Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 29-09-2011, n. 35528

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Trieste, con la sentenza impugnata ha ribadito la responsabilità di G.A.S. per i reati di guida in stato di ebbrezza, disturbo alla quiete pubblica, rifiuto di fornire le proprie generalità e resistenza a p.u. (commessi in (OMISSIS)) come affermata dal quel tribunale con sentenza del 16 luglio 2008. 2. Ricorre il G. e deduce:

Violazione di legge per avere dichiarato inammissibile la impugnazione proposta avverso le due contravvenzioni, di cui ai capi a e b, perchè la stessa non rispondeva ai criteri di cui all’art. 606 c.p.p., cui era soggetta ex art. 593 c.p.p., sul rilievo che i motivi erano attinenti a soli profili di fatto. Invece, quanto alla prima contravvenzione, l’impugnazione verteva sulla mancanza di logicità della deduzione che egli, in quanto trovato a dormire in auto, a causa di abuso di alcol, si fosse già posto alla guida del mezzo in tale stato e non avesse assunto invece la bevanda una volta fermatosi.

Medesima violazione riguarda la seconda contravvenzione, mancando la prova del tutto dell’idoneità della condotta (accensione di un’auto radio ad alto volume) a turbare il riposo.

Il reato ex art. 651 c.p. era stato individuato erroneamente, dato che egli non aveva rifiutato di declinare le sue generalità, ma solo di esibire il documento.

Il delitto di resistenza a p.u. non è ravvisarle, infine, dato che egli aveva posto in essere solo dei comportamenti autolesionistici.

Infine era errato il rilievo di novità dei motivi aggiunti, relativi alla pena, che sono comunque sussumibili nella contestazione detta responsabilità.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione è inammissibile e vanno, quindi, adottate le consequenziali statuizioni in tema di spese processuali ed ammenda.

2. Innanzi tutto, è da rilevare che in questa sede di legittimità, il G. si limita a riproporre per quanto riguarda le due contravvenzioni, non appellabili, le medesime censure già proposte innanzi al giudice di appello, incorrendo in un duplice vizio di inammissibilità: infatti, le censure, sono affette da genericità, dato che non si confrontano con le effettive ragioni della decisione del giudice distrettuale, che peraltro ha dato adeguata risposta alle doglianze dell’imputato. E’ infatti esatto il rilievo che le doglianze erano entrambe incentrate su una diversa ed alternativa versione dei fatti, a sè favorevole, che come tale, in presenza di un adeguato ragionamento, privo di illogicità e di carenze nell’esame dei dati probatori, adottato dai giudice di merito sulla opposta ricostruzione in chiave accusatola, non è sottoponiate al vaglio di legittimità.

E’ evidente, poi, che la riproposizione dei medesimi temi, centrati sulla erronea valutazione degli elementi di merito, devoluta a questa corte impinge, comunque, nei vizio di inammissibilità, poichè vengono introdotte censure non consentite sulla valutazione dei fatti, operata dal primo giudice.

3. Anche la censura relativa alla contravvenzione contestata al capo e ed al capo d ( art. 337 c.p.) della originaria contestazione risulta affidata ad una diversa lettura del comportamento dell’imputato, che nega di aver integrato con la sua condotta, le due fattispecie ascrittegli; ma ciò fa, asserendo, che egli avrebbe solo rifiutato di esibire i documenti ed avrebbe solo assunto atteggiamenti autoiesionistici privi del necessario dolo di resistenza ai p.u..

Viceversa, risulta dalle sentenze di merito, che egli si era rifiutato di declinare le sue generalità e che aveva preso a calci l’auto di servizio, nell’atto in cui i p.u. lo stavano trasferendo negli uffici per procedere alla sua identificazione, proseguendo la sua azione di protesta anche all’interno dell’abitacolo, atteggiamento che, logicamente, non è stato attribuito ad autolesionismo ma, con adeguata aderenza ai fatti, al compimento del delitto di resistenza, per la finalità evidente di ostacolare l’atto che i due agenti stavano compiendo.

4. Infine, è errata la deduzione che i motivi concernenti la pena avrebbero dovuto, comunque, essere esaminati dalla Corte, a nulla rilevando che essi fossero stati proposti con una memoria aggiunta, successiva allo scadere del termine della impugnazione.

In base al principio devolutivo che caratterizza il giudizio di appello ed in base alle norme relative alle formalità dell’impugnazione, che richiedono, tra gli altri requisiti previsti a pena di inammissibilità del gravame, quello della specificità dei motivi ( art. 581 c.p.p., lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), deve escludersi che l’impugnazione della sentenza di primo grado in punto di responsabilità possa ritenersi implicitamente comprensiva anche della doglianza concernente il trattamento sanzionatorio, dato che quelli che riguardano la pena costituiscono capi della decisione suscettibili di passaggio in giudicato In via autonoma. (Massime Vedi: N. 3658 del 1995 Rv. 201941, N. 1070 del 2000 Rv. 215669, N. 45739 del 2003 Rv. 226976, N. 14776 del 2004 Rv.

228525, N. 46584 del 2004 Rv. 230402, N. 46950 del 2004 Rv. 230281, N. 33662 del 2005 Rv. 232406, N. 45725 del 2005 Rv. 233210, N. 26762 del 2008 Rv. 240268, N. 27325 del 2008 Rv. 240367).

Pertanto, il G. non può dolersi della rilevata inammissibilità dei motivi sulla pena, che risultano tardivamente presentati, per come peraltro dallo stesso ammesso e quindi correttamente non esaminati.

5. Il ricorrente è, pertanto, da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma che si reputa equo determinare in Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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