Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 29-09-2011, n. 35530 Liquidazione e valutazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di S.M. propone ricorso avverso la sentenza del 24 febbraio 2009 della Corte d’appello di Roma con la quale è stata confermata la sua responsabilità per di reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare commessi in danno della figlia M. in periodo antecedente il compimento della maggiore età.

Si lamenta con il primo motivo mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul capo relativo risarcimento del danno in favore della parte civile ed inosservanza erronea applicazione della legge penale in quanto nella pronuncia, pur essendosi provveduto a dichiarare l’improcedibilità dell’azione con riferimento all’ulteriore imputazione relativa al periodo in cui la figlia aveva raggiunto la maggiore età, per mancanza di querela, non è stato correlativamente ridotto il quantum del risarcimento dovuto alla parte offesa; si richiama giurisprudenza di legittimità, che ravvisa in tale pronuncia la violazione del principio di cui all’art. 574 c.p.p., comma 4. 2. Con il secondo motivo si rileva contradditorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’inadempimento dell’imputato, richiamando gli accordi economici intervenuti con la moglie, di cui assume esservi traccia negli atti, desumibili dalle stesse ammissioni della donna circa il termine ben più lungo in cui ella aveva ritenuto di restituire al marito il credito da questi vantato rispetto a quanto pattiziamente stabilito, circostanza che escludeva dal concomitante periodo l’esistenza dell’inadempimento.

Si lamenta inoltre la mancata specifica motivazione del giudice di secondo grado che, pur in presenza di contestazioni analitiche contenute nell’atto di gravame, si era richiamato alla pronuncia di primo grado senza compiutamente dare conto delle dedotte argomentazioni difensive.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato in relazione al contestato accertamento di responsabilità, in quanto nella sentenza di secondo grado si da pienamente conto degli inadempimenti, ammessi dallo stesso interessato, e della mancanza di prove sulla conclusione dell’accordo, la cui presenza l’interessato cita quale fonte di un preteso diritto alla compensazione del credito. In argomento il ricorrente non individua la prova non valutata, omettendo l’allegazione specifica, ma si limita a contestare la mancata valutazione di tale elemento, con difetto di specificità del motivo di ricorso che ne determina l’infondatezza.

2. Diversamente deve concludersi quanto al motivo di ricorso riguardante la liquidazione del danno. L’esame dei provvedimenti di merito non permette una ricostruzione analitica della determinazione del danno, liquidato in via equitativa nel corso del primo grado, che pertanto deve logicamente intendersi correlato alle conseguenze dell’illecito come in quella sede accertato, anche con riferimento al danno conseguito alla figlia dell’imputato, in relazione alla cui posizione si è giunti invece, nel corso del giudizio d’appello, all’esclusione di responsabilità; tale circostanza avrebbe imposto la correlativa esclusione del risarcimento, necessariamente connesso all’illecito, che invece è stato confermato nella sua integrale entità, come individuata nel precedente grado di giudizio.

Se è del tutto pacifico che nella determinazione del danno incida la concreta offensività del reato, al punto che l’esclusione di un’aggravante impone la rimodulazione delle conseguenze civili del reato (Sez. 5, Sentenza n. 1917 del 18/11/2010, dep. 21/01/2011, Rv.

249098, im. Rondelli), a fortiori ove, come nella specie, si sia giunti ad una delimitazione dell’illecito, con esclusione della sua verificazione in danno della figlia, avrebbe dovuto ridursi correlativamente l’entità del risarcimento riconosciuto complessivamente in relazione all’azione illecita, come accertata in primo grado.

Per contro, la richiamata condizione di mancanza di analiticità nella liquidazione non permette di scorporare la somma dovuta alla parte civile a tale titolo, ed impone, conseguentemente, l’annullamento di tale capo della pronuncia, con rinvio del procedimento per nuovo giudizio sul punto al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’ammontare del danno liquidato in favore della parte civile e rinvia per nuovo giudizio sul punto al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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