Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-06-2011) 29-09-2011, n. 35340

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’odierno ricorrente:

C.R. impugna per cassazione la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 07.04.2010 di conferma della decisione emessa li 30.01.2007 dal Tribunale di Udine, con la quale, ritenute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, unificati i reati con il vincolo della continuazione, era stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 400 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili, perchè ritenuto responsabile del reato di truffa ai danni di C. e D., commesso mediante l’artificio di promettere in vendita un’autovettura Ferrari, modello Enzo FSX di colore rosso, della quale in realtà non aveva la disponibilità, inducendoli al versamento della caparra di Euro 100.000 che egli incassava con pari danno per i promettenti acquirenti cui la vettura non veniva mai consegnata;

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e).

1) – il ricorrente censura la decisione impugnata per avere omesso di considerare che il reato non era procedibile per tardività della querela, presentata oltre il termini nonostante che le parti offese avessero avuto conoscenza dei fatti costituenti reato ben prima dei 90 giorni antecedenti alla querela;

2) – erroneamente la decisione aveva negato la prevalenza delle attenuanti generiche che, invece, andavano ritenute atteso lo "status" delle persone offese;

3) – per lo svolgersi dei fatti la pena andava contenuta nei minimi;

4)- la sentenza era da censurare per avere omesso di considerare che l’autovettura da acquistare non è facilmente reperibile sul mercato sicchè le promesse formulate dal C. erano palesemente inidonee a trarre in inganno delle persone avvedute ed esperte come i querelanti;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente propone solo apparentemente censure di diritto, sostenendo che nella specie non ricorrerebbe l’estremo dell’idoneità degli artifici e raggiri per trarre in errore delle persone esperte del mercato delle auto ma, in realtà, formula censure -in fatto- fondate su interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, avendo osservato:

– che i raggiri e gli artifici, lungi dall’essere grossolani, si fondavano sulle circostanze:

– che l’autovettura, pur se difficile da reperire sul mercato, era comunque astrattamente acquisibile;

– che le dichiarazioni ingannatorie apparivano astrattamente attendibili, atteso il riferimento a numeri di telefono e a soggetti effettivamente esistenti;

– che l’imputato aveva indotto in errore gli acquirenti abusando della fiducia in lui riposta per la pregressa e lunga conoscenza con le parti offese;

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti, atteso che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", circostanza che non ricorre nella specie. Cassazione penale, sez. 4^, 12 giugno 2008, n. 35318;

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni -in fatto- fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4^, 29 gennaio 2007. n. 12255.

Anche le censure sulla tardività della querela si risolvono in censure in fatto, del tutto inammissibili perchè prescindono dalla motivazione impugnata nella quale, in maniera del tutto congrua ed esente da illogicità, si sottolinea come a causa della fiducia nutrita dalle parti offese nei confronti dell’imputato, da loro ben conosciuto fin dall’infanzia, le stesse abbiano avuto effettiva conoscenza dell’inganno solo "in occasione del colloquio avvenuto presso il legale del prevenuto in epoca successiva al 23.12.2004".

Si tratta di una motivazione aderente alle emergenze fattuali ed immune da illogicità evidente perchè conforme ai criteri di comune esperienza e, pertanto, risulta incensurabile in questa sede ove la Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento Cassazione sez. 4^ 16 gennaio 2006, n. 11395.

Va ricordato in proposito che ai fini della decorrenza del termine per proporre querela il "dies a quo" decorre dal giorno in cui la persona offesa, titolare del diritto di querela, abbia personalmente conoscenza di detta notizia, fermo restando che un’eventuale situazione di incertezza deve essere considerata in favore del querelante, (Cassazione penale, sez. 5^, 19/09/2008, n. 40262) elemento quest’ultimo correttamente valorizzato nella sentenza impugnata che, per altro, evidenzia come il Tribunale abbia ritenuto sussistente l’aggravante ex art. 61 c.p., n. 7, perchè implicitamente contestata, sicchè ogni questione in ordine alla tardività della querela risulta essere del tutto infondata.

Parimenti infondati appaiono i motivi relativi al trattamento sanzionatone), atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena e di ponderazione delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti; atteso che, riguardo alla pena si è richiamata la gravità del fatto e la personalità dell’imputato e riguardo al peso delle attenuanti generiche, ritenute solo equivalenti alle aggravanti, si è fatto riferimento ai precedenti penali specifici dell’imputato.

Va ricordato che, ai fini della concessione o della valutazione del peso delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. (Cassazione penale, sez. 4^ 04 luglio 2006, n. 32290).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 2, con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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