Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 29-09-2011, n. 35525

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di C.E. propone ricorso avverso la sentenza del 2 dicembre 2009 della Corte di appello di Catanzaro confermativa della condanna di primo grado per il reato di cui all’art. 388 c.p..

Si eccepisce con il primo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 388 c.p. in quanto il comportamento concretizzante il reato sarebbe stato individuato nella mancata rimozione di un ponte di lamierato che univa la proprietà dell’odierno ricorrente al fondo della parte lesa, ritenendo con tale comportamento elusa l’ordinanza in materia dettata dal Tribunale di Cosenza.

Si assume che la norma contestata prevede quale oggetto giuridico del reato lo specifico obbligo direttamente derivante dai provvedimenti tutelati dalla norma, mentre nella specie l’adempimento ritenuto doveroso implica la collaborazione del soggetto obbligato;

conseguentemente la sua omissione non potrebbe assumere rilievo penale. Secondo la prospettazione difensiva sarebbe stato necessario l’intervento dell’ufficiale giudiziario per eliminare il lamierato al fine di eseguire l’obbligo di fare, la cui attuazione non poteva incombere sull’interessato.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 431 c.p.p., comma 1, lett. a) nonchè inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, in quanto solo nel giudizio d’appello è stata accertata l’assenza della querela, a seguito di eccezione del difensore dell’imputato. Tale atto non risultava mai prodotto dal P.m., e si è accertato mancante anche dai suo fascicolo.

La Corte d’appello ha disposto l’acquisizione della querela, consentendo alla parte civile di produrla, e si ritiene che tale attività non potesse essere demandata alla parte interessata, poichè il giudice di primo grado risulta avere emesso la sentenza in assenza della condizione di procedibilità; si eccepisce l’irritualità della decisione della Corte di porre a carico della parte civile l’onere di produrre un elemento essenziale per l’esercizio dell’azione penale, in assenza del quale il pubblico ministero avrebbe dovuto chiedere l’archiviazione.

3. La Corte ha ritenuto inoltre che la querela sia stata proposta tempestivamente nel presupposto che, vivendo la parte lesa lontano dal luogo ove si svolgevano i fatti, recandosi in tali campi solo 4-5 volte l’anno, avesse avuto tardivamente conoscenza di quanto avveniva. In contrasto con tale argomentazione si riproduce integralmente il verbale delle dichiarazioni rese dalla parte lesa, che contraddicono tale assunto, contestando la legittimità delle conclusioni contenute nella sentenza impugnata, sollecitandone pertanto l’annullamento, per violazione di legge e travisamento della prova.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Quanto al primo profilo l’esame del capo d’imputazione consente di accertare che la contestazione mossa a C. riguarda solo in via secondaria la mancata rimozione della lamiera che, fungendo da ponte, gli garantiva il costante accesso al fondo della controparte, poichè essa attiene, sotto un primo profilo, l’inadempimento al divieto di attraversamento di tale fondo, divieto imposto dall’ordinanza cautelare emessa dal giudice civile che, per garantire costante osservanza di tale obbligo, aveva anche imposto la rimozione dell’opera fissa. Il richiamo all’infungibilità ed incoercibilità dell’obbligo di fare è quindi del tutto inidoneo ad escludere l’esistenza del reato contestato e rende pertanto inammissibile il primo motivo di ricorso, per manifesta infondatezza, stante l’insussistenza degli elementi di fatto che ne costituiscono il presupposto.

2. Inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso poichè del tutto pacifico (Sez. 5, Sentenza n. 1077 del 12/01/2000, dep. 01/02/2000, imp. Litterio Rv. 215750) che la querela, ove nei fatti ritualmente proposta, debba necessariamente far parte del fascicolo processuale, e che, qualora non sia stata prodotta dal P.m. nel corso del giudizio di primo grado, la Corte d’appello sia obbligata ad acquisirla,in applicazione dell’art. 603 c.p.p., anche a cura della parte proponente.

L’interpretazione richiamata costituisce una diretta applicazione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, che risulterebbe eluso dall’esclusione della prova di esistenza della condizione di procedibilità, ove legata a motivi esclusivamente formali, per di più non riconducigli all’inattività della parte querelante. Poichè nella specie è stato seguito esattamente il procedimento indicato non può ravvisarsi alcuna nullità, neppure della pronuncia di primo grado in quanto intervenuta in mancanza dell’accertamento, poichè quel che rileva al fine della legittimità della pronuncia è l’effettiva presenza della richiesta punitiva proveniente dall’avente diritto, circostanza di fatto la cui effettività non è posta in dubbio dall’esponente.

3. Inammissibile, in quanto infondata in fatto, è altresì l’eccezione di tardività della querela, che deve essere provata dalla parte che la eccepisce.

Risulta in senso contrario che la richiesta di punizione sia stata avanzata tempestivamente, con riferimento alla parte dell’azione contestata riguardante l’esercizio del diritto di passaggio, dovendo rìcondursi la consumazione dell’azione illecita al singolo passaggio esercitato, che risulta avvenuto continuativamente e ripetuta mente, nè risulta dedotta alcuna prova sulla circostanza che tra l’ultima percezione diretta della violazione contestata a cura della querelante e la proposizione dell’istanza di punizione sia trascorso un termine maggiore di 90 giorni; inoltre, in relazione alla mancata rimozione della struttura in lamierato che consentiva di superare gli ostacoli naturali all’esercizio del passaggio, individuabili nel torrente che separa i due fondi, secondo quanto dallo stesso ricorrente eccepito, l’obbligo di fare poteva considerarsi esigibile solo dalla notifica dell’ordinanza civile, che nella specie risulta avvenuta nell’ottobre 2004 a mani dell’avvocato che difendeva l’odierno ricorrente in quel procedimento, mentre la querela risulta proposta nel dicembre dello stesso anno, risultando quindi in termini anche rispetto a tale violazione.

4. L’insussistenza di presupposti di fatto idonei a sorreggere i rilievi in rito impone di giungere, anche su tali aspetti, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna dell’impugnante, in applicazione dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende.

E’ del tutto pacifico infatti che inammissibilità originaria del ricorso, renda inidoneo il decorso del tempo alla produzione degli effetti estintivi del reato, conseguenti alla maturazione del termine di prescrizione, in ragione della inidoneità di una impugnazione inammissibile a produrre effetti giuridici (Sez. U, Sentenza n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, imp. Bracale, Rv. 231164).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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