T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 21-10-2011, n. 646 Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente si è collocato in una posizione utile nella graduatoria del concorso per 588 posti di vigile del fuoco, indetto dal Ministero dell’Interno nel 1993 (GU serie speciale n.55 del 1993).

L’amministrazione, tuttavia, ha negato l’assunzione del ricorrente per la mancanza dei requisiti di moralità prescritti dall’articolo 41 del d.lgs. n. 29 del 1993, con riferimento all’articolo 26 della legge n.53 del 1989.

Secondo il ricorrente, così facendo, l’amministrazione avrebbe introdotto un requisito non previsto dal bando e avrebbe altresì fatto applicazione di una normativa non applicabile ai vigili del fuoco; avrebbe, poi, in subordine, valutato in modo errato e immotivato la mancanza dei requisiti morali in capo al medesimo.

Quanto al primo profilo, esso appare infondato, e a tal fine appare sufficiente rilevare che, secondo la gerarchia delle fonti, il bando di concorso non può, di per sé, derogare in modo espresso alla disciplina di legge; a maggior ragione, quindi, non può derogarvi in modo tacito, omettendo di richiamare ogni singola disposizione applicabile alla selezione ed al successivo rapporto d’impiego.

Quanto al secondo, è sufficiente rilevare che l’art. 41 del D.L.vo 29/93, applicabile ratione temporis al caso in esame – in seguito abrogato dall’art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 -, disponeva che "ai fini delle assunzioni di personale, compreso quello di cui all’articolo 42, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, si applica il disposto di cui all’articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53"; il quale, a sua volta, ha previsto che "per l’accesso ai ruoli del personale della polizia di stato e delle altre forze di polizia indicate dall’art. 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria" (artt. 8 e 124 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).

Secondo i precedenti giurisprudenziali in materia, che il Collegio condivide (cfr. TAR Roma, Lazio, Sez. I, 9 febbraio 2009, n. 1301; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 21 novembre 2006, n. 4069), il Corpo dei Vigili del Fuoco deve essere ricompreso nel novero delle "amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia", atteso che tale locuzione non individua specifiche e distinte amministrazioni bensì, con una formula anche ripetitiva, indica un ampio ambito di attività amministrativa in cui necessariamente rientra anche l’attività di protezione civile, specificamente connessa, dall’art. 11 della legge n. 225/1992, anche al suddetto Corpo (da ultimio, Tar Lazio, sentenza n.2957 del 2011).

Quanto, infine, al merito del giudizio sulla moralità del candidato, secondo la giurisprudenza, l’amministrazione deve verificare che, per le qualità morali e personali e per l’habitus comportamentale, vi sia un ragionevole affidamento sulla tutela della credibilità e del prestigio che deve contraddistinguere chi intende svolgere determinate funzioni (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6417).

Ora, per ammissione dello stesso ricorrente (che ha depositato la sentenza n.52 del 1996 della Corte d’Appello di Campobasso), egli si è reso responsabile della violazione degli articoli 134 e 140 del r.d. n.773 del 1931 (per avere svolto abusivamente attività di inseguimento e pedinamento a danno di terzi, senza essere autorizzato all’esercizio delle investigazioni private).

Secondo una condivisibile giurisprudenza, tuttavia, l’amministrazione ha l’obbligo – anche in ragione del venir meno già dal 1984 della buona condotta come requisito per l’accesso agli impieghi pubblici definibili "ordinari" (vedasi legge 29 ottobre 1984, n. 732) – di valutare il comportamento dell’aspirante in maniera rigorosa, ossia prendendo in considerazione tutti gli elementi idonei a consentire la migliore interpretazione e valutazione dei fatti, dandone successivamente atto nella decisione adottata.

In altri termini, non può essere omesso l’esame delle modalità con cui si è svolta la condotta imputata, l’età e la maturità del soggetto al momento di compiere il fatto e i contegni da quest’ultimo solitamente assunti, con evidenziazione – in caso di diniego dell’assunzione – del carattere oggettivamente ostativo riconosciuto ai comportamenti assunti dall’aspirante all’assunzione e dell’effettivo riverbero negativo attribuito agli stessi comportamenti rispetto all’immagine dell’amministrazione datorale (Tar Lazio sentenza n.2957 del 2011).

Viceversa, la valutazione del rilievo di eventuali denunce o condanne penali verrebbe lasciato al mero arbitrio dell’amministrazione.

Le spese, tuttavia, possono essere compensate, in ragione della natura della questione decisa.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Lo accoglie, spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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