Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 24-10-2011, n. 691 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appellante impugna la decisione n. 1011/2008 del Tribunale Amministrativo per la Sicilia di Palermo, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto per l’annullamento del diniego di sanatoria reso dal Comune di San Vito Lo Capo in data 14.10.1993, prot. 11993.

Deduce vari motivi di censura della sentenza, con particolare riferimento a difetti di motivazione e travisamento dei fatti.

Ritiene in particolare l’appellante che il Giudice di prime cure avrebbe attribuito decisivo rilievo probatorio al fatto che nell’atto di acquisto dell’immobile (risalente al 1979) da parte dell’appellante non è menzionato il fabbricato di cui la stessa richiede concessione in sanatoria (che non risulterebbe pertanto realizzato – come necessario – anteriormente al 1976). E ciò nonostante il contrario dato costituito dalla dichiarazione giurata di quattro diversi soggetti prodotta in atti.

E aggiunge – a riprova dell’assunto di insufficiente e illogica motivazione – vari rilievi in ordine alla mancata considerazione della genericità delle normative richiamate nel provvedimento impugnato nonché infine alla mancata valutazione da parte del giudice di un giudicato penale del 1981 che aveva assolto l’appellante dal reato di alterazione di bellezze naturali in zona soggetta a vincolo.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

Il presunto difetto di motivazione della decisione impugnata è insussistente.

Posto invero che il punto centrale della questione è la individuazione del momento in cui l’immobile è stato realizzato ed, in particolare, se esso sia stato realizzato prima o dopo l’entrata in vigore della legge reg. n. 78/1976, che ha vietato la costruzione di edifici nella fascia dei 150 metri dal mare (posizione in cui lo stesso si trova pacificamente), appare del tutto congruamente motivata la convinzione del Giudice che ha ritenuto non provata la anteriorità del fabbricato al 31 dicembre 1976.

Nella specie, l’onere della prova era a carico della ricorrente. Ma ella ha prodotto solo – a sostegno dell’assunto e per smentire le risultanze dell’atto di acquisto (che non contiene menzione del fabbricato) – una dichiarazione del gennaio del 1981 (dunque resa comunque a notevole distanza di tempo dai fatti affermati) con la quale si asserisce non che i manufatti sono stati realizzati in un certo tempo, ma che essi si dovevano ritenere anteriori alla data del 12 giugno 1976, in quanto il lotto di terreno sul quale il fabbricato insiste era in possesso della Pa. sin dal 1975 (benché l’atto di acquisto sia avvenuto poi in epoca successiva). Una dichiarazione, dunque, nella quale i suoi autori esprimono solo una loro opinione, che suffragano con un fatto (il solo che dichiarano di loro conoscenza certa) che dovrebbe fare presumere la circostanza oggetto di accertamento. Una dichiarazione, in altre parole, che – a prescindere da ogni valutazione di attendibilità – non appare in nessuna misura idonea a fornire la prova richiesta.

Bene dunque – ed argomentatamente – ha deciso il Giudice di prime cure, al quale nessun appunto può muoversi anche sotto il profilo di una mancata adeguata considerazione delle sviste contenute nei provvedimenti impugnati (in ordine alle norme assunte a fondamento degli stessi) o del rilievo del giudicato penale del 1981.

Come la stessa appellante osserva, l’errata indicazione delle norme non è in sé – per notoria e consolidata giurisprudenza – elemento sufficiente a determinare la illegittimità dell’atto. Né la valutazione del giudice penale (che si esprime per altro su aspetti del comportamento trasgressivo che non rilevano solo per la loro oggettività, ma anche per la coloritura soggettiva che lo espone alla sanzione penale) può sostituire o determinare la valutazione tecnica di compatibilità del manufatto con le esigenze di tutela ambientale, che è infatti rimessa, in via esclusiva, alla valutazione dell’organo preposto e cioè alla Soprintendenza.

Per le premesse, l’appello deve dunque essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione. In mancanza di costituzione del Comune intimato, nulla deve essere disposto per le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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