Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-02-2012, n. 2238 Responsabilità del committente Responsabilità dell’appaltatore Rovina e difetti dell’immobile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 16 gennaio 1997 L. C. e D.V.M. evocavano, avanti al Pretore di Brindisi (ora Tribunale di Brindisi), D.M.I. e G. L. e premesso di avere acquistato, con rogito del 18.1.1993 per atto del notaio Lapelosa, villetta in (OMISSIS), di proprietà della D.M.I., costruita dal LA., immobile che aveva manifestato "gravissimi vizi e difetti", consistenti nel cedimento della pavimentazione interna ed esterna, della rampa di scala e del muro di recinzione, deficienze costruttive che erano state denunciate alla venditrice con racc. del 28.3.1996 ed accertate in sede di accertamento tecnico preventivo, chiedevano la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni correlati alle spese necessarie per l’eliminazione dei difetti ed al mancato godimento dell’immobile.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della D.M. I., rimasto contumace il LA., che eccepiva la prescrizione dell’azione per decorso del termine annuale di cui all’art. 1495 c.c., nonchè il proprio difetto di legittimazione passiva per avere gli attori esercitato l’azione ex art. 1669 c.c., il Tribunale adito (già Pretore), accoglieva la domanda attorea e per l’effetto condannava in solido i convenuti al pagamento in favore dei coniugi L. – D.V. della somma complessiva di Euro 18.592,00, oltre accessori.

In virtù di rituale appello interposto dalla D.M.I., con il quale deduceva la nullità della sentenza per violazione delle garanzie del contraddittorio e di difesa, insistendo per la fondatezza della eccezione di prescrizione ex art. 1495 c.c. per decorrenza del termine annuale dalla consegna dell’immobile avvenuta il 18.1.1993, la Corte di appello di Lecce, nella resistenza degli appellati, rimasto contumace il LA., accoglieva l’appello e in parziale riforma della decisione impugnata, rigettava la domanda svolta dagli appellati contro la D.M.I.. A sostegno dell’adottata sentenza, la corte territoriale, evidenziata l’infondatezza quanto all’addebito relativo alla nullità della pronuncia, affermava la non "condivisibilità del ragionamento del giudice di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto di estendere l’applicabilità dell’art. 1669 c.c. solo al committente, qualità spettante alla D.M.I., con la conseguenza che i coniugi L. – D.V. potevano far valere la responsabilità ex art. 1669 c.c. nei confronti del LA., appaltatore – costruttore, ma non potevano disporre di tale azione anche contro la D.M.I., committente verso il LA., ma venditrice verso i coniugi predetti, nei cui confronti gli acquirenti avrebbero potuto invocare la sola garanzia prevista dagli artt. 1490 – 1492 c.c. nei termini previsti dall’art. 1495 c.c., azione, a loro dire, non esercitata e comunque prescritta per decorrenza del termine di up anno dalla consegna dell’immobile.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Lecce hanno proposto ricorso per cassazione i coniugi L. – D. V., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito la D.M.I. con controricorso, non costituito il LA. – la quale ha anche proposto ricorso incidentale sulla regolazione delle spese giudiziali del grado di appello.

Motivi della decisione

I due ricorsi vanno preliminarmente riuniti perchè relativi alla medesima sentenza. Ciò posto, con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere mandato esente da responsabilità la venditrice – committente dell’immobile in questione sebbene alla luce dell’interpretazione dell’art. 1669 c.c. data, in via consolida, dalla corte di legittimità, l’azione per fare valere tale responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico sia stata riconosciuta non solo ai committente nei confronti dell’appaltatore, ma anche all’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità.

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la corte di merito mostrato di ritenere, senza darne adeguata motivazione, che il committente non possa essere considerato anche "costruttore" ai fini dell’estensibilità al venditore della portata dell’art. 1669 c.c. nel caso di vizi e difetti manifestati dell’immobile compravenduto, diversamente da quanto espressamente statuito dalla legittimità, secondo cui il venditore di unità immobiliari che abbia curato direttamente la costruzione, ancorchè con lavori appaltati a terzi, risponde ex art. 1669 c.c. dei gravi difetti nei confronti degli acquirenti.

I due motivi, che affrontando la medesima questione relativa alla responsabilità ex art. 1669 c.c. del venditore – costruttore, sia pure sotto diversi profili (violazione di legge e vizio di motivazione), per ragioni di ordine logico e per economia di motivazione, possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza, riguardando tutte questioni collegate, sono fondati.

La corte di merito nell’adottare la sentenza impugnata non si è uniformata ai condivisibili principi più volte affermati da questa corte in materia di responsabilità per i gravi difetti dell’edificio costruito e compravenduto.

La disposizione dell’art. 1669 c.c., qui invocata, configura una responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico, sancita per finalità di interesse generale, che trascende i confini dei rapporti negoziali tra le parti. Pertanto, l’azione di responsabilità prevista dalla suddetta norma può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, senza che abbia rilievo la specifica identificazione de rapporto giuridico in relazione al quale la costruzione è stata effettuata (v. Cass. 28 aprile 2004 n. 8140; Cass. 25 marzo 1998 n. 3146). Ne consegue che l’applicazione dell’ari 1669 nei confronti del venditore è giustificata allorchè la posizione da lui assunta nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti abbia evidenziato l’assunzione da parte del detto soggetto di una diretta responsabilità nella costruzione dell’opera. Inoltre deve trattarsi di gravi difetti dell’edificio, che al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, si sostanzino in vizi che, senza influire sulla stabilità dell’opera, pregiudichino e/o menomino in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima. Tra i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. sono comprese le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei e/o non a regola d’erte. E’ stato, inoltre, chiarito, ai fini della responsabilità ex art. 1669 c.c., che costituiscono difetti dell’edificio non solo quelli che incidono in misura sensibile sugli elementi essenziali delle strutture dell’opera, ma anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, ecc), purchè tali da compromettere la funzionalità dell’opera stessa. Alla luce di quanto sopra, nel caso in esame, risultava (circostanza non contestata dalla resistente) che il LA., esercente l’attività di imprenditoria edile, aveva realizzato il complesso edilizio di via (OMISSIS), in cui era ricompresa l’abitazione in questione, venduta ai ricorrenti, su incarico della stessa D.M.I. e su suolo edificatorio in proprietà della medesima committente, chiesta ed ottenuta la prescritta concessione edilizia, per cui la corte di merito avrebbe dovuto ritenere che quest’ultima aveva curato l’esecuzione dei lavori, ancorchè materialmente affidati all’impresa del LA. mediante contratto di appalto. La corte di appello non ha tenuto ben presente il discrimine esistente tra semplici vizi e difformità previsti dall’art. 1667 c.c. ovvero ex art. 1490 – 1492 c.c. nei termini di cui all’art. 1495 c.c. ed i gravi difetti contemplati dall’art. 1669 c.c. omettendo di inquadrare in questi ultimi le deficienze costruttive descritte nella sentenza impugnata, quali il cedimento della pavimentazione interna ed esterna, della rampa di scala e del muro di recinzione. Si tratta all’evidenza di difetti e vizi aventi ovvia incidenza sulla funzionalità ed abitabilità dell’immobile con conseguente menomazione de godimento dell’immobile.

Vizio che si è conseguentemente riverberato anche in un difetto di motivazione, per non avere la corte di merito dato adeguata e coerente ragione del proprio convincimento sul punto affermando che la qualità di venditrice della D.M.I. la rendeva estranea all’ambito operativo dell’art. 1669 c.c..

Passando ad esaminare il ricorso incidentate avanzato dalla D.M. I., e doglianze che attengono alla violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere compensato le spese di lite senza specificare i giusti motivi, vertendo sulle spese processuali del gravame risultano assorbite dall’accoglimento del ricorso principale.

In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della corte di appello di Lecce, la quale, uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati e tenendo conto dei rilievi sopra esposti, provvedere ad un nuovo esame della controversia. Il designato giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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