile.

2. – I tre motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Occorre premettere che nella specie i posti auto interrati sono stati realizzati ai sensi della L. 24 marzo 1989, n. 122, art. 9 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate nonchè modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393).

Questa disposizione (nel testo ratione temporis applicabile) prevede:

che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti;

che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purchè non in contrasto con i piani urbani del traffico;

che l’esecuzione di tali opere ed interventi è soggetta ad autorizzazione gratuita;

che i parcheggi così realizzati non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale, essendo nulli i relativi atti di cessione.

Questa Corte – a Sezioni Unite (sentenza 15 giugno 2005, n. 12793) – ha già rilevato che i parcheggi costruiti in base alla L. n. 122 del 1989, art. 9 sono "soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilita dall’unità principale, cioè a utilizzazione vincolata e, al tempo stesso, a circolazione controllata".

Avendo accertato – con logico e motivato apprezzamento delle risultanze documentali di causa – che il vincolo pertinenziale di destinazione era stato realmente trascritto, a favore del Comune di Como, sin dal 12 ottobre 2000 (quindi, anteriormente alla stipula del contratto preliminare), e che esso riguardava l’intero corpo interrato, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto sussistente una preclusione all’emissione della richiesta sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. Invero, poichè i parcheggi realizzati ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9 che i proprietari di edifici già costruiti possono realizzare per porli al servizio delle singole unità immobiliari, sono affetti da un vincolo di pertinenzialità e non possono essere alienati separatamente dall’unità immobiliare al cui servizio sono inderogabilmente destinati, tale impossibilità giuridica, sanzionata da nullità, come preclude la stipulazione di qualsiasi atto di cessione del posto auto separatamente dall’unità immobiliare in favore della quale il vincolo è stabilito, così, egualmente, è di impedimento all’emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., che al contratto definitivo si sostituisce in caso di inadempimento del preliminare.

Non giova al ricorrente il richiamo nè alla disciplina particolare dettata, nel territorio della Regione Lombardia, dalla L.R. 19 novembre 1999, n. 22 (Recupero di immobili e nuovi parcheggi: norme urbanistico – edilizie per agevolare l’utilizzazione degli incentivi fiscali in Lombardia), il cui art. 1, nel prevedere una nozione di pertinenzialità allargata, consente di realizzare parcheggi all’interno dei centri abitati da destinarsi a pertinenza di unità immobiliari, residenziali e non, poste esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza, purchè nell’ambito del territorio comunale o in comuni contermini (Cons. Stato, Sez. 6^, 26 aprile 2005, n. 1874); nè alla previsione delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Como, che autorizza il vincolo anche per parcheggi da destinare a pertinenza di unità immobiliari site nel raggio di 500 metri dall’immobile oggetto dell’intervento.

E ciò ove si consideri che nella presente vicenda è mancata, secondo quanto risulta inoppugnabilmente dalla sentenza impugnata, la prova in punto di fatto della sussistenza di una situazione proprietaria in capo al ricorrente riconducibile all’ambito di estensione del raggio di operatività della legge regionale o delle pedisseque norme tecniche comunali. La Corte d’appello ha infatti rilevato – e l’accertamento resiste alle censure mosse con il ricorso – che "il non meglio spiegato domicilio professionalè del F., stabilito nelle immediate vicinanze… del complesso immobiliare di Edilconsult, non è dato sapere, in definitiva e concretamente, in che cosa consista, nè in quale senso od in quali limiti possa essere aquiparato, in effetti, ai requisiti ordinariamente richiesti per la valida cessione dei posti".

Sotto questo profilo, la mancanza della prova di un titolo proprietario in capo al ricorrente nello stesso Comune ove è stato realizzato il parcheggio, rende irrilevante lo ius superveniens, costituito dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, art. 10 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), il quale, novellando la L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5, consente si di trasferire il parcheggio pertinenziale in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, ma solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune".

Nè può avere ingresso la doglianza secondo cui la L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5 non sarebbe applicabile in una situazione nella quale l’atto unilaterale di vincolo pertinenziale e di obbligo sarebbe stato trascritto a favore dell’intero edificio sovrastante, anzichè di singole e specifiche unità immobiliari. Trattasi, invero, di questione nuova, non affrontata dalla Corte d’appello, il cui esame presuppone un’indagine in fatto (le modalità di apposizione del vincolo, se riguardanti, indistintamente, l’edificio sovrastante o le unità immobiliari in esso comprese ed in corso di ristrutturazione). Nel giudizio di appello, infatti, era stata posta dal F. la diversa questione della indicazione del vincolo pertinenziale, che avrebbe dovuto avvenire attraverso la precisazione "dei riferimenti catastali anche del soprastante edificio, di modo da creare quel collegamento di (parziale) identità tra il bene gravato da vincolo e gli edificandi parcheggi che, solo in tal modo, avrebbe consentito al promittente acquirente di conoscere il ridetto vincolo" (v. la sintesi dello stesso F. a pag. 5 del ricorso, confermata dalla lettura della pag. 7 della sentenza impugnata).

Quanto, poi, alla utilizzazione, da parte della Corte d’appello, della nota in data 9 febbraio 2005 del Comune di Como, depositata dalla difesa della Edilconsult soltanto nel giudizio di gravame, si tratta di un documento nuovo, predisposto dal Comune successivamente alla sentenza di primo grado, la cui produzione in appello era consentita a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 3, avendone il Collegio a quo verificato l’indispensabilità, come si desume dalla motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto tale prova decisiva ai fini del giudizio, perchè denotante che il vincolo pertinenziale riguardava tutti i posti auto interrati.

3. – Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ.) censura che l’impugnata sentenza abbia ritenuto che la domanda attorea avesse ad oggetto un parcheggio a raso differente da quello oggetto del contratto preliminare soltanto perchè medio tempore erano mutati (peraltro ad iniziativa arbitraria della promittente alienante) i dati catastali del parcheggio, pur essendo questo rimasto identico della sua fisicità. 3.1. – Il motivo è infondato.

Poichè la sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo, correttamente la Certe territoriale ha ravvisato una preclusione all’emissione della sentenza costitutiva nel fatto che il bene promesso in vendita non era venuto ad esistenza secondo la tipologia strutturale o la modalità di dislocazione topografica programmate dalle parti, avendo l’Edilconsult realizzato un posto a raso diverso da quello "individuato nella planimetria allegata al preliminare". 4. – Con il quinto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 1218 e 1223 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) ci si duole che la Corte d’appello abbia obliterato che nel caso di mancata stipula del contratto definitivo di vendita dovuta ad inadempimento del promittente alienante, il danno subito dal promissario acquirente consiste, innanzitutto, nella perdita subita, rappresentata dalle somme versate in sede di contratto preliminare a titolo di acconto prezzo.

L’ultimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 1218, 1223, 1226 cod. civ. e dell’art. 61 cod. proc. civ. nonchè vizio di motivazione, sul rilievo che, nel respingere la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante, la Corte del merito avrebbe omesso di esaminare gli elementi di prova addotti dall’attore e di assumere la necessaria indagine tecnica.

4.1. – Il quinto ed il sesto motivo – i quali vanno esaminati congiuntamente, perchè pongono questioni analoghe e comunque connesse – sono infondati.

In primo luogo va esclusa – con ciò correggendosi, ex art. 384 cod. proc. civ., la motivazione del giudice a quo – la configurabilità stessa di un diritto al risarcimento del danno da inadempimento in favore del ricorrente per il mancato trasferimento del posto auto interrato.

Poichè per i parcheggi realizzati ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9 la cessione separata dall’unità immobiliare alla quale essi sono legati da vincolo pertinenziale da luogo ad una nullità testuale del contratto, ascrivibile non già a fatto del cedente ma al contrasto del programmato regolamento di interessi con una specifica norma imperativa, dettata a salvaguardia di interessi generali connessi all’ordinato sviluppo del territorio e all’esigenza urbanistica di ridurre, nei centri abitati, l’ingombro delle vie pubbliche causato da sosta, parcheggio o manovre in corrispondenza degli edifici, il promissario acquirente di un posto auto promesso in vendica in violazione del suddetto vincolo inderogabile di destinazione non può pretendere il risarcimento del danno derivante dal rifilato del promittente di prestare il consenso per la stipulazione del definitivo.

Il ricorrente avrebbe dovuto semmai proporre domanda di ripetizione dell’indebito oggettivo relativamente alle somme che avesse dimostrato di avere versato in conto prezzo, e quindi senza causa, in occasione della proposta di acquisto o del preliminare di vendita.

Cosi corretta la motivazione, in questa parte, della sentenza impugnata, per il resto le censure del ricorrente, là dove si riferiscono al risarcimento del danno da mancato trasferimento del posto auto a raso (con compreso nel vincolo di destinazione), non colgono nel segno.

La Corte d’appello ha infatti dato atto che nè nella comparsa di costituzione e risposta, nè negli atti successivi, il F. si è curato di "precisare" in concreto quali perdite avesse subito e quale guadagno non avesse realizzato, essendosi invece limitato a chiedere, genericamente, il risarcimento di tutti i danni dal medesimo patiti e patiendi a causa dell’inadempimento colpevole della Edinconsult, nella misura in cui tali danni sarebbero stati accertati in corso di causa, anche con liquidazione equitativa.

In sostanza, la Corte d’appello ha escluso che possa esservi spazio per alcun ristoro, essendo l’appellato venuto meno agli oneri di allegazione di una ordinaria azione di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, non indicando neppure le voci del concreto pregiudizio economico subito.

Sotto questo profilo, la censura mossa dal ricorrente è generica, non dandosi cura di sottolineare (al di là del richiamo alla documentazione prodotta) se nella comparsa di costituzione e risposta l’appellato abbia effettivamente adempiuto al prescritto onere.

Il danno non poteva essere riconosciuto dalla Corte d’appello con la sola argomentazione che lo stesso era da ritenere ontologicamente esistente o in considerazione del potere riconosciuto al giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa o con ricorso al mezzo della consulenza tecnica, questo potere presupponendo in ogni caso che la parte istante, nel produrre la documentazione rilevante (e, più in generale, nel fornire gli elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso), ne evidenzi, attraverso la necessaria attività di allegazione, il significato ai fini della dimostrazione dell’effettiva esistenza del pregiudizio in concreto subito.

5. – Il ricorso è rigettato.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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