Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-06-2011) 29-09-2011, n. 35386

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– Che con l’impugnata ordinanza il tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rilevato che era divenuta irrevocabile la condanna di T.S. alla pena di anni dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., da ritenersi commesso fino alla data del 14 febbraio 2007, dispose la revoca dell’indulto di cui il T. aveva fruito, ai sensi della L. n. 241 del 2006, sulla residua pena di anni due e mesi due di arresto che avrebbe dovuto espiare in forza di precedenti condanne;

– che avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa del T., denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che, essendo stato dimostrato, dalla difesa, nel corso della discussione, che esso ricorrente aveva, prima dell’entrata in vigore della legge di concessione dell’indulto, manifestato, con l’invio di diverse missive al tribunale, la propria intenzione di recidere i suoi legami con il sodalizio mafioso, non si sarebbe potuto ritenere che la permanenza del reato si fosse protratta fino alla data indicata nell’impugnata ordinanza, coincidente con quella nella quale era stata esercitata l’azione penale.

Motivi della decisione

– Che il ricorso non appare meritevole di accoglimento e rasenta, anzi, l’inammissibilità per manifesta infondatezza in quanto, non contestandosi neppure in esso che il capo d’imputazione contenente l’indicazione del reato di cui il ricorrente è stato ritenuto responsabile fosse formulato in termini tali (come avviene, in particolare, quando si tratti di contestazione cd. "aperta") da dover far coincidere la cessazione della permanenza con la data di esercizio dell’azione penale (se non addirittura, come più volte ritenuto dalla giurisprudenza, con quella della pronuncia della condanna di primo grado), non si vede come, in sede esecutiva e sulla sola base, per giunta, della produzione di lettere al tribunale in cui si manifestava la semplice "intenzione" di recidere i legami con la criminalità organizzata, potesse darsi per acquisito che la permanenza del reato fosse cessata prima della data ricavabile dalla sentenza passata in giudicato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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