Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-02-2012, n. 2207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Dogane elevava il valore dichiarato di un’auto importata dagli Stati Uniti, definita dall’autorità doganale come "auto usata", anche sulla base della dichiarazione fatta dall’importatore, e da quest’ultimo nel ricorso definita come "auto d’epoca".

La Commissione adita rigettava il ricorso. L’appello della contribuente era accolto con la sentenza in epigrafe che annullava l’accertamento per difetto motivazione e di supporto probatorio.

Avverso tale sentenza, il contribuente propone ricorso con due motivi. Resiste l’amministrazione con controricorso.

MOTIVAZIONE

Motivi della decisione

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia omessa pronuncia in merito al quarto motivo di appello concernente la violazione del combinato disposto di cui all’allegato 1^ all’art. 1 del Regolamento CEE n, 2658 del 23 luglio 1987 e del D.L. n. 41 del 1995, art. 39. La ricorrente lamenta sostanzialmente il mancato riconoscimento che nella fattispecie l’importazione riguardasse una automobile di interesse storico (sinteticamente definita "auto d’epoca") rispetto alla quale avrebbe dovuto applicarsi il Codice NC 9705 e, quindi, l’esenzione dal dazio ai sensi dell’allegato 1^ all’art. 1 del Regolamento CEE n. 2658 del 1997 e l’aliquota IVA del 10% ai sensi del D.L. n. 41 del 1995, art. 39.

Il motivo presenta più profili di inammissibilità:

a) in relazione al difetto di interesse all’impugnazione, essendo stato l’accertamento interamente annullato per ritenuto difetto dell’assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’Ufficio;

b) in relazione al principio di autosufficienza del ricorso, non essendo riportato il motivo d’appello per il quale vi sarebbe stata la lamentata omessa pronuncia;

c) in relazione alla insussistenza di un’omessa pronuncia, trattandosi di questione ritenuta con tutta evidenza assorbita dal giudice del merito, per l’assoluta prevalenza della mancanza di prove idonee a sorreggere l’accertamento. d) in relazione al fatto che la classificazione dell’auto importata come "auto d’interesse storico" è dedotta per la prima volta in giudizio (così come inammissibilmente per la prima volta in giudizio è stata dedotta una domanda di rimborso), mentre di tutt’altro tenore era la dichiarazione doganale presentata e della stessa non era stata chiesta la rettifica, che deve ritenersi interdetta dopo l’accertamento a norma dell’art. 65 Regolamento (CEE) N. 2913/92 del 12 ottobre 1992 che istituisce un codice doganale comunitario. Il motivo è, comunque, infondato. Non solo e non tanto perchè la natura di "auto d’epoca" era esclusa dalla dichiarazione doganale fatta dall’importatore (circostanza che ha tuttavia una sua specifica rilevanza, come si è già osservato), ma anche e soprattutto perchè nella specie il contribuente non ha dato alcuna prova che l’automobile importata avesse tutte la caratteristiche richieste per poter essere considerata, a norma delle disposizioni cui la ricorrente fa riferimento, un’auto di interesse storico.

Tali caratteristiche sono individuate dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 3 dicembre 1998 in causa C-259/97, la quale ha dichiarato che la voce 9705 della NC dev’essere interpretata nel senso che si presume che presentino un interesse storico o etnografico gli autoveicoli i quali:

– si trovino nel loro stato originale, senza cambiamenti sostanziali di telaio, organi di direzione o di sistema frenante, motore, ecc.;

– abbiano almeno trent’anni e – appartengano a un modello o tipo non più in produzione.

– segnino un passo caratteristico nell’evoluzione delle realizzazioni umane o illustrino un periodo di tale evoluzione;

– siano relativamente rari;

– non siano normalmente usati secondo la loro destinazione originaria;

– formino oggetto di transazioni speciali al di fuori del mercato abituale degli analoghi oggetti di uso comune;

– abbiano un valore elevato.

Nessuna di tali caratteristiche, le quali devono esistere tutte contestualmente, è stata provata sia propria dell’automobile della cui importazione è causa. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omessa pronuncia in relazione al primo motivo di appello concernente la violazione del combinato disposto degli artt. 78 Regolamento CEE n. 2913 del 1992, 178, 179 e 181-bis Regolamento CEE n. 2454 del 1993.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. Avendo la sentenza impugnata annullato l’intero accertamento per difetto di prova, una pronuncia di eventuale accoglimento del motivo di ricorso qui formulato non potrebbe avere alcun effetto pratico. E’ principio costantemente affermato da questa Corte che "l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 cod. proc. civ. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame, e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico" (Cass. nn. 1844 del 2006; 13373 del 2008).

Peraltro, va evidenziato che anche l’orientamento giurisprudenziale più "aperto" al principio di tutela del contraddittorio enunciato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 18 dicembre 2008, in causa C- 349/07, abbia affermato che "in tema di tributi doganali, il principio stabilito dalla Corte di Giustizia CE con sentenza 18 dicembre 2008, in causa C-349/07, secondo cui all’importatore sospettato di aver commesso un’infrazione doganale va concesso un termine, da otto a quindici giorni, per la presentazione delle proprie osservazioni, prima dell’attivazione della procedura di recupero, non si applica nel caso in cui il medesimo fatto è stato valutato nell’ambito di un procedimento penale, in quanto in quel procedimento è pienamente garantito il diritto di difesa ed il contraddittorio" (Cass. n. 7836 del 2010). Nel caso di specie ricorre l’ipotesi considerata nel sopraenunciato principio essendo stati i fatti oggetto di valutazione nell’ambito di un procedimento penale conclusosi in primo grado con la condanna della contribuente. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.500,00 più spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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