Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-10-2011, n. 5694 Appello al Consiglio di Stato avverso le sentenze del T.A.R

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Con ricorso proposto sub R.G. 762 del 2003 innanzi al T.A.R. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, i Signori L. P. e P. B. hanno rappresentato di essere comproprietari di terreni in Comune di Manoppello, località Scalo di Manoppello individuati in catasto al foglio 2 dell’omonimo comune censuario, particelle 16, 110, 350, 351, 353 e 355.

I medesimi hanno pure esposto che in base al Piano regolatore generale del Comune, adottato con delibera commissariale n. 43 dd. 15 luglio 1988 i terreni sopradescritti erano ricompresi in zona di espansione C1.2 con attuazione mediante piano di lottizzazione e che con osservazione dd. 12 novembre 1998, segnatamente presentata dallo stesso B., era stata proposta l’inclusione dei terreni medesimi in zona B1.3 con possibilità di edificazione diretta.

Peraltro, con susseguente osservazione n. 49 dd. 12 novembre 1998 lo stesso B., a maggior garanzia, ha proposto di cedere una parte dei terreni predetti al Comune, e ciò al fine di consentire ulteriori collegamenti con la viabilità pubblica, nonché l’individuazione di un’area pubblica destinata a servizi.

La P. e il B. hanno pure esposto che la prima di tali osservazioni includeva anche le particelle 352 e 354 dello stesso foglio, peraltro di proprietà dei signori E. D. C. e L. M. C., nel mentre la seconda osservazione proponeva la cessione al Comune della particella 16 e di parte delle particelle 350, 351, 353 e 355, tutte di proprietà del B. e della P..

Con provvedimento commissariale n. 88 dd. 29 dicembre 1998 il Comune si è determinato nel senso di un accoglimento parziale delle due surriferite osservazioni, come complessivamente formulate, ossia "nel senso di accogliere la richiesta per le particelle 352 e 354, nella loro interezza, nonché per quota parte delle particelle 351 e 355, ferma restando la cessione della restante proprietà a sud e la permanenza in zona C1.2 delle altre particelle".

In conseguenza di ciò, il PRG veniva è stato approvato con la previsione che le particelle 352 e 354 (di proprietà Di CarloC.) nella loro interezza e quota parte delle particelle 351 e 355 (di proprietà B.P.) erano destinate a zona B1 (edificabilità diretta), nel mentre altra quota parte delle stesse particelle 351 e 355 restava destinata a zona C1.2 (piano di lottizzazione) e la quota residua era destinata a servizi pubblici.

La P. e il B. hanno inoltre esposto che, sulla base di tali previsioni il Comune, ha rilasciato al Di Carlo e alla C. la concessione edilizia n. 134 del 2001 per la costruzione di un edificio di civile abitazione, senza richiedere l’area da cedere gratuitamente al Comune stesso.

Da ciò è scaturita un’indagine preliminare in sede penale, poi archiviata, nel corso della quale l’autorità giudiziaria ha acquisito la nota Prot. 11231 dd. 31 luglio 2002 a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune nel cui contesto si afferma, tra l’altro, che la dichiarazione di cessione volontaria di aree al Comune, contenuta nella seconda delle osservazioni sopra ricordate, è stata considerata a tutti gli effetti un atto giuridicamente valido da perfezionare, a spese dell’Amministrazione Comunale, nel momento ritenuto opportuno da quest’ultima per formalizzare il passaggio, dovendo ritenersi l’area già ceduta volontariamente all’atto della presentazione delle osservazioni predette.

Nondimeno, il Di Carlo e la C. non hanno iniziati lavori, con ciò determinando la scadenza della concessione medesima.

Il Comune ha quindi rilasciato al Di Carlo e alla C. il nuovo titolo edilizio n. 40 dd. 19 giugno 2003 n. 40, avente ad oggetto la realizzazione dello stesso edificio, i cui lavori di costruzione risultano iniziati.

1.2. Ciò posto, la P. e il B. hanno chiesto innanzi all’adito giudice di primo grado l’annullamento della testè riferita concessione edilizia n. 40 dd. 19 giugno 2003, previa dichiarazione d’inefficacia e d’illegittimità della precedente concessione edilizia n. 134 del 2001, e per la declaratoria dell’inesistenza di diritti di proprietà e comunque di diritti reali del Comune affermati dal Responsabile del Servizio urbanistico del Comune nella precitata nota Prot. 11231 dd. 31 luglio 2002 su quota parte dell’area di loro proprietà corrispondente in catasto alle predette particelle 351 e 355,.

La P. e il B. hanno in tal senso chiesto al medesimo giudice di primo grado di emettere à sensi dell’art. 949 c.c. ordine di cessazione di atti e comportamenti tendenti ad affermare l’avvenuta cessione della proprietà della sopradescritta area, nonché pronuncia di condanna al risarcimento dei danni subiti.

La P. e il B. hanno in tal senso dedotto l’avvenuta violazione ed erronea applicazione della disciplina del P.R.G. comunale ed erroneità del presupposto, sostenendo in sintesi che lo strumento urbanistico del Comune di Manoppello, così come approvato, dovrebbe essere interpretato nel senso che parte dei terreni di proprietà del B. sarebbe stata ceduta al Comune a fronte di una progettazione complessiva delle aree indicate nelle predette osservazioni prodotte dal medesimo Biasioli: e ciò poiché il piano, nel suo complesso, conterrebbe una fattispecie di edilizia convenzionata per la quale il concessionario cede direttamente opere di urbanizzazione in luogo del pagamento dei contributi previsti dall’art. 3 della L. 28 gennaio 1977 n. 10.

Pertanto – sempre secondo la tesi dei ricorrenti in primo grado – salva restando la facoltà dei terzi di impugnare le soluzioni adottate in accoglimento delle osservazioni (le quali ben potrebbero coinvolgere aree altrui, trattandosi di atti collaborativi), il Comune avrebbe potuto rilasciare le concessioni per l’edificazione di tutte le aree comprese nelle osservazioni accolte, esigendo una progettazione complessiva e convenzionata anche se non unitaria, previa cessione dell’area offerta dal B. medesimo, non potendo i terzi acquiescenti beneficiare dell’accoglimento delle osservazioni senza subire il condizionamento del carattere pattizio della più favorevole destinazione urbanistica conseguita.

In subordine il B. e la P. hanno dedotto l’erronea disapplicazione parziale del P.R.G. sostenendo che, ove il piano dovesse essere interpretato nel senso che la parte convenzionale non dovrebbe coinvolgere le aree dei controinteressati, le concessioni impugnate non avrebbero potuto essere rilasciate in disapplicazione della soluzione fatta propria dagli atti amministrativi, ma sarebbe stata necessaria una previa variante parziale o correttiva dello stesso piano.

In ulteriore subordine il B. e la P. hanno pure dedotto l’avvenuta violazione delle norme disciplinatrici del trasferimento di proprietà, sostenendo in sintesi che non sarebbe in realtà avvenuto alcun trasferimento al Comune delle aree di proprietà dei ricorrenti, e ciò diversamente da quanto asserito dal Responsabile del Servizio urbanistico comunale nella surriferita nota Prot. N. 11231 dd. 31 luglio2002.

Secondo i ricorrenti medesimi, infatti, mediante tale nota il Responsabile predetto avrebbe attribuito ad una osservazione al P.R.G., oltretutto formulata da uno solo dei proprietari, il valore di atto di cessione gratuita dell’immobile da perfezionarsi mediante accettazione da parte dell’Amministrazione Comunale; ed in tal senso, quindi, il B. e la P. hanno pertanto chiesto nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all’allora vigente art. 34 del D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80 e in applicazione dell’art. 949 c.c., l’accertamento dell’inesistenza di tale trasferimento e l’emanazione di una pronuncia negatoria con ordine di cessazione di tali comportamenti, nonchè – come detto innanzi – di una pronuncia di condanna del Comune medesimo al pagamento dei danni per l’ipotesi che gli atti ed i comportamenti oggetto d’impugnazione avessero ricevuto ulteriore esecuzione.

1.3. Costituendosi in giudizio il Comune di Manoppello ha rappresentato innanzitutto che i fatti di causa erano già stati oggetto di un precedente ricorso proposto innanzi allo stesso giudice di primo grado sub R.G. 543 del 2002 e già definito con sentenza n. 1099 dd. 21 novembre 2002, e il cui contenuto risultava ad avviso dello stesso Comune pertinente anche alla nuova causa intentata dalla P. e dal B.: e ciò in quanto la predetta concessione edilizia n. 40 del 2003 si configurerebbe quale provvedimento meramente confermativo della precedente concessione n. 134 del 2001 ivi impugnata.

L’Amministrazione Comunale ha inoltre eccepito l’inammissibilità dell’azione negatoria per difetto di giurisdizione e per l’inidoneità degli atti comunali a ledere il diritto di proprietà dei ricorrenti.

Il Comune ha comunque controdedotto anche nel merito del ricorso, chiedendone la reiezione.

1.4. Si sono costituiti nel giudizio di primo grado anche i controinteressati E. D. C. e L. M. C., eccependo a loro volta l’inammissibilità del ricorso.

1.5. Con sentenza n. 454 dd. 20 maggio 2004 l’adito T.A.R. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, ha respinto il ricorso e la domanda di risarcimento dei danni, e ha dichiarato inammissibile l’azione negatoria.

2.1.1. Con l’appello in epigrafe la P. e il B. chiedono la riforma di tale sentenza.

2.1.2. Essi, innanzitutto, contestano la sentenza medesima laddove ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse l’impugnativa proposta avverso la concessione edilizia n. 134 del 2001 in quanto scaduta; secondo la P. e il B., infatti, "l’interesse, nonostante la decadenza di quella concessione", potrebbe "ritenersi ancora sussistente, dato il collegamento teleologico con gli atti impugnati" (così a pag. 6 dell’atto di appello).

2.1.3. I medesimi appellanti contestano pure la declaratoria di inammissibilità dell’azione negatoria, posto che, a loro avviso, "ormai la giurisdizione amministrativa" si sarebbe "uniformata a quella civile ritenendosi tutelabili anche situazioni "potenzialmente lesive". Cioè, a dire, rimettendo le cose a posto come si augura avvenga con l’accoglimento" dell’appello, "anche l’azione negatoria esperita, indubbiamente sulla scorta di doglianze più squisitamente amministrative, può trovare la sua ragion d’essere", stante il fatto che "con un ricorso respinto in primo grado è difficile che l’azione possa spiegare i suoi effetti di tutela reale" (cfr. ibidem).

2.1.4. Gli appellanti, per il resto, ripropongono sostanzialmente avverso la sentenza impugnata le medesime censure già da loro dedotte innanzi al giudice di primo grado, rimarcando in particolare che il Comune di Manoppello avrebbe rilasciato la concessione edilizia n. 134 del 2001 nell’erroneo presupposto di una già definita cessione volontaria dell’area a parcheggio, per certo insuscettibile di realizzarsi per effetto della mera presentazione di osservazioni nei riguardi di uno strumento urbanistico in itinere; che il titolo edilizio richiesto dal Di Carlo e dalla C. poteva essere rilasciato soltanto previa regolarizzazione da parte dell’Amministrazione comunale delle modalità di edificazione, ossia da intervento indiretto previa lottizzazione ad intervento diretto, previa acquisizione (nella specie mancata) da parte del Comune medesimo di una quota parte di area da destinarsi ad uso pubblico, e ciò anche in violazione dell’art. 26 della L.R. Abruzzo 12 aprile 1983 n. 18 e degli artt. 36, 16, 30 e 42 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Manoppello.

Secondo gli appellanti, in particolare, risulterebbe ben evidente che la cessione di area, in assenza di esplicite indicazioni sulla possibilità di successiva acquisizione, sarebbe da ritenere fatto essenziale per la concretizzazione dei lotti interessati.

Né andrebbe sottaciuto in tal senso sia il contenuto del verbale di recepimento dell’osservazione n. 49, laddove si precisa al riguardo che l’accoglimento della stessa avviene "ferma restando la cessione della restante proprietà a Sud", sia il tenore dell’art. 42 delle N.T.A. del P.R.G., laddove, relativamente alle zone B13 non reca alcuna disposizione che consenta il rilascio del titolo edilizio senza acquisizione, ove prevista, delle aree a parcheggio, come del resto disposto in via generale dall’art. 16 delle medesime N.T.A. in ordine ai cc.dd. "meccanismi premiali" contemplati dal P.R.G..

I medesimi appellanti rimarcano che, per contro, il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto di tali dati normativi, sostenendo che la deliberazione del Consiglio Comunale n. 88 dd. 29 dicembre 1988, di accoglimento delle osservazioni in questione, non potrebbe essere interpretata nel senso propugnato dal ricorso in primo grado.

Secondo gli appellanti, alla tesi del T.A.R. osterebbe innanzitutto la circostanza dell’avvenuto accoglimento delle osservazioni del B. non già come un’unica osservazione, ma come due osservazioni distinte; inoltre, l’accoglimento da parte del Consiglio Comunale non sarebbe stato parziale, poiché il Consiglio medesimo avrebbe introdotto un vero e proprio legame tra le due proprietà e tra le varie particelle indicate nelle osservazioni, con la conseguente erroneità dell’assunto "atomistico" del giudice di primo grado a discapito della corretta interpretazione degli atti prodotti dall’Amministrazione Comunale.

2.1.5 Da ultimo, gli appellanti insistono per l’accoglimento della propria domanda di risarcimento del danno da loro subito, documentandone l’entità.

2.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Manoppello, concludendo per la reiezione dell’appello.

2.3. Non si sono costituiti in giudizio i pur parimenti appellati Di Carlo e C..

3. Alla pubblica udienza del 20 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

4.2.1. Il Collegio, innanzitutto, rimarca che in relazione al c.d. "effetto devolutivo" – tipico del secondo grado di giudizio – è consentito al giudice di appello di valutare nuovamente ogni domanda o eccezione riproposta (così, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2010 n. 7501).

4.2.2. In conseguenza di ciò, va dunque innanzitutto affermato che risulta corretta l’avvenuta reiezione, da parte del T.A.R., dell’eccezione di inammissibilità del ricorso ivi proposto dedotta dal Comune con riguardo alle circostanze per cui in ordine alla legittimità della concessione edilizia n. 134 del 2001 si era già pronunciato lo stesso T.A.R. con sentenza n. 1099 del 2002 e che la concessione edilizia n. 40 del 2003, susseguentemente rilasciata, costituirebbe provvedimento confermativo della concessione precedente.

Come a ragione ha evidenziato il T.A.R., è ben vero che uno dei due ricorrenti in primo grado, ossia il B., ha impugnato sub R.G. 543 del 2002 innanzi allo stesso giudice di primo grado il provvedimento del Consiglio Comunale di Manoppello con il quale le predette particelle nn. 351 e 355 sono state destinate in parte a zona B1completamento e riqualificazione urbana ed in parte a viabilità e parcheggi, nonché gli atti connessi – ivi dunque compreso il provvedimento contenente le modalità di recepimento delle predette osservazioni presentate al Consiglio Comunale medesimo – e che tale ricorso è stato dichiarato inammissibile con sentenza dello stesso T.A.R. n. 1099 dd. 21 novembre 2002.

Risulta, peraltro, altrettanto assodato che con il nuovo ricorso definito dal T.A.R. con la sentenza qui appellata la P. e il B. non hanno impugnato l’ulteriore deliberazione del Consiglio Comunale di Manoppello n. 88 dd. 29 dicembre 1998 recante,sempre in recepimento delle osservazioni al P.R.G. presentate dal B., la destinazione urbanistica per le predette particelle catastali; né – soprattutto – la P. e la B. hanno impugnato la delibera della Giunta Provinciale di Pescara n. 52 dd. 15 maggio 2000 recante, a sua volta, la definitiva approvazione del nuovo strumento urbanistico primario del Comune di Manoppello.

Del resto, il nuovo ricorso presentato in primo grado dalla P. e dal B. e qui trattato in sede di appello postula, diversamente dalla causa precedentemente proposta, un’interpretazione dello strumento urbanistico, nella parte relativa alla disciplina dei terreni di proprietà dei ricorrenti e dei controinteressati in primo grado, indotta dall’accoglimento delle osservazioni proposte dallo stesso B.: interpretazione che, nella prospettazione dei medesimi ricorrenti in primo grado ed attuali appellanti, determinerebbe l’illegittimità dell’impugnata concessione edilizia n. 40 del 2003 da ultimo rilasciata al Di Carlo e alla C..

Né può sostenersi che la medesima concessione n. 40 del 2003 impugnata nel primo grado della presente causa rivesta natura di atto confermativo della precedente concessione edilizia n. 134 del 2001.

In tal senso va denotato che anche se la concessione n. 40 del 2003 ha per oggetto un progetto edilizio identico a quello assentito con la precedente concessione n. 134 del 2001, quest’ultima è scaduta per decorrenza del termine annuale stabilito per iniziare i lavori; e proprio in dipendenza di ciò, il Di Carlo e la C. hanno quindi dovuto presentare un’istanza di rinnovo, la quale – come a ragione ha rimarcato il giudice di primo grado – equivale ad una richiesta avanzata per la prima volta, con conseguente ricostituzione in capo all’Amministrazione Comunale dei medesimi poteri di cui essa dispone per il rilascio del titolo edilizio ab origine richiesto (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 1986 n.433), ivi compresi quelli di negare o di sospendere il rilascio del nuovo titolo: e se così è, non può per certo sostenersi che nel caso di specie ricorre l’ipotesi del provvedimento confermativo, posto che quest’ultimo è notoriamente adottato senza una nuova istruttoria e senza una nuova ponderazione di interessi (cfr. al riguardo, ex plurimis e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 31 marzo 2011 n. 1983).

A ragione, poi, il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile per difetto d’interesse il ricorso proposto in primo grado nella parte in cui testualmente si chiede una "previa dichiarazione di inefficacia oltre che di illegittimità della precedente concessione edilizia n. 134 del 2001", e ciò nella considerazione che tale titolo edilizio è scaduto per decorrenza del termine annuale prescritto per l’inizio dei lavori e che al Di Carlo e alla C. è stata rilasciata una nuova concessione edilizia per la realizzazione dello stesso edificio: provvedimento, quest’ultimo, che ha dunque sostituito quello precedente e che proprio in dipendenza di ciò è stato impugnato in via principale nel primo grado della presente causa.

Risulta altrettanto evidente che a tale ben corretto ragionamento del T.A.R. non può essere idoneamente opposto l’assunto degli appellanti secondo cui il loro interesse dovrebbe ritenersi ancora sussistente in forza del mero collegamento teleologico da loro individuato tra la concessione edilizia n. 134 del 2001 e la concessione edilizia n. 40 del 2003: per quanto detto innanzi, infatti, ogni loro interesse a contestare la concessione edilizia n. 134 del 2001 si è definitivamente estinto allorquando in sostituzione di quest’ultima è stato emanato il nuovo titolo edilizio n. 40 del 2003, in ordine al quale si è conseguentemente determinata in capo alla P. e al B. un altrettanto nuovo e del tutto autonomo interesse a contestare la legittimità del titolo medesimo.

4.2.3. Il T.A.R. ha – altresì – dichiarato l’inammissibilità dell’azione negatoria proposta dalla P. e dal B..

Gli appellanti hanno affermato che tale statuizione risulterebbe erronea, in quanto la giurisdizione amministrativa si sarebbe al riguardo uniformata a quella civile ritenendo tutelabili anche situazioni "potenzialmente lesive": ma l’argomento risulta del tutto inconferente per l’economia di causa, posto che l’inammissibilità è stata affermata dal giudice di primo grado non già nel presupposto dell’insussistenza al riguardo della giurisdizione del giudice amministrativo, ma in considerazione dell’intrinseco contenuto della nota del Responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune di Manoppello Prot. 11231 dd. 31 luglio 2002, di per sé reputato inidoneo a ledere il diritto dominicale degli interessati.

A ragione, infatti, il giudice di primo grado ha rilevato che tale atto, ancorché proveniente da un organo gestionale del Comune competente in materia urbanisticoedilizia, non ha carattere provvedimentale, configurandosi quale mera esposizione di fatti e considerazioni da parte del Dirigente medesimo in ordine alla vicenda relativa al rilascio della concessione edilizia n. 134 del 2001 inviata, come chiarimenti, alla Procura della Repubblica nel corso delle indagini preliminari conseguenti ad un esposto del B..

In tal senso, quindi, alla nota stessa non può annettersi alcun valore di manifestazione della volontà dell’Amministrazione comunale di ritenere acquisita o acquisibile la proprietà, ovvero di altri diritti reali, sulle aree offerte dal B. con le osservazioni a suo tempo da lui presentate: e ciò, se non altro, in considerazione della circostanza che, à sensi dell’art. 42, comma 2, lett. f), gli acquisti di immobili da parte del Comune rientrano nella competenza dell’organo consiliare, che non consta abbia deliberato al riguardo.

Né va sottaciuto che l’acquisizione delle aree di cui trattasi può avvenire soltanto previa stipula di un’apposita convenzione tra le parti, parimenti non intervenuta.

Altrettanto correttamente, quindi, il giudice di primo grado ha concluso nel senso dalla nota dirigenziale di cui trattasi non può derivare alcuna lesione alla sfera giuridica della P. e del B., posto che la nota stessa non costituisce turbativa o molestia dei loro diritti proprio in quanto non sostanzia alcuna attività implicante in concreto l’esercizio da parte del Comune delle facoltà e dei poteri propri dei diritti reali sulle aree di proprietà degli attuali appellanti: e, se così è, altrettanto correttamente è stata affermata l’inammissibilità dell’azione negatoria per difetto dei relativi presupposti.

4.3. Sempre correttamente il giudice di primo grado ha respinto la domanda di annullamento della concessione edilizia n. 40 del 2003.

A tal fine va considerato, in via del tutto assorbente, quanto segue.

In primo luogo, non va sottaciuta la circostanza che l’ambiguità della situazione venutasi a creare è addebitabile allo stesso B., il quale, nell’estendere le proprie osservazioni, ha coinvolto le particelle nn. 352 e 354 di proprietà non sua: e ciò senza fornire, né nella sede delle osservazioni medesime, né in sede di giudizio, la prova di un previo accordo con il Di Carlo e la C., e men che meno qualsivoglia prova di una notifica a questi ultimi della proposta coinvolgente le aree di loro proprietà.

A sua volta, mediante la deliberazione consiliare n. 88 dd. 29 dicembre 1998 l’Amministrazione comunale ha invero in parte accolto la proposta del B. deputata a far includere l’intero compendio costituito dalle particelle 16, 110, 350, 351, 352, 353, 354 e 355 in zona B1.3, con possibilità di edificazione diretta, invece che in zona C1.2, con attuazione mediante il piano di lottizzazione ab origine contemplato dal P.R.G.: ma ha testualmente ritenuto di considerarla "come complessivamente formulata", ossia ha reputato le due osservazioni nn. 47 e 49 presentate dal B. come una complessiva osservazione, e ha – per l’appunto – espressamente precisato che l’accoglimento era parziale, in quanto segnatamente esteso alle "particelle 352 e 354, nella loro interezza, nonché per quota parte delle particelle 351 e 355, ferma restando la cessione della restante proprietà a sud e la permanenza in zona C1.2 delle altre particelle".

Né può affermarsi che in tal modo il Consiglio Comunale ha istituito un legame tra le proprietà P.B. e Di CarloC., ovvero tra le varie particelle indicate nelle osservazioni, nel senso cioè che l’edificazione debba avvenire sulla base di una previa progettazione complessiva, o – comunque – concordata tra le proprietà medesime: e ciò in quanto il fine delle osservazioni parzialmente accolte si identificava, all’evidenza, nella sottrazione delle aree sopradescritte all’originaria destinazione contemplante l’edificazione mediante un piano di lottizzazione. Se così è, a ragione il giudice di primo grado ha evidenziato l’illogicità insita nell’eventualità dell’accoglimento di un’osservazione recante la proposta di edificazione diretta con l’apposizione di una contestuale condizione di progettazione unitaria o complessiva, che altro non sarebbe se non una riproposizione "mascherata" del precedente obbligo del piano di lottizzazione; né consta che per le medesime aree il Consiglio comunale abbia imposto un comparto edificatorio à sensi dell’art. 26 della L.R. 18 del 1983 e successive modifiche.

5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, nel mentre va dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *