Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 29-09-2011, n. 35524

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.A. propone ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria emessa il 6 novembre 2009, con la quale è stata confermata la sua affermazione di responsabilità pronunciata dal giudice di primo grado, in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Si lamenta con il primo motivo omessa motivazione in relazione alla richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale per acquisire i mezzi di prova, la cui assunzione era stata sollecitata dalla difesa in primo grado, ai sensi dell’art. 507 c.p.p..

2. Con il secondo motivo si lamenta omessa, contraddittoria ed illogica motivazione della pronuncia impugnata riguardo l’irrilevanza attribuita all’azione degli agenti operanti, che invece, secondo la valutazione del ricorrente, integra l’atto arbitrario, in relazione al quale andava riconosciuta l’esimente di cui al D.Lgs. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4, poichè gli agenti, pur in presenza di una rinuncia a presenziare all’udienza che doveva tenersi quel giorno, manifestata la sera prima, avevano voluto realizzare la traduzione dell’interessato per consentirgli la partecipazione al processo.

3. Con il terzo motivo si eccepisce violazione della legge penale in ragione della ritenuta inidoneità dell’atto di opposizione spiegato dall’interessato ad impedire l’esecuzione dell’atto pubblico, avendo questi formulato solo generiche minacce verbali, per di più quando l’attività del pubblico ufficiale era terminata, assicurando la presenza dell’interessato all’interno del furgone.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, riproponendosi in esso rilievi già respinti in nella sentenza di appello, in assenza della necessaria correlazione con le motivazioni in essa espresse.

In particolare la decisione del primo giudice di non ammettere le prove la cui acquisizione era stata sollecitata ex art. 507 c.p.p., viene contestata solo in questa sede, senza sottoporla previamente al giudice d’appello, ciò integrando la specifica causa di inammissibilità del ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 3.

Quanto alla denunciata omessa motivazione sull’istanza di rinnovazione del dibattimento, al di là del richiamo alle univoche pronunce sul punto di questa Corte in ordine alla indefettibilità della motivazione del provvedimento di accoglimento di ammissione di nuove prove, fondata sulla presunzione di completezza dell’Istruttoria svolta in primo grado (per tutte Sez. 3, Sentenza n. 24294 del 07/04/2010, dep. 25/06/2010, imp. D.S.B. Rv. 247872), si deve osservare in fatto, senso contrario rispetto alla prospettazione contenuta in ricorso, che la sentenza di secondo grado ha fornito una congrua motivazione del rigetto della tardiva istanza presentata sul punto dalla difesa, valorizzando la circostanza che era stata sollecitata l’acquisizione di prove imprecisate, circostanza che da pienamente conto della mancata possibilità di ravvisare nella richiesta gli estremi minimi di fondatezza.

2. In ordine alla mancata ricorrenza della scriminante di cui al D.Lgs. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4 il motivo di ricorso risulta del tutto generico, desumendosi la contraddittorietà della motivazione esclusivamente dal mancato accoglimento della sollecitazione del ricorrente, laddove l’esame del provvedimento impugnato consente di escludere tale vizio poichè il giudice ha posto in rilievo che la condotta attribuita unilateralmente da A. agli agenti, costituita da una pervicace volontà di ottenere la traduzione dell’imputato all’udienza, pur in presenza di una sua rinuncia, non appare logicamente immaginabile, non avendo essi alcun interesse a garantire il trasferimento dell’interessato ove fossero stati in possesso di una formale rinuncia alla partecipazione, come meramente allegato dall’ A., ma non dimostrato.

3. Deve escludersi inoltre l’eccepita violazione di legge, per genericità del motivo, poichè con tale eccezione il ricorrente si limita a riproporre la propria tesi difensiva, senza confrontarsi con il testo della motivazione, ove è stato dato conto, in maniera chiara ed esaustiva, della continuità e serietà delle minacce espresse nei confronti degli agenti, al fine di impedire loro l’esecuzione dell’attività di traduzione, che essi riuscirono a realizzare esclusivamente per la superiorità numerica degli agenti, oltre che per l’inefficacia nei loro confronti delle espressioni pesantemente minatorie pronunciate al loro indirizzo; del resto, poichè pacificamente il reato si configura non solo con l’opposizione esplicata con la forza, ma anche attraverso l’espressione di minacce, è priva di pregio giuridico l’osservazione contenuta ricorso, secondo cui le affermazioni concrete sarebbero state prive di potenzialità coarta ti va della volontà dei pubblici ufficiali, la cui attività avrebbe potuto svolgersi, secondo il ricorrente, senza condizionamenti, posto che riguardavano seri pericoli per la loro incolumità, che sarebbero stati realizzati con l’azione dell’ A..

4. In ragione di quanto esposto, dichiarata inammissibilità del ricorso, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali nonchè della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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