Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-02-2012, n. 2215

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15-12-2005 la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale di rigetto della domanda proposta da P.M. nei confronti della Supermercati S.I.R. s.r.l. volta ad ottenere l’indennità di mediazione per la locazione di un immobile, sul rilievo che il P. non aveva dimostrato l’iscrizione all’albo professionale dei mediatori. In accoglimento dell’appello proposto dalla S.I.R. s.r.l., La Corte di merito ha condannato il P. al pagamento delle spese di primo e secondo grado.

Propone ricorso per cassazione P.M. con due motivi.

Resiste con controricorso la Supermercati S.I.R. s.r.l..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia la violazione degli artt. 1754 1755 c.c. e della L. 3 febbraio 1989, n. 39, art. 6 e difetto motivazione sul punto.

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito, erroneamente interpretando la scrittura dell’8-9-1992 ha erroneamente qualificato il rapporto come mediazione e non come quello di procacciatore di affari, per il quale è irrilevante la disposizione di cui alla L. n. 39 del 1989, art. 6. 2. Il motivo è inammissibile per novità della censura.

Risulta dalla sentenza di appello che il M. ha impugnato la sentenza di primo grado sostenendo il suo diritto alla provvigione quale mediatore, sul rilievo della regolarità della sua iscrizione all’albo dei mediatori professionali, negata dal giudice di primo grado.

Non risulta dedotta nel giudizio di appello la qualità di procacciatore di affari.

3. Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa Sentenza n. 20518 del 28/07/2008.

Il ricorrente non ha adempiuto a tale onere il che comporta l’inammissibilità del motivo.

4. Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 92 c.p.c. per l’erronea condanna alle spese di lite.

Il Motivo è infondato.

Infatti il giudice ha correttamente posto le spese processuali a carico del M. in applicazione dell’art. 91 c.p.c. in quanto risultava parte soccombente.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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