Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-06-2011) 29-09-2011, n. 35342

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Cassino, con sentenza del 07.02.2007 dichiarava l’odierno ricorrente:

M.G. responsabile del delitto di ricettazione di un’autovettura provento da furto, ex art. 648 c.p. e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione ed Euro 400 di multa;

L’imputato proponeva impugnazione avverso tale decisione e la Corte di Appello di Roma , con sentenza del 16.11.2010 respingeva i motivi proposti e confermava la decisione di 1^ grado;

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e).

Il ricorrente censura la decisione impugnata per avere affermato la penale responsabilità pur in assenza della prova: – dell’elemento oggettivo, mancando la prova del reato presupposto, e: – dell’elemento soggettivo, mancando la prova della consapevolezza nell’imputato della provenienza illecita del veicolo, circostanza smentita dalla fotocopia della fattura di acquisto prodotta in atti;

– la sentenza era da censurare perchè in base alla produzione della copia della fattura il reato andava, quanto meno, derubricato nell’ipotesi di cui all’art. 712 c.p.;

-in ogni caso, la pena era eccessiva in relazione alla tenue entità del fatto. CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle emergenze processuali, che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso la sentenza impugnata ha indicato chiaramente:

– sia le prove della provenienza furtiva dell’autovettura, rubata in (OMISSIS);

– sia le prove della consapevolezza nell’imputato dell’origine illecita, ricavate: a) – dall’inattendibilità delle giustificazioni addotte, consistenti nella produzione di una fotocopia di una fattura, redatta in lingua tedesca, che la Corte di appello definisce "palesemente falsa"; b) – dall’inattendibilità delle dichiarazioni rese al riguardo dall’imputato che nell’immediatezza aveva dichiarato di aver pagato la vettura circa L. 25 milioni, in contrasto con il prezzo di 37 milioni di lire indicato nella fattura in oggetto;

Si tratta di una motivazione congrua perchè ancorata a dati oggettivi ed immune da illogicità evidenti, nonchè conforme alla costante giurisprudenza, anche di questa sezione, che ha statuito il principio per il quale in tema di ricettazione la consapevolezza dell’agente in ordine alla provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta può desumersi da qualsiasi elemento, e, in particolare, dall’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.

(Cassazione penale, sez. 2^, 22/01/2008, n. 5996).

A fronte di tale motivazione i motivi di ricorso sono sostanzialmente generici, perchè non tengono in alcun conto il percorso logico- motivazionale adottato dalla Corte territoriale, limitandosi ad una mera ripetizione dei motivi di appello e proponendo una valutazione alternativa delle medesime prove già esaminate nella sentenza impugnata.

In tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, se abbiano analizzato il materiale istruttorio facendo corretta applicazione delle regole della logica, delle massime di comune esperienza, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre, Cassazione penale, sez. 4^, 29 gennaio 2007, n. 12255.

I principi sopra esposti evidenziano l’infondatezza, per un verso, della censura relativa all’ipotesi contravvenzionale ex art. 712 c.p., esclusa dalla ricostruzione del fatto operata dalla Corte di appello e, per altro verso, della censura sul trattamento sanzionatorio, ove la pena è stata contenuta nei minimio edittali ed ulteriormente ridotta con il riconoscimento delle attenuanti generiche.

In tema di determinazione della pena, quando la pena venga irrogata in misura prossima al minimo edittale l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, sicchè è sufficiente anche il richiamo a criteri di adeguatezza, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. (Cassazione penale. sez. 4^, 21 settembre 2007, n. 38536).

La sentenza di appello ha già motivato riguardo alla prescrizione del reato evidenziando come il relativo termine massimo non era ancora decorso alla data della pronuncia di 2^ grado attesa la sospensione dei termini dal 20.7.06 al 16.11.2006 secondo il calcolo espresso in motivazione.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato , proponendo valutazioni giuridiche totalmente contrarie alla Giurisprudenza di legittimità, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione nelle more del ricorso di legittimità. (Cassazione penale, sez. 2^ 21 aprile 2006, n. 19578).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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