Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-02-2012, n. 2226 Liquidazione e valutazione

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 20-5-2004 il Tribunale di Ferrara ha dichiarato la nullità del precetto notificato in data 19-2-2001 da P. G. a Pa.Gi. ed, in accoglimento della riconvenzionale proposta da quest’ultima,ha condannato il Pa. al pagamento della somma di Euro 51.645,68, oltre interessi dalla messa in mora al saldo. Il Tribunale ha ritenuto, sul rilievo che l’assegno in base al quale P.G. aveva iniziato l’esecuzione era privo di data, che la procedura esecutiva era stata intrapresa senza valido titolo esecutivo; che la domanda di risarcimento danni proposta dal Pa. era da rigettare, in mancanza di prova sul danno, essendo il Pa. un soggetto pluriprotestato; che la domanda di condanna del Pa. al pagamento della somma portata dal titolo era fondata, con condanna del Pa. al pagamento della metà delle spese processuali, compensate per la restante parte.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 4-8-2008, ha confermato la decisione del Tribunale, sul rilievo che il Pa. non aveva fornito alcuna prova del danno subito per il protesto dell’assegno; che l’eccezione di prescrizione era infondata, che non vi era alcuna prova della novazione del rapporto obbligatorio.

Propone ricorso Pa.Gi. con due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso P.G., proponendo ricorso incidentale condizionato, illustrati da memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 2 Cost. e degli artt. 2043, 1123 e 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene il ricorrente che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto che è onere del soggetto protestato illegittimamente fornire la prova del danno subito, in quanto il protesto illegittimo determina una lesione alla reputazione professionale per cui il danno non patrimoniale e in re ipsa e deve essere liquidato senza che incomba sul danneggiato l’onere della prova della sua sussistenza.

2. Il motivo è infondato.

Infatti questa Corte ha affermato che in tema di risarcimento del danno da illegittimo protesto di assegno bancario, la semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sè sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando tuttavia l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio (Cass. sentenza del 25marzo 2009, n. 7211).

3. Nel caso di specie, come rilevato dal giudice di primo grado, il Pa. era soggetto pluriprotestato e di conseguenza egli aveva l’onere di provare che il protesto in oggetto, benchè illegittimamente elevato, aveva leso la sua reputazione professionale, già compromessa dalla pluralità dei precedenti protesti, procurandogli un danno sul piano dell’affidabilità commerciale ed una lesione all’immagine sociale ulteriore rispetto alla già maturata compromissione di tali valori per plurimi protesti elevati legittimamente.

4. La giurisprudenza di questa Corte invocata dal ricorrente, relativa al danno in re ipsa, non è applicabile al caso di specie, in quanto si riferisce ad una ipotesi in cui i valori dell’immagine sociale e professionale sono integri e vengono lesi dall’ingiusto inserimento nel cartello dei cittadini insolventi.

5. Con il secondo motivo si denunzia difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 relativo a fatti decisivi individuati; "dal fatto che l’assegno in questione è stato consegnato nel febbraio 1987 a garanzia della girata di quote della società La Cosentina s.r.l. e ne era prevista la restituzione a Pa.Gi. secondo modalità concordate dalle parti; dal fatto che dall’elevazione dell’illegittimo protesto dell’assegno sono derivate notevoli difficoltà nell’esercizio dell’attività per conto della società Est Fruits di cui il Pa. era procuratore generale; dal fatto che l’assegno è stato sostituito mediante il rilascio di altri titoli cambiari, con conseguente novazione del rapporto; dal fatto che il rapporto sottostante all’emissione dell’assegno non è stato minimamente individuato, nè menzionato, nè tantomeno provato;dal fatto che comunque il rapporto sottostante si era estinto per intervenuta prescrizione". 6. Il motivo è inammissibile per plurimi i profili.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis alla sentenza in oggetto, l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto (in relazione alle denuncie di violazioni di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4) ovvero (per le censure sulla motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) "con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per e quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione" (art. 366 bis c.p.c.). (Cass. 3441/2008, 2697/2008). Pertanto, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) "deve contenere un momento di sintesi (omologo de quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità". Sez. U, Sentenza n. 16528 del 2008. 7. Nella specie, il ricorso contiene un momento di sintesi che non è formulato nel rispetto dei principi sopraenunziati.

Infatti il motivo si chiude con un lungo momento di sintesi che non assolve al requisito di indicare riassuntivamente e circoscrivere la dedotta insufficienza della motivazione in modo da consentire a questa Corte di valutare la fondatezza del vizio lamentato. La elencazione di una pluralità di circostanze,che si indicano come fatti controversi senza individuare la decisività di tali fatti e senza alcuna coordinazione logica fra gli stessi, in sostanza si risolve in una inammissibile richiesta di nuove valutazione di merito, sia in relazione alle deposizioni testimoniali, che a circostanze che non sono state esaminate dal giudice di appello e che il ricorrente non deduce neanche con quali atti sono state introdotte nei processo, il che costituisce un ulteriore profilo di inammissibilità.

Il ricorso incidentale condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2012

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