Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-02-2012, n. 2211 Debito di valore o di valuta Remissione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 5/12/2005 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg.ri L.F. ed altri e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib.

Napoli 13/10/2000 di accoglimento delle domande dai medesimi spiegate di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) sull’autostrada (OMISSIS) in direzione (OMISSIS) in ragione del riconosciuto concorso di colpa nella misura del 30%, rideterminava l’ammontare del risarcimento ai medesimi dovuto in via solidale dal sig. F.P. e dalla sua compagnia assicuratrice per la r.c.a. M.A.A. Assicurazioni s.p.a. riconoscendo l’ulteriore somma di Euro 116,00 a titolo di spese vive per carro attrezzi e custodia del veicolo.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg.ri L.F. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1292, 1294, 1298, 1301, 1311, 2043, 2054 e 2055 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., e nullità della sentenza e del procedimento, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4;

nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che erroneamente la corte di merito non abbia condannato il F. e la sua compagnia di assicurazione per la r.c.a. al risarcimento dei danni dai trasportati sigg.ri C.A. e V. e S.M. in proporzione della "quota di corresponsabilità" del medesimo (701) anzichè "nella totalità", pur in difetto di richiesta di ripartizione del debito ai fini del regresso da parte solidalmente obbligati al risarcimento.

Lamentano che erroneamente la corte di merito ha nel caso ravvisato la loro tacita volontà di remissione del debito nei confronti del L., argomentando dalla proposizione con unico difensore unitamente al medesimo della domanda di risarcimento per l’intero dei danni da essi rispettivamente sofferti nei confronti nei confronti dell’altro corresponsabile del danno, rispondendo tale principio a risalente interpretazione ormai superato dal contrario orientamento al riguardo affermatosi nella giurisprudenza di legittimità.

Il motivo è fondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale l’azione giudiziaria per il conseguimento dell’intero risarcimento, proposta dal trasportato danneggiato nei confronti del conducente di uno solo dei veicoli coinvolti in uno scontro, non implica di per sè una remissione tacita del debito nei confronti del corresponsabile del danno, nè una rinuncia alla solidarietà, presupponendo la prima un comportamento inequivoco che riveli la volontà del creditore di non avvalersi del credito, e la seconda che il creditore agisca nei confronti di uno dei condebitori solidali solo per la parte del debito gravante su quest’ultimo (v. Cass., 2/7/2010, n. 15737).

D’altro canto, una volta accertato il concorso nel fatto dannoso, l’entità del contributo causale da ciascuno fornito e la graduazione delle rispettive colpe assumono rilievo esclusivamente ai fini dell’azione di regresso, e il mancato esercizio della medesima nell’ambito del giudizio di responsabilità rende superfluo ogni accertamento al riguardo (v. Cass., 27/4/2011, n. 9384).

Sotto altro profilo va osservato che, pur essendosi da questa Corte in effetti in qualche occasione affermato il principio seguito dal giudice del gravame di merito nell’impugnata sentenza (cfr. Cass., 25/7/2006, n. 16939; Cass., 9/2/1980, n. 920), giusta orientamento maggioritario cui il Collegio intende dare continuità, si è d’altro canto affermato che in caso di scontro tra veicoli, la proposizione dell’azione giudiziaria per il conseguimento dell’intero risarcimento da parte del danneggiato unitamente ad uno dei conducenti coinvolti nello scontro, con unico difensore, contro il conducente dell’altro veicolo, non implica una remissione tacita del debito nei confronti del corresponsabile del danno (con conseguente impossibilità di esigere dal secondo conducente obbligato l’intero credito, dovendosi da questo detrarre la quota corrispondente al debito rimesso all’altro condebitore ex art. 1301 cod. civ.), posto che la volontà di rimettere il debito non può presumersi, ma deve risultare da un comportamento concludente che riveli in maniera univoca la volontà del creditore di non avvalersi del credito (v. Cass., 12/9/2005, n. 18090; Cass., 21/12/1998, n. 12765; Cass., 25/05/1999, n. 5075;

Cass., 7/4/1999, n. 3333).

Orbene, nell’affermare che "La proposizione dell’azione giudiziaria per il conseguimento dell’intero risarcimento da parte del danneggiato, unitamente ad uno dei conducenti coinvolti nello scontro, con unico difensore contro il conducente dell’altro veicolo, non implica rinunzia alla solidarietà, gravante su entrambi i conducenti, riconosciuti corresponsabili dell’incidente, risolvendosi in una circostanza in sè incompatibile con detto intento ma da luogo, invece, a remissione del debito a favore del primo conducente, a norma dell’art. 1301 c.c., con conseguente impossibilità per il danneggiato di esigere dal secondo conducente coobbligato l’intero credito, dovendosi da questo detrarre la quota corrispondente al debito rimesso all’altro condebitore", la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi, traendone gli erronei corollari censurati dagli odierni ricorrenti.

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione.

Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1226, 2043, 2056, 2058, 2697, 2727 e 2729 c.c., artt. 112, 115, 132 e 345 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

"mancato o erroneo esame della domanda di rivalutazione delle somme dovute, omessa pronuncia, nullità della sentenza e del procedimento, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che erroneamente la corte di merito abbia liquidate le spese vive per carro attrezzi e custodia del veicolo con riferimento alla data del fatto e non già al valore al momento del relativo soddisfo.

Il motivo è fondato.

Giusta risalente principio, la menomazione patrimoniale conseguente ad una spesa (nella specie, di riparazione di un’autovettura rimasta danneggiata in un sinistro stradale) non può essere anteriore al momento in cui la spesa viene effettuata, ma si verifica soltanto in questo momento e perdura finche non venga effettuato il rimborso da parte dell’obbligato (v. Cass., 12/1/1972, n. 75).

Trattasi infatti di debito di valore, da liquidarsi in base al valore della moneta al tempo della liquidazione, e cioè della sentenza.

Orbene, nel riconoscere fondata e nell’accogliere la censura mossa in sede di appello contro la sentenza di primo grado per la mancata liquidazione delle spese vive, la corte di merito ha invero liquidato le medesime, per carro attrezzi e custodia del veicolo, per 1’importo (224.000, pari ad Euro 116,00) risultante "documentalmente", e cioè con riferimento alle fatture prodotte in atti, senza provvedere ad adeguare tale importo al momento della decisione (cfr. Cass., 9/3/2010, n. 5671; Cass., 23/1/2006, n. 1215).

Con il 3 motivo i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1219, 1223, 1224, 1226, 1499, 2043, 2056, 2058, 2697, 2727 e 2729 c.c., artt. 112, 115, 132 e 345 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; mancata liquidazione del danno da ritardo o da lucro cessante, omessa pronuncia, nullità della sentenza e del procedimento, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che erroneamente la corte di merito non abbia riconosciuto gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni.

Il motivo è infondato nel limiti e termini di seguito indicati.

Nel dare atto che "il giudice di appello, nel caso in esame, ha rigettato il motivo di gravame, sol perchè la liquidazione del giudice di primo grado, era, a suo dire, erronea ed eccessiva (per un’altra posta del danno, quale la rivalutazione monetaria)" e nel rilevare che "l’eccessiva liquidazione del danno, vuoi per una posta del danno, vuoi per varie poste diverse del danno, doveva formare oggetto di specifico motivo di gravame da parte degli attuali intimati. Ma gli attuali intimati non hanno proposto specifico gravame incidentale avverso la presunta erronea od eccessiva liquidazione del danno (la rivalutazione monetaria), per cui il giudice si appello ha errato, con la eccessiva liquidazione di altra diversa posta del danno (nel caso in esame, la rivalutazione monetaria)", il ricorrente non ha invero idoneamente censurato la ratio decidendi in ordine alla implicitamente ritenuta carenza di interesse in ordine alla rideterminazione nel caso del danno "mediante …la liquidazione, sulla somma devalutata, degli interessi".

Nel limitarsi alla deduzione secondo cui "Nè può ritenersi, come del resto ha implicitamente ritenuto il giudice di appello, che tale danno da ritardo, sull’importo liquidato solo nel secondo grado di giudizio, possa essere compensato dall’erronea ed eccessiva liquidazione monetaria, tra l’altro calcolata e liquidata dal giudice di primo grado su altre poste di danno", il ricorrente invero, da un canto, omette di considerare che il vizio di motivazione non può essere invero utilizzato per far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in particolare un pretesamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice (v. Cass., 9/5/2003, n. 7058). E per altro verso non offre invero argomento idoneo a fondare la censura, pur nella consapevolezza che sarebbe funzionale ad ottenere una pronunzia fonte di indebita locupletazione, contrastante con il principio della compensatio lucri cum damno, in base al quale in tema di risarcimento del danno da illecito il risarcimento non deve costituire fonte di lucro per il danneggiato, sicchè, se dal fatto dannoso derivi qualche vantaggio, se ne deve tenere conto nella liquidazione del danno, sottraendolo al risarcimento (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; Cass., 12/09/2008, n. 23563. E, da ultimo, Cass., 2/3/2010, n. 4950) viceversa correttamente operata nell’impugnata sentenza.

Alla fondatezza dei (soli) primi 2 motivi di ricorso consegue dunque la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame facendo dei suindicati principi applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 e il 2 motivo di ricorso, rigetta il 3. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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