Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 29-09-2011, n. 35541 Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 marzo 2003, la corte di appello di Roma confermava la pronuncia di condanna, emessa il 20 settembre 1999 dal pretore di quella città, di F.Q. e S. L., imputati, nell’ambito di un più ampio processo, il primo di ricettazione di patenti ed assegni, utilizzati per la apertura di conti correnti, intestati a se stesso od altri con false generalità ed il secondo di ricettazione di assegni provenienti da detti conti.

2. La corte di cassazione, investita dalle impugnazioni degli imputati, annullava la pronuncia, nei confronti del F. per mancato accoglimento di una richiesta di rinvio per legittimo impedimento e nei confronti dello S. per il mancato esame dei motivi di appello riguardanti il dolo e la non consapevolezza della illegittimità del conto corrente e degli assegni e disponeva il rinvio al giudice di merito per nuovo esame.

3. La Corte di Appello di Roma, con la decisione oggi impugnata, per il F., che aveva proposto motivi esclusivamente attinenti al trattamento sanzionatorie, preliminarmente, dichiarava non doversi procedere perchè estinte 4 delle sei ipotesi delittuose ascrittegli per prescrizione; esclusa la ricorrenza della invocata attenuante ex art. 62 c.p., comma 1, n. 4, rideterminava la pena, con la riduzione per il rito abbreviato in un anno mesi otto di reclusione ed Euro 300 di multa.

4. In ordine alla posizione dello S., riteneva indubbia la ricorrenza dell’elemento oggettivo del reato, poichè come riconosciuto dalla difesa, l’imputato, pluri-protestato e perciò impossibilitato ad aprire un conto corrente, si era accordato con il F., che gli si era presentato con altro nome, per utilizzare il conto corrente di costui, traendo alcuni assegni, che venivano poi girati per i suoi affari. Egli, quindi, versava sul conto F. le relative somme a copertura delle emissioni cartolari; tale manovra era ritenuta penalisticamente integrante il delitto di ricettazione, in quanto per il reato presupposto (apertura con false generalità e falsità degli assegni) non rilevava l’invocato formale rispetto della normativa bancaria, atteso che il F. ne otteneva la disponibilità con modalità illecite. Dal profilo soggettivo, richiamava per relationem la motivazione espressa per altro imputato, centrata sulla certezza che il conto si appartenesse al F. e non al terzo intestatario, peraltro inesistente, in quanto entrambi gli imputati avevano avuto rapporti personali solo con il F., di cui conoscevano la vera identità. 2. Ricorrono gli imputati e deducono:

3. Il F., nullità della sentenza per omesso avviso del deposito della stessa al difensore di fiducia, essendo, invece, stata effettuata al difensore di ufficio. Inoltre, vizio di motivazione sulla sussistenza del reato contestato e sulla mancata riduzione della pena ex art. 442 c.p.p..

4. Lo S. denuncia difetto di motivazione in ordine all’elemento oggettivo e soggettivo del reato e sulla mancata riduzione della pena ex art. 442 c.p.p..

Motivi della decisione

1. I ricorsi presentati dagli imputati sono da dichiarare inammissibili, con le consequenziali statuizioni.

2. Per quanto riguarda la posizione del F., è da osservare che il primo motivo, in rito, non ha alcun fondamento: dall’esame degli atti di causa, risulta che al difensore dell’imputato, avvocato Giampiero Forte, la notifica dell’avviso di deposito della sentenza è stata effettuata presso il consiglio dell’ordine professionale di appartenenza, in quanto l’indicato professionista, non può reperibile all’Indirizzo conosciuto, per trasferimento, non aveva segnalato alcun nuovo recapito. Non si è, dunque, verificata alcuna nullità; peraltro le ragioni esposte in ricorso non tengono in alcun conto detta situazione di fatto, ma invocano difformità dalle regole inerenti ad altre posizioni soggettive, non curando di spiegare quale sia l’influenza delle stesse sulla regolarità della notifica al detto avvocato Forte.

3. Del pari inammissibili sono i motivi di merito, che non sono stati affatto proposti innanzi al giudice di appello; il F. si è doluto, con il gravame, solo del trattamento sanzionatorio e non anche del difetto di responsabilità. Nè può certo giovarsi, per modificare o ampliare l’originario tema devoluto con l’appello, della circostanza che la Corte si sia pronunciata in sede di rinvio, per il cennato annullamento di una prima sentenza.

4. E’ principio pacifico, infatti, che il giudice di rinvio ha per legge gli stessi poteri del giudice il cui provvedimento è stato annullato. Ne consegue che nel caso in cui quello annullato sia un provvedimento del giudice dell’impugnazione, il giudice di rinvio deve rispettare il principio "tannini devolutum quantum appeltatum", ossia è tenuto a limitare la propria cognizione al punti della decisione investiti dai motivi di gravame, fra i quali, come detto, non era compreso quello relativo alla colpevolezza del F..

5. Difetta, infine, di interesse il F. per la misura della pena, posto che la Corte, contrariamente da quanto assunto, ha riconosciuto, come da costui richiesto, la diminuzione della pena ex art. 442 c.p.p..

6. Anche il ricorso dello S. è affetto da vizio di inammissibilità. 7. Il ricorrente si è doluto del difetto di adeguata motivazione, senza tener conto dello sviluppo argomentativo offerto dalla corte che aveva individuato i due snodi principati detta ricettazione netta sicura consapevolezza che egli conoscesse la falsità della intestazione del conto bancario, posto che egli operava sullo stesso, sicuro che nessun altro avrebbe interferito con la sua azione di emissione di assegni postdatati e di ripianamento della provvista;

dalla concreta modalità della condotta è stata logicamente desunta sia la conoscenza del F., di cui evidentemente egli si fidava, sia della consequenziale coscienza della falsità della intestazione del conto corrente, previa utilizzazione dei documenti falsi.

8. A fronte di tale valutazione delle prove, corretta dal profilo logico, il ricorrente non oppone che una generica lagnanza, dolendosi che la sua posizione non sia stata adeguatamente esaminata, ma non confrontandosi con i detti punti e non indicando i difetti del ragionamento e la loro incidenza sulla sua posizione.

9. Altrettanto generico è il motivo con cui lo S. si duole del mancato riconoscimento della diminuente per il rito abbreviato, chiesto e non concesso in prime cure. Infatti, l’appello sul punto è stato stimato dalla corte, con insindacabile valutazione di merito, inconsistente, in relazione alla motivazione di rigetto espressa dal primo giudice, implicitamente richiamata per relationem, ed il ricorrente non ha reso esplicite le sue contrarie ragioni, come sarebbe stato suo onere. La corte, pertanto, ben poteva rimettersi alle valutazioni del giudice di primo grado e ritenerle esaustive, rispetto ad una doglianza meramente iterativa della richiesta, e non sostenuta dalla individuazione di elementi giustificativi l’applicazione ora per allora della diminuente.

10. In conclusione, i ricorsi sono da dichiarare inammissibile ed i ricorrenti sono da condannare ciascuno al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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