Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 29-09-2011, n. 35540

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da C.D. avverso la sentenza del GIP presso il Tribunale di Massa in data 10.03.2005 che, all’esito di giudizio abbreviato, lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 314 c.p. perchè, in qualità di maresciallo in servizio presso la stazione CC. di Massa, avendo per ragioni del suo ufficio, la disponibilità di due ricevute vincenti del gioco del lotto smarrite da terzi, se ne era appropriato, tentando di riscuotere la relativa vincita (in massa in epoca prossima all’8/2/2003) e, concesse le attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4, con la diminuzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione, con interdizione dai pp.uu. per pari durata, pena sospesa, la Corte di Appello di Genova, con sentenza 16.1.2009, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli.

Avverso tale sentenza il C., a messo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame:

1) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per errata applicazione e/o interpretazione dell’art. 314 c.p. in relazione all’elemento oggettivo del reato con relativo difetto di motivazione sull’apprensione cosciente della res e "interversio possessionis" delle ricevute smarrite, pacifico essendo il fatto che il ricorrente non era giammai entrato materialmente nella disponibilità della vincita stessa, non potendosi, pertanto, dirsi concretizzato l’elemento materiale della apprensione della cosa con "animus rem sibi habendi";

2) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per errata applicazione e/o interpretazione di legge ex art. 314 c.p. in relazione all’art. 56 c.p., commi 3 e 4 (recesso attivo – desistenza volontaria) posto che – in tali sensi – la condotta del ricorrente andava correttamente inquadrata, essendosi volontariamente astenuto dal percepire le somme delle vincite delle matrici smarrite e quindi ponendo fine alla propria condotta in un momento in cui il reato non si era ancora concretizzato e, comunque, non era stato ancora consumato.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti.

Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Ed invero, a smentita dei motivi addotti, giova richiamare il corretto e motivato argomentare dell’impugnata sentenza che, in aderenza alla verifica della condotta dell’imputato, anche "ante factum", ha rappresentato l’evidente impossessamento della "res" (bollette del gioco del lotto), smarrite dalla titolare insieme alla borsa, non potendo riferirsi il concetto dell"interversio possessionis" alla vincita che, pertanto, rappresenta la conseguenza dell’"adprensio" illegale della "res".

A maggior ragione risulta palesemente infondato il motivo sub 2), pacifico essendo, come motivatamente risulta dall’impugnata sentenza, che la mancata riscossione della vincita non fu certo ascrivibile nè a spontaneo recesso nè a desistenza volontaria dell’imputato dalla condotta, ma la conseguenza del comportamento del titolare della ricevitoria con reiterato richiamo all’informazione avuta dalla P. dello smarrimento delle ricevute in uno alla borsa che le conteneva, con la conseguenza di aver contrassegnato nel bollettino ufficiale con un segnale il numero di tali ricevute smarrite. Di qui l’inconsistenza dell’invocata ipotesi dell’esimente, comprovato essendo che l’abbandono delle ricevute sul banco della ricevitoria, non senza ulteriore tentativo di giustificare la propria richiesta di riscossione dell’importo della vincita, rappresenta ovvia conseguenza del già avvenuto, palese fallimento della propria azione, del tutto indipendente dall’asserita desistenza volontaria e tanto meno dallo spontaneo recesso della condotta (cfr. in termini cass. pen. Sez. 2, 18.9.2003 n. 35764, Iadanza ed altri), per l’evidente ricorrenza di fattori esterni (in equivoco comportamento del gestore della ricevitoria con esplicito richiamo alla segnalata denuncia dello smarrimento delle ricevute da parte della proprietaria e relativa segnalazione del fatto ai CC). Di qui l’inconfigurabilità dell’invocata esimente art. 56 c.p., ex commi 3 e 4.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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